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Contratti di espansione: accordo integrativo possibile fino al 31 dicembre 2023

Fino al 31 dicembre 2023, per consentire la piena attuazione dei piani di rilancio dei gruppi di imprese che occupano più di 1.000 dipendenti, per i contratti di espansione di gruppo stipulati entro il 31 dicembre 2022 e non ancora conclusi, è possibile, con accordo integrativo in sede ministeriale, rimodulare le cessazioni dei rapporti di lavoro entro un arco temporale di 12 mesi successivi al termine originario. E’ una delle novità previste dal decreto Lavoro.

Una delle esigenze più sentite nel nostro sistema previdenziale è rappresentata dalla necessità di individuare soluzioni di flessibilità in uscita che contemperino equilibrio sociale, vincoli finanziari e turnover da parte delle aziende. Va opportunamente ricordato come il tema della staffetta generazionale sia posto dal Ministro del Lavoro tra i principali temi da affrontare nell’ambito di una nuova riforma organica in materia pensionistica. In attesa di meglio comprendere quali saranno le future evoluzioni in relazione alle risorse a disposizione assume particolare rilevanza il correttivo apportato dal decreto Lavoro al contratto di espansione (art. 25 D.L. n. 48/2023). Va ricordato come tale strumento, che ha preso il posto dell’istituto del contratto di solidarietà espansiva previsto dal D.Lgs. n. 148-2015, è stato introdotto dall’ art. 26-quater del D.L. n. 34 del 2019, per gli anni dal 2019 al 2023 (termine così prorogato, da ultimo, dalla legge di Bilancio 2022). Il contratto di espansione come soluzione previdenziale Così come evidenziato da uno specifico Dossier del Servizio Studi della Camera dei Deputati sulla Riforma previdenziale ed età pensionabile il contratto di espansione si inserisce nell’ambito dei processi di reindustrializzazione e riorganizzazione delle imprese che comportano una strutturale modifica dei processi aziendali finalizzati al progresso e allo sviluppo tecnologico dell’attività, nonché la conseguente esigenza di modificare le competenze professionali in organico mediante un loro più razionale impiego e, in ogni caso, prevedendo l’assunzione di nuove professionalità. A tali aziende viene riconosciuta la possibilità di avviare una procedura di consultazione finalizzata alla stipulazione in sede governativa del contratto di espansione con il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e con le associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o con le loro rappresentanze sindacali aziendali ovvero con la rappresentanza sindacale unitaria. Con particolare riferimento ai profili previdenziali tale strumento consente la possibilità di accedere al pensionamento (anticipato o di vecchiaia) 5 anni prima del raggiungimento dei requisiti richiesti. Tale possibilità è riconosciuta ai lavoratori dipendenti da imprese con più di 1.000 addetti, ridotti a 100 per il solo 2021 dal decreto Sostegni-bis (art. 39 del D.L. 73/2021) e a 50 (soglia raggiungibile sia dalla singola impresa sia calcolata complessivamente nelle ipotesi di aggregazione stabile di imprese con un'unica finalità produttiva o di servizi) per gli anni 2022 e 2023 dalla legge di Bilancio 2022 (art. 1, c. 215, L. n. 234/202) che hanno stipulato un contratto di espansione volto a garantire nuove assunzioni e che si trovino a non più di 60 mesi dal conseguimento del diritto a tali forme di pensione. Previo esplicito consenso scritto degli interessati, il datore di lavoro riconosce, a fronte della risoluzione del rapporto, per tutto il periodo intercorrente fino al raggiungimento del primo diritto a pensione, un'indennità mensile commisurata al trattamento pensionistico lordo maturato dal lavoratore al momento della cessazione del rapporto di lavoro, così come determinato dall'lNPS. Se il primo diritto a pensione è quello previsto per la pensione anticipata, il datore di lavoro versa anche i contributi previdenziali utili al conseguimento del diritto. Il contratto di espansione prevede una riduzione del versamento a carico del datore di lavoro per la suddetta indennità mensile pari al valore della NASpI per un massimo di 24 mesi. Tale riduzione opera per ulteriori 12 mesi nel caso di imprese o gruppi con più di 1.000 dipendenti che si impegnano ad effettuare almeno una assunzione per ogni tre lavoratori che abbiano prestato il consenso. Per i lavoratori che non si trovano nella condizione di beneficiare dell'anticipo pensionistico è consentita una riduzione oraria; la riduzione media oraria non può essere superiore al 30 per cento dell'orario giornaliero, settimanale o mensile dei lavoratori interessati al contratto di espansione e, per ciascun lavoratore, la percentuale di riduzione complessiva dell'orario di lavoro può essere concordata, ove necessario, fino al 100 per cento nell'arco dell'intero periodo per il quale il contratto di espansione è stipulato. In tali casi, in deroga alla normativa generale, l'intervento straordinario di integrazione salariale può essere richiesto per un periodo non superiore a 18 mesi, anche non continuativi. L’art. 25 del decreto Lavoro inserisce all’art. 41 del D.Lgs. n. 148/2015, dopo il comma 1-ter la disposizione secondo cui fino al 31 dicembre 2023, per consentire la piena attuazione dei piani di rilancio dei gruppi di imprese che occupano più di 1.000 dipendenti, per i contratti di espansione di gruppo stipulati entro il 31 dicembre 2022 e non ancora conclusi, è possibile, con accordo integrativo in sede ministeriale, rimodulare le cessazioni dei rapporti di lavoro, entro un arco temporale di 12 mesi successivi al termine originario del contratto di espansione. Restano fermi in ogni caso l’impegno di spesa complessivo e il numero massimo di lavoratori ammessi alle misure previsti nell’originario contratto di espansione. Flessibilità ed età pensionabile E’ utile riportare poi alcune riflessioni de iure condendo sviluppate dalla Corte dei Conti e dalla Banca d’Italia nell’ambito delle specifiche audizioni parlamentari sul DEF. Partendo dalla magistratura contabile si sottolinea in primo luogo la esigenza di ridare certezza e stabilità al quadro normativo, dopo gli interventi temporanei che lo hanno contrassegnato negli ultimi cinque anni e si condivide un approccio che consideri la sostenibilità di lungo termine del sistema previdenziale tanto sotto il profilo finanziario quanto dal punto di vista sociale. La Corte dei Conti evidenzia poi come occorra garantire una maggiore flessibilità in uscita preservando le caratteristiche proprie del sistema contributivo, il quale allinea le prestazioni ai contributi e determina l’importo in funzione della speranza di vita. Come già rimarcato in più occasioni, andrebbe considerata l’ipotesi di convergere gradualmente, ma in tempi rapidi, verso una età uniforme per lavoratori in regime retributivo e lavoratori in regime contributivo puro. Sia per ragioni di equilibri finanziari che di equità ciò andrebbe fatto prevedendo una correzione “attuariale” anche sulla componente retributiva dell’assegno, in analogia a quanto avviene per la componente contributiva. La Banca d’Italia sottolinea come, purché si mantenga fermo il pilastro dell’equità attuariale, non è impossibile, volendo, introdurre elementi di flessibilità, sia in avanti che all’indietro, nell’età del pensionamento. Vi sono tuttavia, in materia di pensionamento anticipato, due limiti che non dovrebbero essere superati. Il primo è che l’anticipo non sia tale da ridurre il trattamento pensionistico individuale (dato il vincolo dell’equità attuariale) al di sotto di un livello sufficiente per consentire al pensionato/a di vivere una vita dignitosa, fronteggiare le avversità e non gravare indebitamente sulla collettività in conseguenza di scelte troppo imprevidenti. Il secondo riguarda la distribuzione della spesa pensionistica aggregata nel tempo. Nel caso in cui, introdotte regole più flessibili, molti decidessero di anticipare la pensione e pochi di ritardarla, anche se nel lunghissimo periodo l’equilibrio complessivo dovrebbe restare garantito grazie all’equità attuariale, per un certo numero di anni si determinerebbe una “gobba” nell’andamento della spesa tale da mettere a rischio la tenuta della finanza pubblica nel breve periodo. Ogni provvedimento del genere dovrebbe perciò essere ben calibrato per graduare opportunamente la flessibilità consentita, evitare di introdurre incentivi distorti e prevedere la pronta copertura di un eventuale aumento della spesa dovuto a maggiori flussi di pensionamento. Copyright © - Riproduzione riservata

Fonte: https://www.ipsoa.it/documents/quotidiano/2023/05/08/contratti-espansione-accordo-integrativo-possibile-31-dicembre-2023

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