• Home
  • News
  • Obbligo contributivo per ferie non godute e riduzione del cuneo fiscale. Attenzione a non penalizzare il lavoratore

Obbligo contributivo per ferie non godute e riduzione del cuneo fiscale. Attenzione a non penalizzare il lavoratore

La gestione del saldo feriale, con riguardo alle ferie non godute, rappresenta spesso una problematica per imprese e consulenti del lavoro. Gestione che si complica, partire dal 2023, per via dell’esonero contributivo prorogato dalla legge di Bilancio 2023 e potenziato dal decreto Lavoro. In particolare, l’innalzamento dell’imponibile contributivo rischia di falsare la situazione economica del dipendente con la conseguenza di escluderlo dal campo di applicazione dell’agevolazione contributiva. Dunque, una doppia penalizzazione: non aver goduto del periodo di riposo riconosciuto dalla normativa in materia e, successivamente, essere escluso dall’ambito di applicazione dell’esonero contributivo che, ad oggi, è fissato nella misura del 6 e 7%.

Il periodo feriale è alle porte. Eppure, la gestione di questo istituto reca sempre tematiche organizzative e retributivo/contributive che non possono passare inosservate. In quanto diritto irrinunciabile del lavoratore (art. 36 della Costituzione e successivamente art. 10 del D.Lgs. n. 66 del 2003), le ferie vengono definite quale periodo di “riposo retribuito” che il lavoratore è chiamato a fruire nella misura annua di “almeno due settimane” nell’anno di maturazione “e per le restanti due settimane, nei 18 mesi successivi”. Il tutto considerando una maturazione annuale non inferire a 4 settimane. Fruizione delle ferie A ben vedere la disposizione del D.Lgs n. 66/2003 (e modifiche) che consente una fruizione a periodi sfalsati (appunti 2 settimane, su richiesta del lavoratore, consecutive e le ulteriori 2 settimane entro 18 mesi successivi l’anno di maturazione salvo previsioni diverse da parte della contrattazione collettiva) può essere riassunta in una regola pragmatica ma efficace. Nei primi due anni di attività aziendale il lavoratore/trice potrà godere di meno di 2 settimane di riposo, dal terzo anno di anzianità sarà per forza necessario fruire di 4 settimane di ferie, due delle quali entro il primo semestre dell’anno. Negli ultimi anni stiamo assistendo ad una maggiore consapevolezza, da parte delle aziende (complice anche una corretta gestione del costo del lavoro) del benessere dei collaboratori aziendali e della qualità di vita che si riverbera anche sulla fruizione e godimento dell’istituto costituzionalmente tutelato. Ma, come sappiamo, in molti casi il “saldo” feriale rappresenta un problema in quanto cospicuo e ben al di sotto di quelle soglie di godimento previste dal D.Lgs n. 66/2003. Gestione previdenziale Qui si innesca la sempre eterna tematica previdenziale. Al 30 giugno di ogni anno, come già consolidato all’interno dell’ordinamento italiano (seppur manchi, di fatto, una previsione normativa puntuale sul tema), il datore di lavoro avrà l’obbligo di versare all’INPS la quota di contribuzione (propria oltre quella del collaboratore) calcolata sul monte ferie “scadute” (corrispondente alla data limite per il calcolo dei 18 mesi di cui all’art. 10 del D.Lgs. n. 66 del 2003). Seppur tale previsione appaia ragionevole e legittima, soprattutto in considerazione dell’interesse dell’Istituto Previdenziale, a partire dall’anno 2023 si pone un’ulteriore questione che complica e, invero, rischia di rendere paradossale la prassi in esame. Il riferimento è, in questo caso, all’esonero contributivo. Prima di entrare nel vivo della questione, appare tuttavia utile richiamare la ratio e l’excursus storico e normativo del pagamento anticipato della contribuzione sulle ferie non godute. Le circolari INPS n. 134 del 1998 e n. 186 del 1999 Come anticipato, l’Istituto Previdenziale gioca in questa materia un ruolo di rilievo. Infatti, è proprio nell’interesse di quest’ultimo che il datore di lavoro è chiamato al pagamento anticipato della contribuzione sulle ferie non godute, non ritenendosi soddisfatto da un eventuale accordo tra le parti - da intendersi il lavoratore e il datore di lavoro - che posticipi, senza prevedere un “tempo limite”, la fruizione delle ferie. Nella circolare n. 134 del 1998 l’INPS ha infatti introdotto, per la prima volta, la tematica in esame disponendo come, in assenza di una diversa regolamentazione collettiva, “la scadenza dell’obbligazione contributiva per le ferie non godute in ciascun anno solare cui si riferiscono deve essere fissata al diciottesimo mese successivo al termine di tale anno”. La linea inizialmente assunta dall’Istituto, indubbiamente rigorosa, delegava esclusivamente ad una “diversa regolamentazione collettiva” una previsione differente del termine di diciotto mesi. Ad ammorbidire parzialmente la posizione dell’INPS è stata la successiva circolare n. 186 del 1999 la quale ha in parte rettificato l’ambito di “deroga” inizialmente previsto nel 1998. Infatti, riportando il testo della circolare, “appare chiara la rilevanza che assumono non soltanto i c.c.n.l., ma anche i contratti, i regolamenti aziendali e le pattuizione individuali”, ove finalizzati all’effettiva fruizione delle ferie. Un ammorbidimento dell’ente che, nei fatti, al fine di agevolare la fruizione di ferie in azienda, consentiva di non procedere ad una anticipazione contributiva qualora vi fossero atti o intese, anche individuali, che disponessero un “piano ferie” over 18 mesi. In concreto, l’INPS, dal 1999, ammette la legittimità dei regolamenti e degli accordi stipulati tra le parti, anche laddove individuali, purché finalizzati ad un effettivo godimento delle ferie e non ad una posticipazione ad oltranza di un diritto che, si ribadisce, essere “irrinunciabile” per il lavoratore. La previsione dell’esonero contributivo e i riflessi sull’imponibile previdenziale Inutile precisare come, ogni giugno, aziende e consulenti di trovino nella determinazione di osservare saldi “scaduti” di ferie a volte complessi da gestire. Altresì pacifico un altro elemento: una corretta gestione aziendale deve considerare la programmazione interna di un piano di smaltimento dei riposi (siano ferie, per quanto al contributo in esame, che ad istituti contrattuali quali rol o permessi) che tenda all’azzeramento delle problematiche che da essi discendono. Quest’anno, tali tematiche sono maggiormente sensibili. Pragmaticamente il pagamento anticipato della contribuzione sulle ferie non godute viene valorizzato nel libro unico del lavoro - parte economica - attraverso l’esposizione di una voce neutra (e dunque, tendenzialmente, caratterizzata da una “convivenza” tra competenze e trattenute) che innalzi l’imponibile previdenziale del lavoratore. Banalmente, se un lavoratore deve percepire una certa retribuzione imponibile nel mese di luglio 2023 (ipotizziamo euro 2.400,00), l’anticipo della contribuzione sugli istituti di cui all’art 10 del D.Lgs n. 66/2003, avverrà tendenzialmente per il tramite di un “innalzamento virtuale” del valore della retribuzione imponibile di quel mese (luglio, nello specifico) per un importo pari al montante di ferie non fruite (supponiamo euro 1.000,00) Dovrebbe a questo punto apparire chiara la contraddizione tra tale prassi che, si ribadisce, di per sé risulta pienamente legittima, e la previsione da parte dell’Istituto dell’esonero contributivo. Infatti, si ricorda come la legge di Bilancio 2023 (legge n. 197 del 2022) abbia previsto la proroga dell’esonero contributivo già introdotto nell’ordinamento italiano per mezzo della legge n. 234 del 2021 (legge di Bilancio 2022) legando tale requisito a due diverse soglie di “retribuzione imponibile”. In particolare, l’esonero viene riconosciuto: - nella misura del 2%, innalzato nel cedolino di competenza di luglio al 6%, laddove la retribuzione imponibile, parametrata per 13 mensilità, sia inferiore a 2.692 euro; - nella misura del 3%, innalzato nel cedolino di competenza di luglio al 7%, laddove la retribuzione imponibile, parametrata per 13 mensilità, sia inferiore a 1.923 euro. Tale agevolazione, incrementata dall’art. 39 del D.L. n. 48/2023 (convertito il L. n. 85/2023), è stata introdotta con l’intenzione di favorire il taglio del cuneo fiscale e, di conseguenza, agevolare i lavoratori a fronteggiare il difficile momento di congiuntura economica caratterizzato, in primis, da un aumento dei prezzi e dell’inflazione. Qui notiamo un evento di natura tecnica che sembra determinare un conflitto tra istituti: 1) l’innalzamento dell’imponibile contributivo rischia di “falsare” la situazione economica del dipendente e dunque, di escluderlo dal campo di applicazione della agevolazione contributiva. Nell’esempio prima citato, a fronte di una remunerazione di euro 2.400,00, di per se bastevole applicazione della riduzione del 6%, l’innalzamento virtuale dovuto all’anticipazione sulle ferie non godute porterà il malcapitato lavoratore a perdere tale agevolazione giacché, ai fini pratici, la sua remunerazione risulterebbe essere previdenzialmente pari ad euro 3.400,00 (fuori campo applicativo); 2) Non solo. Laddove il periodo di ferie venga effettivamente fruito nei mesi successivi, la restituzione della contribuzione versata in eccesso dal lavoratore non avviene, di norma, per il tramite di un abbattimento (e dunque, della riduzione) della retribuzione imponibile (che, peraltro, potrebbe comunque non portare a risultati restitutori di quanto disapplicato il mese antecedente) ma, banalmente, per mezzo della riduzione dei contributi effettivamente versati da quest’ultimo; In questo modo il lavoratore che non abbia fruito delle ferie non godute nei 18 mesi antecedenti alla maturazione, magari per effetto di una necessità organizzativa e/o produttiva da parte del datore di lavoro (come non di rado accade e, ricordiamolo, comunque sanzionabile dall’Ispettorato Territoriale del Lavoro), risulterebbe doppiamente penalizzato. Anzitutto, per non aver goduto del periodo di riposo riconosciuto dalla normativa in materia e, successivamente, per l’esclusione dall’ambito di applicazione dell’esonero contributivo che, ad oggi si ricorda, essere fissato nella misura, tutt’altro che esigua, del 6 e 7 per cento. Confidiamo in un intervento dell’INPS che consenta di non “confondere” istituti di natura eteronoma. Male non sarebbe. Copyright © - Riproduzione riservata

Fonte: https://www.ipsoa.it/documents/quotidiano/2023/08/03/obbligo-contributivo-ferie-non-godute-riduzione-cuneo-fiscale-attenzione-non-penalizzare-lavoratore

Iscriviti alla Newsletter




È necessario aggiornare il browser

Il tuo browser non è supportato, esegui l'aggiornamento.

Di seguito i link ai browser supportati

Se persistono delle difficoltà, contatta l'Amministratore di questo sito.

digital agency greenbubble