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Ricarica auto elettriche dei dipendenti: in quali casi i rimborsi spesa sono soggetti a tassazione

L’Agenzia delle Entrate, con l’interpello n. 421 del 2023, torna nuovamente sul tema della coesistenza tra sostenibilità ambientale e imposizione fiscale. Nel documento di prassi viene chiarito che le somme corrisposte ai lavoratori destinatari di autoveicoli elettrici o ibridi a titolo di rimborso spese per ricariche elettriche domestiche sono da considerarsi reddito da lavoro dipendente, ad eccezione delle spese rimborsate e sostenute nell’esclusivo interesse del datore di lavoro. Sono imponibili anche le spese eventualmente sostenute per l’installazione, nel domicilio dei collaboratori, di colonnine per la ricarica. Su quali ragioni si fonda il parere dell’Amministrazione finanziaria?

L’assenza della transizione energetica nel reddito da lavoro dipendente si sente. Con l’interpello n. 421 del 2023, l’Agenzia delle Entrate è tornata sul tema della coesistenza tra sostenibilità ambientale e imposizione fiscale. Nel caso di specie l’Amministrazione finanziaria definisce imponibili gli eventuali rimborsi effettuati in favore di lavoratori subordinati destinatari di autoveicoli elettrici o ibridi nonché le spese eventualmente sostenute per l’installazione, nel domicilio dei collaboratori, di colonnine “wallbox”. Nessun rilievo alla transizione energetica, oramai sempre più necessaria se non fondamentale. E dire che in precedenza, con risposta all’interpello n. 329 del 2022, l’Agenzia delle Entrate era risultata maggiormente “sensibile” alle tematiche ambientali, qualificando come attività “educativa” (quindi annoverandole nelle determinazioni dell’art 100 del TUIR) la possibilità di poter procedere alla ricarica in azienda, per un periodo di tempo limitato (sei mesi), dei propri autoveicoli elettrici o ibridi, al fine di spingere verso una mobilità maggiormente sostenibile. Se nel 2022 abbiamo dunque assistito ad una certa elasticità interpretativa, l’interpello n. 421 del 2023 sembra chiudersi all’interno di interpretazioni di prassi oramai anacronistiche e sicuramente molto rigide. Ma la rigida e preclusiva posizione dell’Amministrazione finanziaria è da ritersi condivisibile? Il quesito dell’Istante Promotrice del quesito in parola è una società che, con la finalità di sensibilizzare i propri dipendenti al ricorso alla mobilità elettrica, è intenzionata a rinnovare il proprio “parco auto attraverso l’inserimento di automezzi a trazione integralmente elettrica o ibrida”. A tale iniziativa, riporta l’azienda, si accompagna l’intenzione di riconoscere ai propri dipendenti il “rimborso delle spese per l’energia elettrica sostenute per la ricarica effettuata presso la propria abitazione”. In particolare, si ipotizzava di fornire ai propri dipendenti due diverse tessere per le ricariche elettriche, una lavorativa e una per esigenze private e personali e di rimborsare esclusivamente: - i costi sostenuti per i km percorsi per esigenze di servizio; - i costi sostenuti dai dipendenti per dotarsi degli appositi “wallbox”, ovvero “dispositivi per la ricerca domestica delle auto elettriche e ibride pug-in”. Per quanto al rimborso delle ricariche per esigenze di servizio, l’interpellante precisa che “La spesa rimborsabile sarà determinata sulla base del prezzo medio comunicato da ARERA e dei consumi effettivi” assumendo dunque un parametro oggettivo (consumi effettivi) ed un costo stimato sulla base di un valore medio. Nel caso di specie l’azienda ritiene che “le spese sostenute dal dipendente per la ricarica elettrica del veicolo assegnato presso la propria utenza domestica, da quantificare con criteri oggettivi, debbano essere escluse da imposizione fiscale ex articolo 51, comma 4 lettera a), del Tuir se rimborsate dall'azienda, in quanto costituiscono anticipazione per conto del datore di lavoro”. In relazione alle dotazioni diverse dal costo del kwh, l’interpellante dichiara che “il costo dell’installazione delle colonnine non è compreso nel canone di noleggio dell’auto e l’azienda si farà carico delle spese di installazione e di manutenzione ordinaria”, lasciando invece in carico al dipendente le spese relative ad eventuali interventi straordinari. Per tale ragione l’Istante chiede all’Istituto se “detti rimborsi debbano essere assoggettati a tassazione quale reddito di lavoro dipendente o se gli stessi possano essere ricondotti nella categoria di “fringe benefit” di cui all’articolo 51, comma 4, lettera a) del TUIR” Il parere dell’Agenzia delle Entrate Prima di esporre la propria posizione sul tema, l’Agenzia richiama il “principio di onnicomprensività” sancito dall’art. 51, comma 1 del TUIR, il quale prevede che “il reddito di lavoro dipendente è costituito da tutte le somme ed i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo d’imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro”. Tuttavia, è lo stesso art. 51 del TUIR ad individuare specifiche deroghe al principio di onnicomprensività, elencando una serie di servizi, beni e, in generale, componenti reddituali che non concorrono alla formazione della base imponibile oppure, come nel caso dei fringe benefit di cui all’art. 51, comma 4, lett a), vi concorrono solo in parte. Analizzando infatti il quadro normativo in materia di “autovetture ad uso promiscuo” (art. 51, comma 4, lett. a), si notano due punti di particolare rilievo: - i fringe benefit di “autovetture ad uso promiscuo” non sono assoggettati a tassazione prendendo in considerazione il loro valore normale ma attraverso una “determinazione forfetaria del quantum da assoggettare a tassazione”; - tale determinazione, in seguito alle modifiche intercorse con la legge di Bilancio 2020, prende in considerazione quale parametro ai fini della diversa tassazione: a) la data di immatricolare del veicolo e b) le emissioni di CO2 del medesimo. In relazione a quest’ultimo punto, si conferma una posizione dell’Agenzia orientata ad attribuire un “valore forfetario del benefit più basso per i veicoli meno inquinanti, aumentando, invece, gradatamente la base imponibile del valore dei veicoli con emissioni di anidride carbonica superiore ai 160 g/km”. Parrebbe dunque in linea con tale pensiero il riconoscimento di un regime particolarmente agevolato nei confronti dei datori di lavoro che implementino il processo di transizione ecologica attraverso l’attribuzione di autoveicoli elettrici o ibridi. Eppure, malgrado tale premessa, l’Agenzia ritiene che: - in primis, l’installazione delle infrastrutture - in questo caso le “wallbox” - sia da ricondursi al cosiddetto principio di onnicomprensività e, pertanto, da considerarsi assoggettata a tassazione come reddito di lavoro dipendente. Circostanza che, chi scrive, non può che ritenere condivisibile e correttamente argomentata; - successivamente, più rilevante è la pronuncia in relazione alle somme corrisposte al lavoratore a titolo di rimborso spese per ricariche elettriche domestiche. Infatti, sul punto l’Agenzia ritiene che queste siano da considerarsi reddito da lavoro dipendente, ad eccezione delle spese rimborsate e sostenute nell’esclusivo interesse del datore di lavoro. Pertanto, non ravvisando quest’ultima opzione - trattandosi di veicolo concesso in uso promiscuo - anche “i rimborsi erogati dal datore di lavoro al proprio dipendente per le spese di energia elettrica finalizzata alla ricarica degli autoveicoli assegnati in uso promiscuo costituiscono reddito di lavoro dipendente da assoggettare a tassazione”. Analisi dell’interpello Che sia manchevole e quanto mai necessaria una disciplina positiva che traghetti il reddito da lavoro subordinato verso una “benevolenza” della transizione energetica, è chiaro. Pensate alla nomina del mobility manager ed ai benefici che egli potrebbe davvero recare per la riduzione dell’inquinamento (e non solo) se al car sharing e/o alla mobilità elettrica fossero concesse prerogative efficacie (ovvero esenzioni fiscali) in relazione al reddito da lavoro subordinato. Ciò non di meno l’interpello in parola non deve essere letto come un dogma sostanziale. Invero, se si assume il quesito specifico, laddove sarebbero oggetto di rimborsi sicuramente kwh effettivi ma basati sul prezzo medio determinato da ARERA, l’opinione dell’Agenzia potrebbe essere condivisibile, dato che non vi sarebbe quella analiticità di rimborso in relazione al reale costo sostenuto, necessaria per l’esenzione fiscale. Ciò non di meno, al di là della risposta, non si può non ritenere condivisibile l’esenzione del costo realmente sostenuto dal dipendente, chiaramente da provare con metodi rigorosi, per le ricariche dell’autoveicolo (dunque effettivi consumi ed effettiva spesa sostenuta) necessarie per il suo utilizzo aziendale, al pari di un anticipo spese per l’effettuazione di carburante di un veicolo termico (in quel caso a nessuno verrebbe in mente di ritenerlo imponibile fiscale). Il tutto nell’attesa che il fisco si accorga che il mondo intorno a noi, che lo vogliamo o meno, è cambiato (climaticamente non in meglio). Copyright © - Riproduzione riservata

Fonte: https://www.ipsoa.it/documents/quotidiano/2023/09/13/ricarica-auto-elettriche-dipendenti-casi-rimborsi-spesa-soggetti-tassazione

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