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Periodo di prova nei contratti a termine: in arrivo criteri di calcolo certi

Durata del periodo di prova non inferiore a due giorni e superiore a quindici giorni per i contratti con durata non superiore a sei mesi, e trenta giorni per quelli con durata superiore a sei mesi e inferiori a dodici mesi. Disposizioni più favorevoli possono essere previste dai contratti collettivi. E’ quanto previsto dal disegno di legge lavoro all’esame della Camera dei Deputati. La disposizione modifica in modo sostanziale il secondo comma dell’art. 7 del decreto Trasparenza integrandone il contenuto con criteri di calcolo certi. Vengono così risolti le evidenti criticità di carattere operativo per datori di lavoro e professionisti impegnati a calcolare la riduzione del periodo di prova in modo proporzionale alla durata del contratto.

Il disegno di legge in materia di lavoro approvato dal Governo lo scorso 1° maggio e tuttora all’esame delle Camere, tra le diverse disposizioni in esso contenute, reca un’importante modifica alla disciplina del patto di prova nei contratti di lavoro a tempo determinato, attualmente priva di un preciso parametro per la determinazione della sua durata. Il periodo di prova dopo il decreto Trasparenza L’art. 2096 cod. civ. prevede la possibilità, per entrambi i contraenti, di formalizzare la previsione di un periodo di prova per consentire al lavoratore di valutare l’esperienza lavorativa ed al datore di lavoro di verificare le competenze e le effettive capacità del lavoratore prima della definitiva assunzione, con la possibilità per ambo le parti di recedere liberamente senza alcun vincolo durante tale periodo (art. 2096, comma 3). L’art. 7 del decreto Trasparenza (D.Lgs. n. 104/2022), in vigore dal 13 agosto 2022, disciplina la durata massima del periodo di prova fissandone il limite in sei mesi, salvo i casi in cui la contrattazione collettiva preveda una durata inferiore. Il medesimo articolo, al secondo comma, in riferimento ai rapporti di lavoro a termine, non fissa un limite preciso ma dispone che il periodo di prova debba essere calcolato in misura proporzionale alla durata del contratto e alle mansioni da svolgere in relazione alla natura dell’impiego. Il legislatore si è quindi limitato a introdurre un criterio proporzionale, con una formulazione alquanto vaga, senza fornire alcun parametro di calcolo. Ciò implica evidenti criticità di carattere operativo per datori di lavoro e professionisti impegnati a calcolare la riduzione del periodo di prova in modo proporzionale alla durata del contratto, considerato che generalmente la contrattazione collettiva esprime la durata del patto di prova in riferimento ai rapporti a tempo indeterminato, in mesi o in giorni. A riguardo, si ricorda che la definizione di una durata congrua del periodo di prova è essenziale, poiché strettamente correlata alla possibilità di recesso datoriale, il cui legittimo esercizio non richiede giustificazione; pertanto, il lavoratore, in posizione di soggezione, trova garanzie nella legittimità di un patto che non sia di durata indeterminata ovvero eccessivamente protratta nel tempo. Le modifiche previste nel disegno di legge Lavoro Il disegno di legge all’esame delle Camere mira a modificare in modo sostanziale il secondo comma dell’art. 7 cit. integrandone il contenuto con criteri di calcolo certi. In dettaglio, la disposizione prevede che la durata del periodo di prova sia fissata in un giorno di effettiva prestazione ogni quindici giorni di calendario a partire dalla data di inizio del rapporto di lavoro. In ogni caso la durata del periodo di prova non può essere inferiore a due giorni e superiore a quindici giorni per i contratti con durata non superiore a sei mesi, e trenta giorni per quelli con durata superiore a sei mesi e inferiori a dodici mesi. La norma affida ai contratti collettivi la possibilità di prevedere disposizioni più favorevoli. Tale previsione valorizza il ruolo della contrattazione collettiva e può essere interpretata quale stimolo a definire regole specifiche di riproporzionamento, che considerino le caratteristiche di ciascun settore e che riflettano le esigenze delle parti coinvolte (ad esempio in base alla mansione che il lavoratore è destinato a ricoprire, alle abilità tecniche specifiche o ad altri fattori suscettibili di valutazione).

Tipologia di contratto a termineDurata della prova
Previsione generale1 giorno di effettiva prestazione ogni 15 giorni di calendario
Contratti a termine fino a 6 mesiAlmeno 2 giorni e massimo 15 giorni
Contratti a termine superiore a 6 mesi ma inferiori a 12 mesiAlmeno 2 giorni e massimo 30 giorni
E’ utile segnalare che la Direttiva UE 2019/1152 relativa a condizioni di lavoro trasparenti e prevedibili all’interno dell’UE, prevede che solo eccezionalmente i periodi di prova dovrebbero poter durare più di sei mesi a condizione che ciò sia giustificato dalla natura dell’impiego ovvero nell’interesse del lavoratore. Requisiti di legittimità del patto di prova Si ricorda che il patto di prova non è un elemento obbligatorio del contratto ma, se previsto, esso deve indicare in modo specifico e puntuale le mansioni che il lavoratore dovrà eseguire, tenuto conto di quanto previsto dalla contrattazione collettiva. Per orientamento giurisprudenziale consolidato, la mancanza di tali previsioni costituisce motivo di nullità del patto e determina la definitività dell’assunzione dall’inizio del rapporto (tra le pronunce più recenti si segnala Cass. Civ. Sez. Lavoro 6 marzo 2023, n. 6552). A riguardo giova precisare che le modifiche apportate alla disciplina in commento (e quelle previste) non scalfiscono i requisiti da rispettare affinché il patto sia considerato valido, ossia: - obbligo della forma scritta (art. 2096 c.c.) a pena di nullità; - formalizzazione e sottoscrizione del patto in epoca precedente o contestuale all’assunzione; - specifica e puntuale indicazione delle mansioni oggetto di valutazione; - indicazione della durata secondo quanto stabilito dalla contrattazione collettiva o dalla legge; - in caso di rinnovo del contratto per lo svolgimento delle medesime mansioni, non può essere previsto un nuovo periodo di prova (è invece consentita la previsione di un patto di prova stipulato con il medesimo lavoratore per mansioni diverse rispetto a quelle precedentemente svolte). Oltre ciò, nel rispetto del principio di effettività della prova, l’art. 7, comma 3 del richiamato decreto Trasparenza riconosce valenza sospensiva alla mancata prestazione lavorativa causata da malattia, infortunio, congedo di maternità o paternità obbligatorio. In proposito si ricorda che tale elencazione non ha carattere esaustivo (cfr. circolare Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali n. 19 del 20 settembre 2022) trattandosi di un principio consolidato nel nostro ordinamento giuridico; pertanto, la prova è prolungata in misura corrispondente alla durata dell’assenza anche in altri casi, ad esempio la fruizione di permessi, lo sciopero o la sospensione dell’attività da parte del datore di lavoro. Si osserva, inoltre, che il rispetto delle condizioni che rendono valido un patto di prova, è richiesto anche a seguito della semplificazione operata dal decreto Lavoro (D.L. n. 48/2023, conv. in L. n. 85/2023) che ha inserito il patto di prova tra gli elementi per i quali è consentita la sola indicazione del riferimento normativo o della contrattazione collettiva, anche aziendale, trattandosi di un intervento di mero alleggerimento degli obblighi informativi previsti dal decreto Trasparenza (art. 1, comma 5-bis del D. Lgs. n. 152/1997). Si ricorda, infine, che durante il periodo di prova il lavoratore ha diritto a ricevere il medesimo trattamento normativo previsto nel caso di assunzione definitiva, con conseguente maturazione della retribuzione e di tutte le spettanze quali i ratei di mensilità aggiuntive, il trattamento di fine rapporto e le ferie. Copyright © - Riproduzione riservata

Fonte: https://www.ipsoa.it/documents/quotidiano/2023/11/13/periodo-prova-contratti-termine-arrivo-criteri-calcolo

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