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Employer branding: più che una moda, una necessità per le imprese

La classifica delle imprese con la miglior reputazione rappresenta il punto di partenza per chi è alla ricerca di un posto di lavoro. La classifica viene stilata sulla base di un mix di aspettative e valutazioni, influenzato dalla storia dell’azienda e dalla sua capacità di innovazione, ma anche dalle condizioni di lavoro offerte, in quanto ritenute idonee a coniugare crescita professionale e work life balance. Per attirare i lavoratori più talentuosi le imprese devono, soprattutto in questi ultimi anni, imparare a competere sul piano della qualità del lavoro offerto, e, dunque, a curare la propria immagine, non solo per quanto attiene più tradizionalmente all’offerta economica, ma anche per la qualità dell’ambiente di lavoro, per l’attenzione alle esigenze dei propri dipendenti e per il complessivo pacchetto di benefits che conseguono all’assunzione del lavoratore.

Sarà capitato anche al più distratto dei lettori di imbattersi nella classifica delle imprese con la migliore reputazione, verso le quali, cioè, si indirizzano in maggioranza le preferenze individuali, in caso di ricerca di occupazione. Si tratta di un mix di aspettative e valutazioni, influenzato dalla storia dell’azienda e dalla sua capacità di innovazione, ma anche dalle condizioni di lavoro offerte (employer branding), in quanto ritenute idonee a coniugare la crescita professionale con la qualità della vita di ognuno. Al di là della facile tendenza alla contrapposizione giornalistica, è sicuramente vero che tutte le imprese sono sempre più attente a presentarsi in maniera accattivante verso i propri dipendenti, attuali e potenziali, promettendo di soddisfare le loro aspettative di realizzazione professionale ed umana. Non sembra trattarsi, però, di una moda passeggera, perché il fenomeno pare anzi rispondere ad una precisa evoluzione del mercato del lavoro, come può facilmente constatarsi quando debba definirsi il pacchetto retributivo individuale o al momento delle assunzioni, dato che l’esperienza mostra che oramai una quota importante delle lettere pre-assuntive rimane senza concreto seguito, poiché il candidato preferisce continuare la ricerca del lavoro ideale, anche dopo aver trovato chi lo assume. Questo risultato, davvero inatteso rispetto alla prassi comune di soli dieci anni fa, è venuto a maturazione in tempi brevissimi per il combinarsi di diversi fattori, alcuni del tutto contingenti ed altri frutto di una lunga evoluzione storica. Il sistema taylorista di organizzazione del lavoro era fondato non solo sull’adozione di ritmi sincroni, comuni a tutti i lavoratori indifferentemente dalla loro qualifica, ma anche da una frammentazione dei compiti assegnati ad ognuno: grazie all’utilizzo della catena di montaggio, infatti, si permetteva a chiunque di inserirsi subito nella produzione industriale, pur senza una specifica qualificazione professionale. Infatti, mentre l’artigiano era chiamato a conoscere ogni operazione che dalla materia grezza conduceva al prodotto finito, la parcellizzazione del processo produttivo rendeva i singoli responsabili solo della fase ad essi strettamente assegnata, consentendo così in breve tempo di maturare una specifica capacità di affrontare e risolvere ogni problema che si fosse presentato in relazione a quella specifica serie di funzioni produttive. Si è trattato di un modello vincente, che rafforzava enormemente la posizione contrattuale del datore di lavoro e che si è diffuso rapidamente in tutto il mondo, ma che è entrato in crisi, quando l’attività lavorativa ha iniziato a richiedere maggiore autonomia e creatività, rendendo così più forte la posizione dei pochi lavoratori dotati della giusta professionalità. La concorrenza ha fatto il resto, perché si sono affacciate al mercato mondiale imprese capaci di replicare, ma a costi assai più bassi, l’esperienza delle imprese europee, specie in quei segmenti dove oramai la tecnologia aveva raggiunto un punto di sufficiente stabilità in termini di innovazione di prodotto. Se dunque, già negli ultimi decenni del secolo scorso, l’automatizzazione aveva messo a dura prova il sistema, il sopraggiungere della pandemia ha giocato un ruolo ancora più importante delle ristrutturazioni, modificando gli stili di vita e mostrando così a tutti la possibilità di organizzare con maggiore libertà individuale il proprio tempo. Il ridursi dell’attività manuale e le possibilità offerte dal lavoro “da remoto” consentono, quindi, alle imprese di competere sul piano dell’organizzazione produttiva, offrendo condizioni di lavoro sempre più calibrate sulle preferenze individuali, grazie anche a servizi aziendali capaci di attirare i singoli, più e meglio del semplice livello retributivo. Nello stesso senso, il calo demografico e la facilità di muoversi all’interno di un mercato oramai esteso a tutta l’Europa hanno reso la manodopera più preziosa che in passato, venendo così ad invertire, in molti settori, la strutturale tendenza del mercato del lavoro ad un’offerta ben superiore alla domanda. Per attirare i lavoratori più talentuosi le imprese hanno così dovuto imparare a competere sul piano della qualità del lavoro offerto, e dunque a curare la propria immagine, non solo per quanto attiene più tradizionalmente all’offerta economica, ma anche per la qualità dell’ambiente di lavoro, per l’attenzione alle esigenze dei propri dipendenti e per il complessivo pacchetto di benefits che conseguono all’assunzione. Copyright © - Riproduzione riservata

Fonte: https://www.ipsoa.it/documents/quotidiano/2023/12/23/employer-branding-moda-necessita-imprese

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