• Home
  • News
  • Fringe benefit: come si applicano i nuovi limiti di esenzione

Fringe benefit: come si applicano i nuovi limiti di esenzione

La legge di Bilancio ripropone, per il periodo d’imposta 2024, l’esclusione dal reddito di lavoro dipendente dei benefit riconosciuti a favore dei lavoratori elevandone la misura, rinnovando l’esenzione per le somme relative al pagamento delle utenze domestiche ed aggiungendo quelle relative ad alcune spese sostenute per la prima casa. La misura applicabile alla generalità dei lavoratori è di 1.000 euro, mentre nel caso di lavoratori dipendenti con figli a carico l’importo è elevato a 2.000 euro. Attenzione però a non superare i limiti perché l’intero importo verrebbe assoggettato ad imposizione. Nello specifico quali sono i benefit esenti da imposizione? Come si applicano i limiti economici? Quali regole devono rispettare i datori di lavoro per l’attuazione della misura?

La legge di Bilancio 2024 ripropone, con alcune novità, le misure in materia di welfare aziendale già previste da ultimo nel 2023. L’art. 1, commi 16 e 17, della legge n. 213/2023 prevede, limitatamente al periodo d’imposta 2024, l’esclusione dal reddito di lavoro dipendente dei benefit riconosciuti a favore dei lavoratori elevandone la misura (ordinariamente prevista fino a 258,23 euro annui), rinnovando l’esenzione per le somme relative al pagamento delle utenze domestiche ed aggiungendo quelle relative ad alcune spese sostenute per la prima casa. Si tratta di una misura ancora una volta limitata ad un solo periodo d’imposta che continua ad operare in deroga alle previsioni di cui all’art. 51, comma 3, prima parte del terzo periodo del testo unico delle imposte sui redditi. Il legislatore, pertanto, interviene nel solco di quanto già previsto dall’art. 40 del D.L. n. 48/2023, convertito dalla L. n. 85/2023 (ed ancora prima dall’art. 12 del D.L. n. 115/2022), introducendo per il solo periodo d’imposta 2024 un’esenzione applicabile a tutti i beni ceduti e servizi prestati dai sostituti d’imposta ai lavoratori entro il limite economico previsto, nonché alle somme erogate o rimborsate per il pagamento delle utenze domestiche del servizio idrico integrato, dell'energia elettrica e del gas naturale, delle spese per l'affitto della prima casa ovvero per gli interessi sul mutuo relativo alla prima casa. Per effetto dell’armonizzazione delle basi imponibili la non concorrenza dal reddito di lavoro dipendente riverbera gli effetti anche ai fini contributivi con conseguente esenzione dei benefit. La misura base applicabile alla generalità dei lavoratori è di 1.000 euro; nel caso di lavoratori dipendenti con figli a carico l’importo è elevato a 2.000 euro. Per poter fruire dell’incremento, l’art.1, comma 17, della legge n. 213/2023 prevede che il lavoratore deve dichiarare di avervi diritto indicando il codice fiscale dei figli, altrimenti si renderà applicabile la misura base di mille euro. Tale informazione andrà successivamente indicata nella certificazione unica al fine di consentire all’amministrazione finanziaria di effettuare gli opportuni controlli (v. risoluzione Agenzia delle entrate n. 55/E del 2023 e successive precisazioni al Consiglio nazionale dell’Ordine dei Consulenti del lavoro prot. 0386245 del 27/10/2023). Quali sono i benefit esenti L’esenzione fiscale riguarda due ipotesi. La prima opera in relazione a tutti i beni ceduti e servizi prestati ma il sostituto d’imposta non potrà erogare alcuna somma direttamente al lavoratore. Quest’ultimo deve pertanto rimanere estraneo al rapporto tra colui che ha prodotto il bene o erogato il servizio (cfr. circolare Agenzia delle entrate n. 28/E del 2016, punto 2.1). Ad esempio, la cessione dei benefit del carrello della spesa dovrà essere pagata direttamente dal datore di lavoro al cedente, senza alcun intervento del lavoratore. Potranno peraltro essere utilizzati i voucher che i lavoratori potranno utilizzare presso le strutture convenzionate, avendo riguardo al limite massimo previsto (v. circ. Agenzia delle Entrate n. 28/E del 2016, punto 2.5.1). La seconda, invece, riguarda delle seguenti tipologie di spese tipizzate dal legislatore: utenze domestiche del servizio idrico integrato, dell'energia elettrica e del gas naturale, delle spese per l'affitto della prima casa ovvero per gli interessi sul mutuo relativo alla prima casa. In tal caso le spese sostenute dal lavoratore possono formare oggetto di rimborso da parte del datore di lavoro. Come si può notare, rispetto al periodo d’imposta 2023 il perimetro applicativo si estende anche alle spese per l’affitto della prima casa ed agli interessi sui mutui relativi alla prima casa, allo scopo evidentemente di venire incontro all’incremento dei canoni di locazione a seguito della fiammata inflazionistica e dei tassi d’interessi registrati nel mercato a seguito delle misure di politica monetaria della BCE dal mese di luglio 2022. La norma fa riferimento alla prima casa, concetto invero differente e più ampio rispetto a quello di immobile da adibire ad abitazione principale previsto dal TUIR ai fini della detrazione degli oneri per i canoni di locazione (art. 16, comma 1) e degli interessi sui mutui (art. 15, comma 1, lett. b). Su questo aspetto sarà comunque opportuno attendere quale sarà l’interpretazione dell’Agenzia delle Entrate, seppure letteralmente la lettura della norma appare sufficientemente chiara. Quanto alle utenze domestiche, invece, è utile ricordare che la circolare n. 35/E del 2022 dell’Agenzia delle entrate ha chiarito che vi rientrano quelle che riguardano immobili ad uso abitativo posseduti o detenuti, sulla base di un titolo idoneo, dal dipendente, dal coniuge o dai suoi familiari senza ulteriori condizioni in ordine alla residenza o domicilio. Possono formare oggetto di rimborso anche le spese sostenute per le utenze intestate al condominio limitatamente alla quota di competenza del singolo condomino a seguito della relativa ripartizione, nonché quelle riaddebitate dal locatore a condizione che non siano forfetizzate. Il datore di lavoro deve conservare la documentazione per eventuali controlli dell’amministrazione finanziaria. A tal fine, la circolare n. 35/E del 2022 indica che è necessario acquisire e conservare i giustificativi della spesa ovvero una dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà, resa dal lavoratore ai sensi del D.P.R. n. 445/2000, nella quale si attesta il possesso della documentazione che comprova il pagamento delle utenze domestiche, riportando gli elementi necessari. Ambito soggettivo L’esenzione si applica ai titolari di reddito di lavoro dipendente di cui all’art. 49 del TUIR nonché ai redditi assimilati di cui al successivo art. 50 ai quali si applicano le disposizioni dell’art. 51 ai fini della determinazione del reddito (circ. Agenzia delle Entrate n. 35/E del 2022). Rientrano ad esempio anche i redditi dei collaboratori coordinati e continuativi e degli amministratori cui si applicano le suddette disposizioni. I benefit in parola, inoltre, potranno essere riconosciuti (o rimborsati nei casi previsti) anche ad personam in quanto non soggiacciono alle condizioni previste per alcune tipologie di benefit indicati nel comma 2 dell’art. 51 del TUIR (circ. Ade n. 35/E del 2022). Limiti economici Come anticipato, la norma introdotta dal legislatore opera in deroga a quella già prevista dal TUIR all’art. 51, comma 3, prima parte del terzo periodo. Quest’ultima, come noto, è inserita stabilmente nell’ordinamento e prevede che non concorrono a formare il reddito di lavoro dipendente ai fini IRPEF il valore dei beni ceduti e dei servizi prestati se complessivamente di importo non superiore a euro 258,23. Il legislatore opera una deroga a tale limite fissando per il periodo d’imposta 2024 a 1.000 euro, ulteriormente elevato a 2.000 euro nell’ipotesi di lavoratori dipendenti con figli, compresi i figli nati fuori del matrimonio riconosciuti e i figli adottivi o affidati, che si trovano nelle condizioni previste dall'articolo 12, comma 2, del TUIR. Nel caso in cui il suddetto limite venga superato, l’intero importo concorre a formare il reddito senza possibilità di decurtare la quota esente. La previsione del comma 16 che ci occupa opera, a tal fine, in maniera analoga alle precedenti disposizioni introdotte dal legislatore quale misura di sostegno del welfare aziendale soprattutto dopo la fiammata inflazionistica in particolare sulle utenze domestiche. Vale la pena ribadire - come già anticipato - che per il periodo d’imposta 2023 il già richiamato art. 40 del D.L. n. 48/2023 prevedeva l’esclusione dal reddito di lavoro dipendente il valore dei beni ceduti e dei servizi prestati dal datore di lavoro ai lavoratori fino a 3 mila euro sempre in deroga all’art. 51, comma 3 del TUIR con estensione alle utenze domestiche del servizio idrico integrato, dell’energia elettrica e del gas naturale. Per il periodo d’imposta 2022 era stato invece l’art. 12 del D.L. n. 115/2022, convertito dalla L. n. 142/2022 a prevedere un’analoga misura sempre in deroga alla citata disposizione del TUIR. Su tali disposizioni l’Agenzia delle Entrate ha fornito chiarimenti con le circolari n. 35/E del 4 novembre 2022 e 23/E del 1° agosto 2023. Nel caso che ci occupa, con la circolare n. 35/E del 2022 l’Agenzia delle Entrate ha ritenuto che l’inciso operato dal legislatore “in deroga a quanto previsto dall’articolo 51, comma 3 […]” riguardi esclusivamente il limite massimo di esenzione e le tipologie di fringe benefit concessi al lavoratore, senza comportare, con ciò, alcuna modifica al funzionamento del regime di tassazione in caso di superamento dei limiti di non concorrenza stabiliti dalla norma. Pertanto, tornando alla disciplina applicabile nel 2024, ove nel periodo d’imposta venisse superato il limite di 1.000 euro (o 2.000 euro v. supra), l’intero importo verrebbe assoggettato ad imposizione.

Ad esempio: 1. in caso di benefit concessi al lavoratore di valore pari a 1000 euro, l’intero importo non concorre alla formazione del reddito di lavoro dipendente. 2. In caso di benefit concessi al lavoratore senza figli a carico di valore pari a 1010 euro, l’intero importo concorre alla formazione del reddito di lavoro dipendente.
Incremento per i figli a carico Nel caso di figli a carico fiscalmente per poter fruire del maggior limite è necessario che essi abbiano conseguito un reddito complessivo non superiore a 2.840,51 euro, ovvero 4.000 euro nel caso di figli di età non superiore a ventiquattro anni. A tal fine, giusta le indicazioni fornite dall’Agenzia delle Entrate con la circolare n. 23/e del 1° agosto 2023, ai fini del carico familiare occorre fare riferimento alla situazione reddituale al 31 dicembre 2024. Inoltre, non è determinante la misura percentuale del carico familiare spettante a ciascun coniuge. In buona sostanza, ove entrambi i genitori avessero a carico i figli, il limite applicabile è per ciascuno di 2.840,51 euro (o 4.000 euro nel caso di figli di età non superiore a ventiquattro anni). Informativa alle rappresentanze sindacali Si segnala, infine, la previsione che impone ai datori di lavoro di provvedere all’attuazione della misura agevolativa previa informativa alle rappresentanze sindacali unitarie ove presenti. Ove siano state costituite, l’Agenzia delle Entrate ha ritenuto che il riconoscimento dei benefit possa avvenire anche prima che si provveda all’informativa, a condizione che la stessa avvenga entro la chiusura del periodo d’imposta agevolato (circ. n. 23/E del 2023). Copyright © - Riproduzione riservata

Fonte: https://www.ipsoa.it/documents/quotidiano/2024/01/29/fringe-benefit-applicano-limiti-esenzione

Iscriviti alla Newsletter




È necessario aggiornare il browser

Il tuo browser non è supportato, esegui l'aggiornamento.

Di seguito i link ai browser supportati

Se persistono delle difficoltà, contatta l'Amministratore di questo sito.

digital agency greenbubble