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Greenwashing: cosa cambia per imprese e consumatori con la direttiva UE

La direttiva sulle pratiche commerciali sleali e i diritti dei consumatori è stata di recente approvata dal Parlamento europeo e attende ora l’approvazione definitiva in Consiglio. Le norme Ue rendono l'etichettatura dei prodotti più chiara e affidabile, vietando l'uso di indicazioni ambientali generiche, inoltre, ampliano l’elenco delle pratiche commerciali considerate in ogni caso sleali. Varano anche l’etichetta armonizzata con informazioni sulla garanzia di durabilità superiore a due anni. Qual è l’impatto per le imprese?

Stop alla slealtà commerciale tinta di verde o alla decantata durata di un prodotto, alla sua vantata riparabilità o alla millantata necessità dell’aggiornamento di un software. Al bando, conseguentemente, le strategie di marketing di greenwashing (ambientalismo di facciata) e a quelle imperniate sull’obsolescenza precoce dei beni. Sono alcuni degli aggiornamenti sostanziali al catalogo delle pratiche commerciali sleali introdotti dalla direttiva UE, approvata il 17 gennaio 2024 dall’Europarlamento, che modifica la direttiva 2005/29/CE (pratiche commerciali sleali) e la direttiva 2011/83/UE (diritti dei consumatori), che pretende informazioni più visibili sulla garanzia dei prodotti e vara l’etichetta armonizzata con informazioni sulla garanzia di durabilità superiore a due anni.

La direttiva, che è intitolata all’obiettivo della responsabilizzazione dei consumatori per la transizione verde mediante il miglioramento della tutela dalle pratiche sleali e dell'informazione, ora dovrà essere approvata definitivamente dal Consiglio Ue e, poi, essere pubblicata nella Gazzetta ufficiale.
Seppure in tempi, come di consueto lunghi per i provvedimenti europei (in questo caso la vacatio legis è di 30 mesi), la direttiva si muove in due direzioni: - la prima è pulire il mercato da scorie comunicative sul dichiarato, ma non realizzato né comprovato, rispetto dell’ambiente; - la seconda, nell’ambito dello stesso quadro di riassetto, è eliminare le comunicazioni fuorvianti sulla funzionalità, riparabilità e durata di un prodotto. Come cambia l’etichettatura dei prodotti In sintesi, si segnala che, secondo quanto dichiarato dalle fonti dell’Europarlamento, le nuove regole mirano a rendere l'etichettatura dei prodotti più chiara e affidabile, vietando l'uso di indicazioni ambientali generiche come "rispettoso dell'ambiente", “rispettoso degli animali”, “verde”, "naturale", "biodegradabile", "a impatto climatico zero" o "eco" se non supportate da prove. Inoltre, dovrà essere regolamentato anche l'uso dei marchi di sostenibilità, data la confusione causata dalla loro proliferazione e dal mancato utilizzo di dati comparativi. In futuro nell'UE saranno autorizzati solo marchi di sostenibilità basati su sistemi di certificazione approvati o creati da autorità pubbliche. La direttiva vieta, altresì, le dichiarazioni che suggeriscono un impatto sull'ambiente neutro, ridotto o positivo in virtù della partecipazione a sistemi di compensazione delle emissioni (offset in inglese). In materia di durabilità il provvedimento ha l’effetto di vietare le indicazioni infondate sulla durata (ad esempio, nei comunicati si censurano la dichiarazione che una lavatrice durerà per cinque mila cicli di lavaggio, se ciò non è esatto in condizioni normali), gli inviti a sostituire i beni di consumo prima del necessario (spesso accade, ad esempio, con l'inchiostro delle stampanti) e le false dichiarazioni sulla riparabilità di un prodotto. Quali novità in tema di pratiche commerciali sleali e diritti dei consumatori Passando al dettaglio, le parallele linee di intervento novellano l’impianto delle due direttive citate con: - arricchite declaratorie di azioni ingannevoli; - incrementati obblighi informativi precontrattuali; - revisionati obblighi formali per i contratti a distanza; utilizzo di etichette e avvisi armonizzati. La maggior parte delle novità relative alle comunicazioni di carattere ambientale consiste in integrazioni e sostituzione di disposizioni della direttiva 2005/29/CE (direttiva sulle pratiche commerciali sleali). In questo ambito troviamo, innanzi tutto, alcune nuove definizioni ufficiali, tra cui quella di "asserzione ambientale” con la quale si dichiara per prodotti, marchi e operatori “un impatto positivo o nullo sull’ambiente oppure meno dannoso per l’ambiente”. Quali sono le azioni commerciali ingannevoli Sempre nella direttiva 2005/29 è inserita la declaratoria di nuove azioni commerciali ingannevoli, tra cui le informazioni false o ingannevoli (anche se vere) a proposito di caratteristiche ambientali o sociali ed aspetti relativi alla riciclabilità dei prodotti. Meritano la qualifica di ingannevolezza anche la pratica consistente nella formulazione di un'asserzione ambientale relativa a prestazioni ambientali future generiche e non oggettivamente verificabili e la pubblicizzazione come vantaggi per i consumatori di elementi irrilevanti che non derivano dalle caratteristiche del prodotto o dell'impresa. Tra le omissioni ingannevoli, la novella inserisce quelle relative al metodo usato per confrontare prodotti in base alle caratteristiche ambientali dei prodotti e dei fornitori. Stesse scelte di drafting normativo, articolate sulla assegnazione dell’attributo di ingannevolezza, riguardano informazioni e pratiche sleali, anche omissive, relative a durabilità, riparabilità o riciclabilità dei prodotti. Quali sono le pratiche commerciali considerate ingannevoli Della direttiva 2005/29 viene, infine, ampliato l’elenco delle pratiche commerciali considerate in ogni caso sleali, sviluppato nell’allegato 1, in cui sono menzionate le seguenti nuove azioni: - esibire un marchio di sostenibilità che non è basato su un sistema di certificazione o non è stabilito da autorità pubbliche; - formulare un'asserzione ambientale generica per la quale l’operatore economico non è in grado di dimostrare l'eccellenza riconosciuta delle prestazioni ambientali pertinenti all'asserzione; - formulare un'asserzione ambientale concernente il prodotto nel suo complesso o l'attività dell’operatore economico nel suo complesso quando riguarda soltanto un determinato aspetto del prodotto o uno specifico elemento dell'attività dell’operatore economico; - asserire, sulla base della compensazione delle emissioni di gas a effetto serra, che un prodotto ha un impatto neutro, ridotto o positivo sull'ambiente in termini di emissioni di gas a effetto serra; - presentare requisiti imposti per legge sul mercato dell'Unione per tutti i prodotti appartenenti a una data categoria come se fossero un tratto distintivo dell'offerta dell’operatore economico; - non informare il consumatore del fatto che un dato aggiornamento del software inciderà negativamente sul funzionamento di beni che comprendono elementi digitali o sull'uso del contenuto digitale o dei servizi digitali; - presentare come necessario un aggiornamento del software che si limita a migliorare alcune caratteristiche di funzionalità; - qualsiasi comunicazione commerciale relativa a un bene contenente una caratteristica introdotta per limitarne la durabilità, nonostante le informazioni sulla caratteristica e sui suoi effetti sulla durabilità del bene siano a disposizione dell’operatore economico; - asserire falsamente che, in condizioni d'uso normali, il bene presenta una determinata durabilità in termini di tempo o intensità d'uso; - presentare il bene come riparabile quando non lo è; - indurre il consumatore a sostituire o reintegrare materiali di consumo del bene prima di quanto sarebbe necessario per motivi tecnici; - non informare che la funzionalità di un bene sarà compromessa dall'utilizzo di materiali di consumo, pezzi di ricambio o accessori non forniti dal produttore originale, o asserire falsamente che tale compromissione si verificherà. Come cambiano gli obblighi informativi delle imprese Sempre relativi a profili “green” va evidenziato l’inserimento nella direttiva 2011/83/Ue (diritti dei consumatori) dell’obbligo informativo, per i contratti a distanza e per quelli negoziati fuori dei locali commerciali, relativo alle eventuali diverse opzioni di consegna rispettose dell'ambiente. Passando al tema della “durata dei prodotti”, la novella amplia il novero delle definizioni sia nella direttiva sulle pratiche commerciali sleali sia nella direttiva 2011/83/UE (diritti dei consumatori). Si segnalano, in particolare, le nozioni codificate di: 1) “aggiornamento software”, che è tale se è necessario (non opzionale) per mantenere in funzione beni digitali, compresi gli aggiornamenti di sicurezza e delle funzionalità; 2) “garanzia commerciale di durabilità”: intesa come responsabilità diretta per la riparazione o la sostituzione dei beni nell'arco di tutto il periodo di tempo. Sempre nel campo della direttiva 2011/83, vanno rimarcati gli ulteriori obblighi informativi relativi a: - promemoria, con avviso armonizzato, dell'esistenza della garanzia legale di conformità, compresa la durata minima di due anni; garanzia di durabilità ultra biennale (con etichetta armonizzata, comprensiva di durata e promemoria); - garanzie per i beni digitali, incluso periodo di fornitura di aggiornamenti software; - indice di riparabilità dei beni o informazioni su disponibilità, costi e procedure di ordinazione dei pezzi di ricambio, su istruzioni per riparazioni e manutenzioni e restrizioni alle riparazioni. Questi rimpolpati obblighi di informazione si applicano sia ai contratti a distanza o negoziati fuori dei locali commerciali sia a quelli diversi da queste categorie. La direttiva in itinere, nei contratti a distanza, conclusi con mezzi elettronici che impongono al consumatore l'obbligo di pagare, abbina ai descritti nuovi obblighi informativi l’obbligo per l’operatore economico di comunicare, oltre ad altre notizie, anche quella relativa all’eventuale garanzia di durabilità ultra biennale direttamente prima che il consumatore inoltri l'ordine. Le informazioni sulla garanzia legale andranno fornite utilizzo un avviso armonizzato, mentre quelle relative alla garanzia ultra biennale dovranno essere inserite su un'etichetta armonizzata. Formato e contenuto di etichette ed avvisi armonizzati saranno predisposti dalla Commissione Ue. Quando acquista efficacia la direttiva greenwashing La direttiva, una volta definitivamente approvata, dovrà essere recepita dagli stati membri entro ventiquattro mesi per poi diventare efficace sei mesi dopo. Copyright © - Riproduzione riservata

Proposta di direttiva UE 30/03/2022, n. 2022/0092

Allegato, Proposta di direttiva UE 30/03/2022, n. 2022/0092

Fonte: https://www.ipsoa.it/documents/quotidiano/2024/02/02/greenwashing-cambia-imprese-consumatori-direttiva-ue

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