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Contratto part-time: in quali casi può trasformarsi automaticamente a tempo pieno

Nella gestione del contratto di lavoro a tempo parziale il ruolo centrale è svolto dall’accordo tra le parti, per il quale il legislatore prevede l’obbligo di indicare lo sviluppo della prestazione lavorativa su base giornaliera, settimanale, mensile o annuale. Orario di lavoro che una volta fissato definito non può essere soggetto a modifiche unilaterali da parte del datore di lavoro, salvo la sottoscrizione di clausole elastiche. Succede a volte però che l’orario di lavoro effettivamente svolto dal lavoratore tra orario ordinario e supplementare poco si discosti dall’orario normale a tempo pieno. In questi casi qual è il rischio per il datore di lavoro? Il rapporto di lavoro può trasformarsi da part time a full-time?

Tra le tipologie contrattuali che rispondono all’esigenza di conciliazione vita - lavoro, il contratto a tempo parziale rappresenta quella maggiormente utilizzata. Regolamentato dal D.Lgs. n. 81/2015 in primis e dalla contrattazione collettiva poi, viene caratterizzato da una scelta del lavoratore di percepire una retribuzione minore a fronte di poter disporre di maggior tempo libero per esigenze di natura personali, formative, familiari o per poter svolgere ulteriori attività lavorativa. Il ruolo centrale lo assume l’accordo tra le Parti, per il quale il legislatore prevede l’obbligo di indicare lo sviluppo del nastro orario su base giornaliera, settimanale, mensile o annuale. Orario di lavoro che una volta fissato definito tra le Parti non può essere soggetto a modifiche unilaterali da parte del datore di lavoro, salvo che tra le parti non siano state sottoscritte, sempre per iscritto, clausole elastiche che consentono la modifica della collocazione della prestazione lavorativa ovvero l’aumento dell’impegno orario ordinario al lavoratore. Succede a volte però che l’orario di lavoro effettivamente svolto dal lavoratore tra orario ordinario e supplementare poco si discosti dall’orario normale a tempo pieno. Al verificarsi di tale ipotesi, secondo la Cassazione n. 4530/2024 il comportamento concludente delle parti nello svolgimento della prestazione supera eventuali accordi scritti. L’orario di lavoro nel part time L’art. 5 del D.Lgs. n. 81/2015 stabilisce la forma scritta del contratto a tempo parziale ai fini della prova e l’obbligo di indicare la puntuale durata della prestazione lavorativa e della collocazione temporale dell'orario con riferimento al giorno, alla settimana, al mese e all'anno. Qualora l’organizzazione aziendale preveda un’organizzazione su turni, il 3° comma prevede che l’indicazione dell’orario di lavoro può avvenire anche mediante rinvio a turni programmati di lavoro articolati su fasce orarie prestabilite. L’attuale formulazione della norma è conseguenza di diversi livelli giurisprudenziali intervenuti nel corso del tempo. Già nel 1992, la Corte Costituzionale aveva sancito (sentenza n. 210/1992) che nel contratto di lavoro a tempo parziale devono essere indicate, oltre alle mansioni, anche “la distribuzione dell’orario con riferimento al giorno, alla settimana, al mese e all’anno in quanto è inammissibile la discrezionalità del datore di lavoro di distribuire liberamente la prestazione fissando esclusivamente un monte ore/giorni e disponendo liberamente la precisa collocazione della prestazione (divieto di clausola flessibile automatica). Successivamente, la Cassazione (Lav. n. 4229/2016) aveva stabilito che in assenza di una espressa previsione di legge, va escluso che la mancata indicazione in contratto dell’articolazione dell’orario ridotto determini la nullità della clausola di part-time, o comporti l’automatica trasformazione del rapporto in rapporto di lavoro a tempo pieno e il diritto alla retribuzione delle ore in c.d. disponibilità in attesa della fissazione dei turni, ha fatto comunque salvo il solo diritto al risarcimento del danno, per eventuali comportamenti abusivi del datore di lavoro, o quello al compenso del lavoro supplementare, in caso di effettiva prestazione oltre l’orario pattuito. La modifica dell’orario di lavoro: la forma dell’accordo Con l’art. 8, co. 2 del D.Lgs. n. 81/2015, il legislatore ha previsto che con accordo tra le parti risultante sempre per iscritto è ammessa la trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto a tempo parziale e viceversa. A tutela del lavoratore, viene previsto che il rifiuto del lavoratore di trasformare il proprio rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto a tempo parziale, o viceversa, non può costituire giustificato motivo di licenziamento. Su tale tutela riconosciuta al lavoratore, si segnala che la Cassazione con l'ordinanza n. 29337/2023 si è espressa con riguardo alla possibilità che il rifiuto da parte del lavoratore alla trasformazione del contratto di lavoro a tempo parziale in un contratto a tempo pieno, e viceversa, possa costituire un giustificato motivo di licenziamento. Secondo la Corte infatti: - l’art. 8, co. 1 del d.lgs. 81/2015 va inteso nel senso che per il giudice “la previsione di tale disposizione non preclude la facoltà di recesso per motivo oggettivo (…) ma comporta una rimodulazione del giustificato motivo oggettivo e dell’onere della prova posto a carico della parte datoriale” e che “In tal caso ai fini del gmo, occorre che sussistano o siano dimostrate dal datore di lavoro”; - le effettive esigenze economiche ed organizzative devono essere tali da non consentire il mantenimento della prestazione a tempo pieno (o parziale come nel caso in esame), ma solo con l’orario differente richiesto; - deve essere proposto al dipendente o ai dipendenti la trasformazione del rapporto di lavoro a tempo parziale e ci deve essere stato il rifiuto dei medesimi; - deve sempre sussistere un nesso causale tra le esigenze di riduzione (o aumento) dell’orario e il licenziamento. La prestazione lavorativa oltre l’orario di lavoro normale part time Può succedere che nel corso del rapporto di lavoro part time sorga l’esigenza di una maggior impegno orario da parte del lavoratore. L’art. 6 del D.Lgs. n. 81/2015 disciplina a tal fine il lavoro supplementare, intendendo per tale le ore di lavoro svolte oltre l'orario di lavoro concordato fra le parti ed entro il limite del tempo pieno (40 ore o il diverso e minor orario previsto dalla contrattazione collettiva); utilizzo del supplementare che viene consentito nel rispetto della contrattazione collettiva. Viene pertanto riconosciuto, anche al fine di evitare un uso distorto e incondizionato del supplementare, un ruolo centrale alla contrattazione collettiva, come definita dall’art. 51 del D.Lgs. n. 81/2015, la quale può prevedere: - un numero massimo di ore di lavoro supplementare; - l’ammontare della maggiorazione retributiva spettante al lavoratore; - le situazioni al verificarsi delle quali il datore di lavoro può richiedere il lavoro supplementare e viceversa quelle in cui lavoratore può legittimamente rifiutarsi di svolgere le ore di lavoro supplementare. Qualora la contrattazione collettiva non disciplini il lavoro supplementare, la facoltà del datore di lavoro di richiedere ore aggiuntive è prevista al verificarsi delle seguenti condizioni: - prestazioni in misura non superiore al 25% delle ore di lavoro settimanali concordate; - diritto per il lavoratore ad una maggiorazione del 15% della retribuzione oraria globale di fatto, comprensiva dell'incidenza della retribuzione delle ore supplementari sugli istituti retributivi indiretti e differiti; - l’eventuale rifiuto allo svolgimento del lavoro supplementare da parte del lavoratore viene ammesso solo ove giustificato da comprovate esigenze lavorative, di salute, familiari o di formazione professionale. Orario di lavoro superiore rispetto a quanto concordato Abbiamo visto che la norma prevede l’obbligo della forma scritta per la modifica dell’orario di lavoro del lavoratore part time e delle limitazioni nell’uso del lavoro supplementare. Con la recente ordinanza n. 4354 dello scorso 19 febbraio 2024, la Cassazione ha chiarito che nel rapporto di lavoro l'osservanza costante di un orario lavorativo pari a quello previsto per il tempo pieno comporta l'2automatica trasformazione per fatti concludenti del rapporto da part time a full-time, senza necessità di consenso scritto delle parti. La Corte, richiamando l’orientamento ormai consolidato della giurisprudenza, stabilisce che “in base alla continua prestazione di un orario di lavoro pari a quello previsto per il lavoro a tempo pieno, un rapporto di lavoro nato come a tempo parziale può trasformarsi in un rapporto di lavoro a tempo pieno, nonostante la difforme, iniziale, manifestazione di volontà delle parti, non occorrendo alcun requisito formale per la trasformazione di un rapporto a tempo parziale in rapporto di lavoro a tempo pieno”. Inoltre, la Corte ha evidenziato che una volta riscontrata la costante effettuazione di un orario di lavoro prossimo a quello stabilito per il lavoro a tempo pieno, è inutile ogni discussione circa la possibilità di constatare la sussistenza della volontà novativa delle parti. Ciò, infatti, fa scattare la trasformazione da un originario part time ad un tempo pieno per fatti concludenti, spettando il relativo accertamento sulla comune volontà negoziale al giudice del merito. Una volta accertato ciò, i diritti che derivano al prestatore sono quelli che nascono da un ordinario rapporto di lavoro divenuto a tempo pieno. Copyright © - Riproduzione riservata

Fonte: https://www.ipsoa.it/documents/quotidiano/2024/03/04/contratto-part-time-casi-trasformarsi-automaticamente-tempo-pieno

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