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Brexit senza accordo: cosa potrebbe cambiare per le imprese italiane

Il Governo, in stretto raccordo con la Commissione europea e gli altri Stati membri dell’UE, ha elaborato un vademecum diretto alle imprese italiane per prepararle all’ipotesi di una Brexit senza accordo. Una hard Brexit sarebbe un grave colpo per l’economia europea, con un notevole l’impatto in tutti i settori, comprese le dogane e le imposte indirette. La Commissione europea ha ribadito che “se l'accordo di recesso non sarà ratificato, a partire dalla data del recesso si applicherà tutta la normativa dell'UE relativa alle merci importate e alle merci esportate, compresi l'imposizione di dazi e imposte e l'adempimento delle formalità e dei controlli previsti dall'attuale disciplina giuridica, così da assicurare condizioni di parità”.

Dopo la notifica da parte del Regno Unito dell’intenzione di recedere dall’UE a norma dell’art. 50 del Trattato sull’UE, sono stati avviati i negoziati per un accordo di recesso, per gestire in termini chiari e ordinati l’uscita del Regno Unito e porre le basi per negoziare tra le Parti un forte partenariato futuro.

Il Governo italiano ha istituito un coordinamento Brexit a Palazzo Chigi per coordinare le attività e seguire il negoziato sull’accordo di recesso.

La Brexit non coinvolge solo le Amministrazioni pubbliche europee e nazionali, ma anche i soggetti privati. Per questo è importante prendere tutte le misure necessarie per garantire un livello di cooperazione tra gli stati membri.

Il processo di ratifica dell’accordo è risultato però incerto e molto travagliato. Pertanto, alla luce di tale incertezza, nei 27 Stati membri dell’UE sono stati avviati i preparativi anche per lo scenario, poco auspicabile, di un recesso senza accordo.

Questa ipotesi comporta ulteriori sfide rispetto a quella disciplinata da un’intesa ai sensi dell’art. 50 del Trattato sull’UE, per i tempi molto stretti e per l’ampiezza dei settori su cui impatta l’uscita del Regno Unito dall’UE.

Salvo, infatti, che un accordo di recesso ratificato preveda una data diversa o che vi sia una revoca unilaterale o che, in base all’art. 50, par. 3, del Trattato sull’UE, il Consiglio europeo all’unanimità decida, d’intesa con il Regno Unito, di posporre la cessazione dell’applicazione dei trattati, le norme del diritto primario e derivato dell’Unione cesseranno di applicarsi al Regno Unito alle ore 00.00 del 30 marzo 2019.

In merito, in Italia, la Presidenza del Consiglio dei Ministri ha previsto in caso di recesso senza accordo che:

- un numero limitato di azioni d’emergenza sarà adottato dall’UE;

- un altro numero di azioni sarà adottato a livello nazionale nei settori di competenza degli Stati membri UE o in attuazione e trasposizione degli atti di livello UE.

Come accennato, la Commissione UE ha chiesto agli Stati membri un approccio unitario attraverso un “piano di emergenza collettivo” improntato al piano suggerito nella Comunicazione del 13 novembre 2018. I preparativi al recesso del Regno Unito, anche se per molti aspetti sarebbero gli stessi anche senza un accordo di recesso, dovrebbero però svolgersi a un ritmo molto più serrato. Per questo un mancato accordo richiederà l'adozione di alcune misure specifiche.

I 27 Stati membri dell'UE e i loro esperti delle amministrazioni nazionali competenti hanno organizzato seminari e incontri per valutare l'andamento dei preparativi e l'eventuale necessità di ulteriori interventi da parte dei portatori di interessi, delle amministrazioni nazionali e del livello UE.

Tra i settori discussi: diritti dei cittadini, coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale, controllo delle frontiere, qualifiche professionali, proprietà intellettuale, giustizia civile, diritto societario, protezione dei consumatori, protezione dei dati personali; servizi finanziari; aviazione, trasporti su strada e ferroviario, e marittimo; dogane, fiscalità, controlli sanitari e fitosanitari e licenze all'esportazione e importazione di determinati prodotti; protezione consolare, cooperazione penale e di polizia, accordi internazionali, digitale e appalti pubblici; prodotti industriali, sostanze chimiche, prodotti farmaceutici.

Il Governo italiano, in linea con il piano collettivo europeo, da dicembre 2018 ha accelerato la preparazione allo scenario di un recesso senza accordo, anche con misure legislative.

I preparativi mirano a garantire:

- la tutela dei diritti dei cittadini italiani che vivono nel Regno Unito e dei cittadini britannici che vivono in Italia,

- la tutela della stabilità finanziaria e della continuità operativa dei mercati e dei settori bancario, finanziario e assicurativo,

- la promozione di un’adeguata preparazione delle imprese e la gestione di emergenze relative ad alcuni ambiti settoriali come, ad esempio, trasporti, dogane, sanità, agricoltura, ricerca, istruzione e altri settori in cui dovessero essere necessari interventi.

Naturalmente le misure di emergenza non potranno rimediare ai ritardi che i portatori di interessi avrebbero potuto eliminare con preparativi e azioni tempestive, né temperare l’impatto di un mancato accordo. Per questo motivo è importante che tutti i soggetti interessati dal recesso siano preparati a tutti i possibili scenari e siano consapevoli dei rischi. A tal fine accanto all’attività legislativa, la Commissione ha pubblicato 88 avvisi e 3 comunicazioni sui preparativi in vista della Brexit per preparare le imprese e i soggetti interessati.

Impatto sulle imprese della Brexit senza accordo

Una Brexit senza accordo sarebbe un grave colpo per l’economia europea. Anche per le imprese italiane che esportano nel Regno Unito nessun accordo comporterebbe un cambiamento repentino, senza un periodo transitorio.

Notevole l’impatto della Brexit senza accordo per il settore delle dogane e delle imposte indirette.

La Commissione europea ha ribadito che “Se l'accordo di recesso non sarà ratificato, a partire dalla data del recesso si applicherà tutta la normativa dell'UE relativa alle merci importate e alle merci esportate, compresi l'imposizione di dazi e imposte e l'adempimento delle formalità e dei controlli previsti dall'attuale disciplina giuridica, così da assicurare condizioni di parità”.

Questo comporterebbe che dall’oggi al domani, divenendo il Regno Unito un paese extra-UE, si applicherebbero le regole dell’Organizzazione mondiale del commercio (WTO). Per l’Italia significa dazi elevati, soprattutto nei settori alimentare e dell’abbigliamento.

Oltre ai cambiamenti tariffari, di non poco conto sono anche i cambiamenti relativi ai controlli e alle procedure doganali che oggi non sono richieste.

Questi cambiamenti possono rappresentare seri ostacoli per molte aziende. Per questo è importante pensare alle possibili misure per attenuare tali ostacoli.

L’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, in stretto raccordo con la Commissione europea, ha programmato interventi di preparazione e di emergenza per affrontare le maggiori criticità nel caso di uno scenario di recesso senza accordo.

Riguardo alle imposte indirette e dirette, in caso di recesso senza accordo, il trattamento fiscale di tutte le transazioni, sarà soggetto a cambiamenti. Ci saranno nuove regole per l'IVA e per le accise.

In caso di uscita senza accordo, dal 30 marzo 2019 i movimenti delle merci che entrano nel territorio IVA dell’Unione dal Regno Unito o sono inviate o trasportate dal territorio IVA dell’Unione verso il Regno Unito sono trattati, rispettivamente, come importazione o esportazione di merci a norma della direttiva 2006/112/CE del Consiglio. Pertanto, ci sarà l’addebito dell’IVA all’importazione.

L’uscita del Regno Unito dall’UE inciderà anche sulla cooperazione amministrativa e il contrasto alle frodi. Le autorità britanniche non saranno più vincolate agli strumenti giuridici dell’Unione per la cooperazione amministrativa e l’assistenza al recupero.

Sulle imposte dirette, non si applicheranno più al Regno Unito le norme anti-elusione dell’UE e gli impegni politici del codice di condotta in materia di regime fiscale delle imprese.

Fonte: http://www.ipsoa.it/documents/impresa/contratti-dimpresa/quotidiano/2019/02/27/brexit-senza-accordo-cambiare-imprese-italiane

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