News
Archivio newsLuxottica lascia la Borsa di Milano. Atlantia, primo bilancio dopo il ponte
A Ginevra lunedì viene annunciata l’auto dell’anno e giovedì inizia il Salone. Nello stesso giorno il cda di Atlantia approva il primo bilancio dopo il crollo del ponte Morandi. Conferenza stampa di Mario Draghi.
Sospesa dalle contrattazioni già da alcuni giorni, è arrivato il momento dell’addio a Piazza Affari. Oggi se ne va la Luxottica di Leonardo Del Vecchio, destinazione la Borsa di Parigi dopo la fine dell’Ops lanciata da EssilorLuxottica che ha raccolto il 97,54% della società di Agordo. Che non è solo un colosso dell’occhialeria ma un simbolo del Made in Italy capace di conquistare i mercati di tutto il mondo e salire fino a fatturati miliardari. Impossibile e forse anche un po’ inutile cercare di fermare i capitali finanziari che se ne vanno in giro per il globo, ma certo fa un brutto effetto vedere l’ennesimo campione del capitalismo italiano che se ne va da Milano. Per fortuna, la piazza finanziaria meneghina in questi anni ha puntato (almeno) sulle piccole di casa nostra: oltre 110 quotazioni sull’Aim, il mercato alternativo. Micro market cap, a confronto. Ma con la speranza di crescere.
Entrato nell’ultimo anno del suo mandato, il presidente della Bce Mario Draghi deve affrontare uno scenario ampiamente previsto, come il rallentamento dell’Eurozona. La sorpresa, semmai, sta nell’intensità e nella profondità di uno stop che coinvolge la buona parte del Vecchio Continente, a partire dalla locomotiva tedesca. Questo è uno dei motivi per cui il mercato si attende qualche segnale dalla banca centrale. Tanto che si torna a parlare del meccanismo di finanziamento agevolato (Tltro) usato qualche anno fa a vantaggio delle banche. Ne parleranno oggi i banchieri nella riunione a cui faranno seguito le dichiarazioni del presidente. Certo, non è affatto scontato che si riaprano i rubinetti finanziari, e soprattutto non alle condizioni agevolate che abbiamo visto nel passato. Anche perché le banche devono predisporre dei piani per iniziare a restituire (da giugno 2020) i soldi ricevuti. Non proprio uno scenario sereno per gli istituti italiani, alle prese con gli Npl in bilancio da alleggerire e i conti da fare con lo spread.
I conti 2018 di Atlantia sono tra i più attesi di questa stagione di bilanci. Il motivo è facile da intuire ed è tutto legato a quel maledetto giorno di metà agosto quando a Geova è crollato il ponte Morandi, provocando la morte di 43 persone. Una tragedia enorme, come enormi sono state (e in parte sono ancora) le polemiche seguite. Ora, poco importa che, per Atlantia, si siano rivelati positivi i risultati della società spagnola Abertis, di cui il gruppo italiano detiene il controllo e che ha riportato un fatturato in lieve calo ma un Ebitda salito del 3% (a 3,54 miliardi) e un utile netto chiuso a 1,6 miliardi mentre le stime erano ferme a 930 milioni. Già, poco importa. Perché adesso alla prova dei conti è chiamata la capogruppo italiana. Sulla quale ovviamente, pesano i costi collegati alla vicenda del ponte: per gli esperti di Mediobanca Securities, potrebbero essere di 450 milioni ma c’è chi si spinge a ipotizzare anche un miliardo di euro.
Da quando l’Italia è entrata tecnicamente in recessione, anzi già da mesi prima, i dati economici che arrivano dall’Istat hanno tutti davanti il segno meno. Ovviamente. Ma i numeri hanno anche una loro profondità, che fa impressione. Così, se la produzione industriale è calata in novembre del 2,6% rispetto a un mese prima con la discesa più forte dall’ottobre 2014, a dicembre è arrivato uno scivolone del 5,5% sull’anno precedente. La flessione più accentuata dal dicembre 2012. Ecco perché il dato di gennaio 2019, in uscita oggi dall’Istat, rischia di far precipitare ancora più indietro l’economia italiana. Naturalmente, c’è da augurarsi che invece il dato sia in recupero: sarebbe una salutare boccata d’ossigeno. E intanto, va tenuta d’occhio anche la locomotiva tedesca di cui oggi escono i numeri circa gli ordini all’industria. Se la Germania è ferma, l’Italia farà molta più fatica a ripartire.