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Archivio newsCrisi d’impresa: consulente del lavoro figura specializzata per tutelare l’occupazione
I consulenti del lavoro avranno la possibilità di ricoprire le funzioni di curatore, commissario giudiziale e liquidatore nelle procedure previste dal Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza. Per la Fondazione Studi del Consiglio nazionale, con questo nuovo ruolo vengono riconosciute le specifiche competenze professionali dei consulenti del lavoro nella gestione dei rapporti di lavoro nelle imprese che si trovano in uno stato di crisi economico/finanziaria. Le imprese, infatti, avranno bisogno di una figura particolarmente specializzata, capace di gestire la delicata e complessa fase che va dalla sospensione del rapporto di lavoro a quella di subentro, ricollocazione, esubero o trasferimento del lavoratore. Tra i principi ispiratori della riforma anche l'esigenza di armonizzare le procedure di gestione della crisi e dell'insolvenza con le forme di tutela dell'occupazione e del reddito dei lavoratori alle dipendenze dell'impresa.
Consulenti del lavoro centrali nel conseguimento degli scopi del nuovo Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, approvato con il D.Lgs. n. 14/2019.
E’ su tale ruolo che si concentra l’approfondimento della Fondazione Studi del Consiglio nazionale dell’ordine dei consulenti del lavoro del 12 marzo 2019.
Nel documento viene effettuato un excursus storico dell’evoluzione delle competenze attribuite ai consulenti del lavoro dopo la legge n. 12/1979, istitutiva della professione ed analizzato il ruolo ricoperto nell’ambito del nuovo Codice della crisi e dell’insolvenza.
Un’ampia analisi finalizzata ad affermare quanto la professione, da quando è stata istituita, abbia progressivamente ampliato le proprie prerogative e competenze.
Nel corso del tempo, infatti, la professione di consulente del lavoro si è profondamente evoluta, collocandosi nell’area giuridico-economica, affiancando le imprese per favorirne lo sviluppo, oltre che mantenendo forte l’attenzione alla gestione delle risorse umane.
Il documento della Fondazione ricorda che l’attività del consulente del lavoro si colloca in una posizione centrale tra impresa, istituzioni pubbliche e lavoratori, aspetto che consente di cogliere al meglio lo spirito della riforma, che è quello di superare la vecchia disciplina fallimentare, poco adatta a favorire la continuità dell’impresa e la tutela dei creditori e dell’occupazione.
Il D.Lgs. n. 14/2019, infatti, attuando i principi della legge delega n. 155/2017, riforma in maniera radicale il quadro regolatorio precedente, operando una discontinuità rispetto alla disciplina del passato, peraltro in vigore fino alla completa operatività del nuovo codice.
Non ultimo, sempre in attuazione di uno dei principi della legge delega, la previsione di collocare all’interno del Codice, anche i riflessi sui rapporti di lavoro della crisi dell’impresa, in particolare nell’ipotesi di insolvenza.
Come si legge dalla relazione che accompagna il provvedimento, le norme del Codice della crisi d’impresa perseguono un’opera di armonizzazione delle procedure di gestione della crisi e dell’insolvenza del datore di lavoro con le forme di tutela dell’occupazione e del reddito dei lavoratori, che ha avuto specifico riguardo alla normativa europea e, in particolare:
a) alla Carta sociale europea di Strasburgo del 3 maggio 1996 ratificata ai sensi della legge 9 febbraio 1999, n. 30, che si occupa dell’attuazione dei diritti e delle libertà oggetto della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali;
b) alla direttiva 2008/94/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 22 ottobre 2008 relativa alla tutela dei lavoratori subordinati in caso d’insolvenza del datore di lavoro e alla direttiva 2001/23/CE del Consiglio del 12 marzo 2001 come interpretata dalla Corte di Giustizia dell’Unione europea concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di imprese o di stabilimenti.
Ricordiamo a tal fine che gli articoli 189, 190 e 191, che si occupano dei rapporti di lavoro subordinato, del trattamento NASpI e del trasferimento d’azienda, rappresentano un elemento centrale nell’ambito della tutela del lavoro delle imprese sottoposte a liquidazione giudiziale.
L’attribuzione anche ai consulenti del lavoro delle possibilità di ricoprire le funzioni di curatore, commissario giudiziale e liquidatore nelle procedure di cui al Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, si conferma – riporta il documento della Fondazione Studi - quale oggettivo e doveroso recupero di un gap dovuto ad una normativa risalente nel tempo, precedente alla Costituzione. Le ragioni - oggettive - si rinvengono, infatti, nell’alveo tracciato dalla normativa europea.
Ricordiamo che i consulenti del lavoro risultano compresi tra i soggetti che possono essere inseriti nell’albo di chi è incaricato dall’autorità giudiziaria delle funzioni di gestione e di controllo nelle diverse procedure previste dal Codice della crisi, regolato dagli articoli 356 e 357 del D.Lgs. n. 14/2019.
Tuttavia, l’art. 358 del Codice della crisi prevede che, con riferimento ai requisiti dei professionisti iscritti agli albi dei consulenti del lavoro, necessari per la nomina a curatore, commissario giudiziale e liquidatore, l’autorità giudiziaria tiene conto dell’esistenza di rapporti di lavoro subordinato in atto presso l’impresa al momento dell’apertura della liquidazione giudiziale o del deposito del decreto di ammissione al concordato preventivo, ma è evidente che appare del tutto residuale l’ipotesi di procedure relative ad aziende senza lavoratori dipendenti occupati.
A tale ruolo endogeno, si aggiunge poi quello tipicamente professionale di consulente del lavoro quale specialista in materia di gestione delle risorse umane.
La gestione dei rapporti di lavoro delle imprese che si trovano in stato di insolvenza avrà quindi bisogno di una figura particolarmente specializzata, capace di gestire la delicata e complessa fase che va dalla sospensione del rapporto di lavoro a quella di subentro nel rapporto di lavoro, ricollocazione, esubero, trasferimento.
L’approfondimento della Fondazione Studi si chiude ricordando le motivazioni che hanno portato il Ministro della Giustizia Alfonso Bonafede ad illustrare in Parlamento i motivi che hanno portato l’Esecutivo ad inserire anche i consulenti del lavoro tra i professionisti che possono far parte dell’albo dei soggetti incaricati dall’autorità giudiziaria delle funzioni di gestione e di controllo nelle procedure di cui al codice della crisi e dell’insolvenza.
Il Ministro, a tal proposito, rispondendo all’interrogazione parlamentare 4-01215 del 12 febbraio 2019 mirata a conoscere i motivi dell’inclusione dei consulenti del lavoro tra i soggetti previsti dalla novellata normativa, ha evidenziato che la crisi di impresa, oltre al profilo strettamente patrimoniale e gestionale, normalmente coinvolge i rapporti di lavoro su cui si basa l'intera struttura aziendale. Non va dimenticato, infatti, che l'imprenditore è anche un datore di lavoro.
Proprio per tale motivo, tra i principi ispiratori della riforma figura l'esigenza di armonizzare le procedure di gestione della crisi e dell'insolvenza con le forme di tutela dell'occupazione e del reddito dei lavoratori alle dipendenze dell'impresa.
Ne consegue l'opportunità di coadiuvare il giudice attraverso figure professionali idonee a supportare, nella fase di emersione della crisi fino alla sua auspicabile risoluzione, le scelte di gestione, tra le quali vengono in rilievo quelle relative alle risorse umane, ai rapporti di lavoro e agli ammortizzatori sociali per gli esuberi legati alla crisi di impresa.
In altre parole, la conservazione dell'impresa e la salvaguardia del lavoro dipendente risultano essere elementi connessi tra loro per il conseguimento del risultato complessivo a cui mira la riforma.
Peraltro, la professionalità dei consulenti del lavoro trova conferma nell'ampio ventaglio di funzioni che gli stessi possono essere chiamati a svolgere nel nostro ordinamento, tra cui in particolare, la possibilità di patrocinare vertenze davanti alle commissioni tributarie e la possibilità di essere nominati commissari liquidatori, o sindaci di società commerciali.