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Abuso di informazioni privilegiate: la sanzione amministrativa gode della retroattività della legge più favorevole

La Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della normativa che esclude l’applicazione retroattiva delle modifiche apportate alle sanzioni amministrative previste per l’illecito amministrativo di abuso di informazioni privilegiate. La sanzione amministrativa ha natura punitiva, e soggiace pertanto alle garanzie che la Costituzione e il diritto internazionale dei diritti umani assicurano alla materia penale, ivi compresa la garanzia della retroattività della lex mitior.

La Corte d’appello di Milano, sezione prima civile, ha sollevato questione di legittimità costituzionale per quanto concerne l’accesso all’attività degli enti creditizi e la vigilanza prudenziale sugli enti creditizi e sulle imprese di investimento. In particolare in riferimento alla modifica delle sanzioni, escludendo la retroattività in mitius della normativa più favorevole.

La causa riguarda un soggetto a cui la CONSOB aveva irrogato una sanzione amministrativa pecuniaria pari a 100.000 euro, unitamente alla misura interdittiva accessoria di due mesi di sospensione dall’esercizio dell’attività e alla pubblicazione, per estratto, della delibera nel Bollettino della CONSOB, per l’illecito amministrativo di abuso di informazioni privilegiate, integrato - secondo la prospettazione della CONSOB - dall’invio di una e-mail alla propria consorte, in calce alla quale era illustrato un piano di rafforzamento patrimoniale della società presso la quale lo stesso lavorava, reso pubblico al mercato soltanto un mese più tardi.

La Corte Costituzionale, nella sentenza n. 63 del 21 marzo 2019, rileva innanzi tutto che l’abuso di informazioni privilegiate fu per la prima volta previsto quale delitto nell’ordinamento italiano con l’art. 2, comma 1, legge n. 157/1991 (Norme relative all’uso di informazioni riservate nelle operazioni in valori mobiliari e alla Commissione nazionale per le società e la borsa), in attuazione di obblighi imposti, a livello comunitario, dalla direttiva n. 89/592/CEE, sul coordinamento delle normative concernenti le operazioni effettuate da persone in possesso di informazioni privilegiate (insider trading).

Successivamente, all’abuso di informazioni privilegiate furono dedicate due nuove disposizioni del novellato Testo Unico:

- l’art. 184, che continuò a configurare la condotta come delitto;

- l’art. 187-bis, che introdusse una sino ad allora inedita figura di illecito amministrativo di abuso di informazioni privilegiate, dai confini più ampi rispetto alla corrispondente fattispecie delittuosa, e punita con sanzioni amministrative pecuniarie da 20.000 a tre milioni di euro, aumentabili fino al triplo o fino al maggiore importo di dieci volte il prodotto o il profitto conseguito dall’illecito.

Dopo varie modifiche, la disposizione attualmente descrive le condotte costitutive dell’illecito (ridenominato “Abuso e comunicazione illecita di informazioni privilegiate”) attraverso un mero rinvio alle ipotesi indicate nel regolamento UE, disponendo poi che tali condotte siano punite con la sanzione amministrativa pecuniaria da ventimila a cinque milioni di euro, aumentabili fino al triplo o fino al maggiore importo di dieci volte il profitto conseguito ovvero le perdite evitate per effetto dell’illecito. A seguito di tali ultime modifiche, dunque, l’illecito amministrativo in parola resta punibile con la sanzione amministrativa pecuniaria minima di 20.000 euro, mentre il massimo edittale è ora innalzato a cinque milioni di euro.

La Corte Costituzionale afferma che la sanzione amministrativa prevista dall’art. 187-bis, D.Lgs. n. 58/1998 ha natura punitiva, e soggiace pertanto alle garanzie che la Costituzione e il diritto internazionale dei diritti umani assicurano alla materia penale, ivi compresa la garanzia della retroattività della lex mitior.

Nella relazione illustrativa allo schema di decreto legislativo, in attuazione della legge n. 154/2014, il Governo dichiarò la propria intenzione di non introdurre nel decreto il principio del favor rei “sia per la sospetta irragionevolezza dell’introduzione di detto principio con riferimento solo ad alcune disposizioni, sia per evitarne l’applicazione a tutti i procedimenti ancora sub iudice”, con conseguente “rischio di ripercussioni negative su procedimenti sanzionatori in corso”.

La scelta del legislatore del 2015 di derogare alla retroattività dei nuovi e più favorevoli quadri sanzionatori risultanti dal D.Lgs. n. 72 del 2015 sacrifica irragionevolmente il diritto degli autori dell’illecito di abuso di informazioni privilegiate a vedersi applicare una sanzione proporzionata al disvalore del fatto, secondo il mutato apprezzamento del legislatore. Mutato apprezzamento che riflette, evidentemente, la consapevolezza del carattere non proporzionato di un minimo edittale di 100.000 euro.

Da ciò consegue l’illegittimità costituzionale dell’art. 6, comma 2, D.Lgs. n. 72/2015, nella parte in cui esclude l’applicazione retroattiva delle modifiche apportate dal comma 3 dello stesso art. 6 alle sanzioni amministrative previste per l’illecito disciplinato dall’art. 187-bis.

Anche rispetto alla disciplina sanzionatoria dell’illecito amministrativo previsto dall’art. 187-ter, d’altra parte, la deroga al principio della retroattività della lex mitior apportata dal legislatore delegato non supera il vaglio positivo di ragionevolezza, dal che, la necessità di dichiarare la illegittimità costituzionale della disciplina transitoria dettata dalla disposizione censurata anche nella parte in cui essa esclude l’applicazione retroattiva delle modifiche in melius apportate alle sanzioni previste per l’illecito di cui all’art. 187-ter.

Corte Costituzionale, sentenza 21/03/2019, n. 63

Fonte: http://www.ipsoa.it/documents/impresa/contratti-dimpresa/quotidiano/2019/03/22/abuso-informazioni-privilegiate-sanzione-amministrativa-gode-retroattivita-legge-favorevole

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