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Archivio newsEtà di pensionamento e parità di retribuzione: obblighi vincolanti per gli Stati membri
Con la sentenza Barber si è reso necessario, per i regimi pensionistici, procedere all’allineamento dell’età normale di pensionamento per consentire ai lavoratori di beneficiare del medesimo trattamento favorevole riservato alle lavoratrici. Pertanto l’Avvocato Generale della Corte di Giustizia UE nelle conclusioni del 28 marzo 2019 nella causa n. 171/18, ha dichiarato che il diritto dello Stato membro deve garantire che la parità di trattamento in materia di età normale di pensionamento sia un obbligo vincolante pienamente effettivo sul piano fattuale e giuridico e che i mezzi di ricorso predisposti dal diritto dello Stato membro per assicurare la parità di retribuzione in materia di età normale di pensionamento non rendano l’esercizio di tale diritto impossibile nella pratica o eccessivamente difficile.
E’ stato chiesto il parere dell’Avvocato della Corte di Giustizia UE nella causa n. C-171/18 in merito a quanto disposto dal diritto dell’Unione per garantire l’applicazione effettiva del principio della parità di retribuzione tra i lavoratori di sesso maschile e quelli di sesso femminile per uno stesso lavoro, in circostanze in cui il diritto dello Stato membro non prevede un termine per fare valere in giudizio la sua presunta violazione e un privato mira a ottenere, nei confronti di altro privato, l’applicazione delle disposizioni in materia di parità di retribuzione. Le parti si trovano in sostanza in disaccordo sull’idoneità delle misure adottate da un fondo pensionistico nel 1991, in conseguenza della sentenza Barber della Corte, a soddisfare i requisiti stabiliti da detta sentenza per ciò che concerne la parità di retribuzione in materia pensionistica. Il principio di portata più generale, previsto dal diritto dell’Unione, secondo cui i diritti devono essere accompagnati da mezzi di ricorso giurisdizionali effettivi è altresì rilevante ai fini della controversia.
La Corte d’appello d’Inghilterra e Galles, Regno Unito, solleva la questione se una modifica dell’atto costitutivo di trust che disciplina il regime pensionistico in oggetto realizzata nel 1996, ma che rifletteva modifiche alla sua gestione introdotte nel 1991, è compatibile con il divieto sancito nella giurisprudenza della Corte di allineamento retroattivo verso il basso, mediante parificazione dell’età di pensionamento dei lavoratori di sesso maschile e di quelli di sesso femminile, imponendo a quest’ultima categoria l’età di pensionamento dei primi, nell’attesa che fosse data attuazione alla sentenza pronunciata dalla Corte nella causa Barber.
L’Avvocato Generale della Corte di Giustizia Ue nel fornire i chiarimenti evidenzia che per risolvere la questione è da prendere in considerazione la sentenza relativa ad una controversia risolta in favore del sig. Barber, e che la stessa sia molto importante poiché significa che sono ora inevitabili modifiche a molti regimi pensionistici aziendali in relazione alle diverse età di pensionamento previste per i lavoratori di sesso maschile e quelli di sesso femminile. Non vi è ancora assoluta certezza sulle future implicazioni pratiche di tale decisione ma la Società e il Trustee hanno deciso che è giusto procedere all’allineamento dell’Età Normale di Pensionamento. Con tale sentenza infatti è stato definito il periodo dell’«allineamento verso l’alto» diventato noto, perlomeno nel Regno Unito, come la «finestra Barber».
In sintesi, mentre i fondi pensione erano liberi, per il futuro, di rispondere alla sentenza Barber con un allineamento verso il basso, ossia elevando l’ENP dei lavoratori di sesso femminile a quella dei lavoratori di sesso maschile (e nel procedimento principale a 65 anni), prima dell’adozione di tali misure, la categoria svantaggiata, ovverosia i lavoratori di sesso maschile, dovevano beneficiare del medesimo trattamento riservato alla categoria favorita e cioè i lavoratori di sesso femminile. Pertanto, a partire dal 17 maggio 1990, data della sentenza Barber, fino all’istituzione da parte di un fondo pensione di misure volte a garantire la parità di retribuzione per uno stesso lavoro tra lavoratori di sesso maschile e quelli di sesso femminile, mediante applicazione a entrambi i sessi della medesima ENP, i lavoratori di sesso maschile dovevano beneficiare del medesimo trattamento favorevole riservato ai lavoratori di sesso femminile.
Dopo aver analizzato il caso, nelle sue conclusioni del 28 marzo 2018, l’Avvocato propone alla Corte di Giustizia UE di rispondere al giudice di rinvio nei termini che seguono:
“nel determinare la data in cui un fondo pensione ha introdotto possibili misure riguardanti i periodi di servizio che sono stati prestati dopo la sentenza Barber (C 262/88, EU:C:1990:209), allo scopo di garantire l’applicazione del principio di parità di retribuzione per uno stesso lavoro tra lavoratori di sesso maschile e di sesso femminile relativamente all’età normale di pensionamento, che è questione che spetta al giudice del rinvio decidere, occorre prestare il dovuto riguardo al fatto che il diritto dello Stato membro deve garantire che la parità di trattamento in materia di età normale di pensionamento sia un obbligo vincolante pienamente effettivo sul piano fattuale e giuridico e che i mezzi di ricorso predisposti dal diritto dello Stato membro per assicurare la parità di retribuzione in materia di età normale di pensionamento non rendano l’esercizio di tale diritto impossibile nella pratica o eccessivamente difficile. Allo stesso tempo, il sistema di tutela giurisdizionale a garanzia della parità di trattamento in materia di età normale di pensionamento deve essere lo stesso previsto per analoghi ricorsi di natura puramente interna.
Nel periodo precedente l’adozione delle suddette misure e in cui la finestra Barber rimane aperta, il divieto sancito dal diritto dell’Unione di allineamento retroattivo verso il basso, che preclude l’imposizione nei confronti dei lavoratori di sesso femminile (la categoria favorita) della stessa età di pensionamento prevista per i lavoratori di sesso maschile (la categoria svantaggiata), è applicabile anche nel caso in cui le regole di un regime pensionistico conferiscono una facoltà, a livello del diritto nazionale, previo emendamento del suo atto costitutivo di trust, di ridurre retroattivamente il valore dei diritti pensionistici maturati da entrambe le categorie di lavoratori summenzionate nel periodo decorrente tra la data di un avviso scritto delle modifiche del regime previste e la data in cui l’atto costitutivo è effettivamente emendato”.
Avvocato Generale della Corte di Giustizia UE, conclusioni 28/03/2019, causa n. C-171/18