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Soci che lavorano nell’impresa: doppio ruolo, doppia contribuzione

Con riferimento allo svolgimento di attività lavorativa nella società da parte dei soci è necessario soffermarsi sugli aspetti previdenziali e sulla questione legata alla doppia contribuzione. Il socio che esercita, infatti, attività in forma di impresa contemporaneamente all’esercizio di attività autonoma è tenuto a versare i contributi alla Gestione Separata INPS sul reddito da lavoro dipendente, per l’attività di lavoro autonomo e sugli utili alla Gestione Commercianti o Artigiani, per l’attività d’impresa. Si configura, quindi, una doppia contribuzione, ma non una doppia imposizione, in quanto gli importi assoggettati a contribuzione sono differenti. Cosa succede se il socio è un familiare?

Entro quali limiti è compatibile la prestazione di attività lavorativa nell’azienda contestualmente alla partecipazione al capitale sociale?

In primo luogo, occorre distinguere:

- il socio d’opera, ossia colui che partecipa alla società conferendo la propria attività lavorativa. Il socio d'opera non è un lavoratore dipendente della società ed il corrispettivo che riceve è sotto forma di partecipazione agli utili, in quanto partecipa al rischio d’impresa. L’attività lavorativa prestata e la qualifica di socio sono strettamente legate;

- il socio lavoratore: colui che, a prescindere dalla sua qualifica sociale, svolge un’attività lavorativa a favore della società in virtù di un contratto di lavoro distinto dal contratto societario. Il socio lavoratore, oltre a partecipare alla distribuzione degli utili, percepisce dalla società uno stipendio ed è soggetto agli obblighi previdenziali previsti per i lavoratori dipendenti. È solo il caso di specificare che, perché un socio possa anche essere dipendente della società cui partecipa, è necessario che la sua posizione all’interno della società quale socio non sia in conflitto con le caratteristiche proprie del lavoro dipendente, tra cui rileva l’assoggettamento del lavoratore alle altrui direttive.

Nell’analizzare la disciplina dell’attività lavorativa nella società da parte dei soci, è opportuno quanto doveroso soffermarsi sull’aspetto contributivo e sulle implicazioni legate all’eventuale doppia contribuzione.

Il tema affrontato nell’articolo è stato oggetto di approfondimento e discussione in aula nel quarto incontro dell’edizione 2018/2019, dedicato a “Contrattualistica collettiva nazionale e contratti particolari”.

Innanzitutto, l’obbligo contributivo in capo ai soci operanti si pone solo per gli artigiani e per i commercianti. Per questi soggetti sono istituite infatti apposite Gestioni (che dipendono dall’INPS), destinatarie dei relativi contributi e tenute a erogare le prestazioni previdenziali al verificarsi degli eventi tutelati dalla legge:

- la Gestione Commercianti;

- la Gestione Artigiani.

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L’obbligo di iscrizione alle rispettive Gestioni sorge solo in presenza di un requisito oggettivo e di uno soggettivo:

- il requisito oggettivo risiede nella categoria di appartenenza della società in base all’attività svolta in concreto, che deve rientrare nel settore terziario nel caso della Gestione Commercianti e nel settore artigianato nel caso della Gestione Artigiani.

- il requisito soggettivo sussiste per la Gestione Commercianti se il socio presta la propria attività all’interno della società in modo abituale e prevalente, indipendentemente dal numero di soci e a prescindere dal numero di dipendenti che lavorano nella società stessa. Nel caso invece della Gestione Artigiani sussiste se la maggioranza dei soci (uno, nel caso di due soci) presta la propria attività all’interno della società in modo abituale e la svolge in prevalenza con lavoro personale nel processo produttivo. Per alcune tipologie di società, sono richieste ulteriori condizioni.

Premesso che l’obbligo contributivo in capo ai soci operanti si pone solo per gli artigiani e per i commercianti, per analizzare il problema della eventuale doppia contribuzione occorre distinguere tra lo svolgimento di attività di lavoro subordinato e di lavoro autonomo da parte del socio lavoratore.

Il socio lavoratore subordinato deve versare all’INPS sul reddito da lavoro dipendente e alla Gestione Artigiani o Commercianti (in base al settore di attività) sugli utili.

Si configura quindi una doppia contribuzione ma non una doppia imposizione in quanto gli importi assoggettati a contribuzione sono differenti.

Il socio che svolge in un’unica impresa contemporaneamente più attività autonome assoggettabili a diverse forme di assicurazione obbligatoria IVS è iscritto nell’assicurazione prevista per l’attività alla quale dedica personalmente la sua opera professionale in misura prevalente.

Ciò significa che il problema della doppia contribuzione non si configura in quanto l’INPS applicando il criterio della prevalenza unifica le contribuzioni.

Il socio che esercita attività in forma di impresa contemporaneamente all’esercizio di attività autonoma per la quale è obbligatoria l’iscrizione alla Gestione Separata è tenuto a versare sia alla Gestione Separata INPS per l’attività di lavoro autonomo che alla Gestione Commercianti o Artigiani per l’attività d’impresa.

In tal caso quindi non opera l’unificazione della contribuzione sulla base del parametro dell’attività prevalente, ma il lavoratore è tenuto alla doppia contribuzione.

Infine, merita una riflessione a parte il lavoro dei familiari nelle società di persone e di capitali.

La tradizionale presunzione di gratuità del lavoro familiare in quanto relativo ad una causa affectionis vel benevolentiae è stata modificata dall’art. 230 bis c.c. in tema di impresa familiare con l’effetto di confinare in un’area limitata quella del lavoro familiare gratuito.

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Nell’ambito delle società di persone trova applicazione la presunzione di gratuità del rapporto di lavoro tra familiari, fatta eccezione per il caso in cui la parte che sostiene il contrario riesca a provare in modo rigoroso l'esistenza di un rapporto contraddistinto dall'onerosità delle prestazioni stesse.

Nell’ambito delle società di capitali, salve particolari situazioni da valutare nello specifico, la prestazione del familiare deve presumersi normalmente onerosa, poiché la figura del datore di lavoro si identifica nella persona giuridica della società e non nelle persone fisiche degli amministratori.

L’impresa familiare rappresenta un istituto residuale; oltre al titolare, ad essa collaborano uno o più familiari ossia il coniuge, i parenti entro il terzo grado e gli affini entro il secondo.

Salvo che sia configurabile un diverso rapporto, il familiare che presta in modo continuativo e prevalente la sua attività nella famiglia o nell'impresa familiare ha diritto al mantenimento e partecipa agli utili nonché agli incrementi dell'azienda, in proporzione alla quantità e alla qualità del lavoro prestato.

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Fonte: http://www.ipsoa.it/documents/lavoro-e-previdenza/lavoro-autonomo/quotidiano/2019/04/02/soci-lavorano-impresa-doppio-ruolo-doppia-contribuzione

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