News
Archivio newsConcorrenza: analisi delle forme di geo-discriminazione dei clienti nel mercato UE
Assonime analizza, con la circolare n. 11 del 2019, il regolamento UE volto a impedire il geo-blocking e le altre forme di geo-discriminazione dei clienti nel mercato interno. La finalità del regolamento è quella di contribuire al buon funzionamento del mercato impedendo le forme di discriminazione basate, direttamente o indirettamente, sulla nazionalità, sul luogo di residenza o sul luogo di stabilimento dei clienti. In Italia la competenza ad assicurare l’attuazione della disciplina spetta all’Autorità garante della concorrenza e del mercato avrà che a tal fine, potrà utilizzare i poteri di indagine e sanzionatori di cui dispone in materia di pratiche commerciali scorrette.
Con la circolare n. 11 del 12 aprile 2019, dal titolo “Geo-blocking e altre forme di geo-discriminazione: il regolamento (UE) n. 2018/302” Assonime analizza appunto il regolamento (UE) 2018/302 volto a impedire il geo-blocking e le altre forme di geo-discriminazione dei clienti nel mercato interno. E’ questa una delle principali misure adottate in questi anni nell’ambito della Digital Single Market Strategy.
Il Regolamento, direttamente applicabile dal 3 dicembre 2018, vieta alle imprese di limitare l’accesso dei clienti alle interfacce online, quali siti internet e applicazioni, e di applicare condizioni generali differenti per le transazioni relative a beni e servizi in ragione della nazionalità, della residenza o del luogo di stabilimento del cliente finale.
Rispetto alla normativa europea preesistente il Regolamento individua ex lege alcune situazioni in cui il trattamento differenziato dei clienti per motivi geografici non è oggettivamente giustificato.
Nonostante il rapido sviluppo, l’e-commerce non riesce ad esprimere appieno il suo potenziale e a svolgere quel ruolo chiave che potrebbe avere per l’integrazione dei mercati. Infatti in Europa sono ancora pochi sia i consumatori che effettuano acquisti online oltre frontiera sia le imprese che offrono beni e servizi online al di fuori dei confini nazionali. Tra gli ostacoli allo sviluppo dell’e-commerce transfrontaliero, sono state individuate alcune pratiche commerciali consistenti rispettivamente:
- nel geo-blocking (o ‘blocco geografico’), ossia nell’impedire gli acquisti transfrontalieri limitando l’accesso del cliente alle interfacce online come i siti internet e le applicazioni, o impedendo la finalizzazione dell’acquisto in ragione della nazionalità, della residenza o del luogo di stabilimento del cliente;
- in altre forme di geo-discriminazione consistenti nell’applicare condizioni generali differenti per le transazioni, sia online che offline, relative a beni e servizi, in ragione della nazionalità, della residenza o del luogo di stabilimento del cliente (“geo-filtering”).
La finalità del Regolamento è proprio quella di “contribuire al buon funzionamento del mercato interno impedendo il geo-blocking ingiustificato e altre forme di discriminazione basate, direttamente o indirettamente, sulla nazionalità, sul luogo di residenza o sul luogo di stabilimento dei clienti, nonché chiarendo ulteriormente alcune situazioni in cui un trattamento diverso non può essere giustificato a norma dell’articolo 20, paragrafo 2 della direttiva 2006/123/CE”.
Il Regolamento introduce in capo ai professionisti tre divieti di discriminazione dei clienti per motivi connessi alla nazionalità, al luogo di residenza o al luogo di stabilimento:
- il divieto di limitare, per questi motivi, l’accesso alle interfacce online;
- il divieto, in specifiche circostanze, di applicare condizioni diverse di accesso ai beni e ai servizi;
- il divieto di applicare condizioni diverse per le operazioni di pagamento.
La disciplina europea sul geo-blocking, è contenuta in un Regolamento, ma Assonime precisa che è direttamente applicabile, senza necessità di norme di recepimento, anche se sarebbe auspicabile che gli Stati membri adeguino comunque il proprio ordinamento per assicurare un’efficace applicazione delle nuove disposizioni.
Ed infatti nello stesso regolamento è richiesto agli Stati membri:
- di designare uno o più organismi responsabili dell’adeguata ed efficace applicazione del regolamento stesso;
- di stabilire le misure applicabili nei confronti dei professionisti in caso di violazione delle disposizioni del Regolamento e garantirne l’attuazione.
In Italia, la legge europea è oggi all’esame del Senato in seconda lettura ed attribuisce la competenza ad assicurare l’attuazione della disciplina all’Autorità garante della concorrenza e del mercato che, a tal fine, potrà utilizzare i poteri di indagine e sanzionatori di cui dispone in materia di pratiche commerciali scorrette.
La procedura che dovrà essere applicata in caso di controversia tra un consumatore e un professionista attribuisce al Centro europeo dei consumatori per l’Italia un ruolo di assistenza ai consumatori in relazione all’applicazione del divieto di discriminazione previsto dalla Direttiva Servizi. Tale Centro è tenuto dunque a:
- ricevere le segnalazioni,
- prestare assistenza anche al fine di facilitare la comunicazione tra i clienti e il fornitore del servizio,
- ove appropriato, d’ufficio o su segnalazione, contattare il professionista al fine di ottenere il rispetto della disciplina, avvalendosi anche della rete dei centri europei dei consumatori.
Qualora tali iniziative non consentano di ottenere il rispetto della disciplina, il Centro nazionale invia un documentato rapporto all’Autorità garante della concorrenza e del mercato, che può intervenire applicando i poteri inibitori e sanzionatori previsti dal codice del commercio.
Entro il 23 marzo 2020 e successivamente ogni cinque anni, la Commissione europea è chiamata a riferire sul Regolamento al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale europeo. Nel regolamento è prevista una clausola di revisione che richiede alla Commissione di valutare sia l’impatto complessivo delle nuove regole sul mercato interno e sul commercio elettronico transfrontaliero, sia gli oneri amministrativi ed economici derivanti per i professionisti dall’esistenza di differenze tra gli Stati membri nelle regole applicabili ai contratti con i consumatori, al fine di elaborare un’eventuale proposta di modifica del Regolamento. In occasione della prima revisione prevista a meno di due anni dall’effettiva operatività della disciplina, la Commissione è chiamata a valutare se l’ambito di applicazione sia adeguato o vada ridefinito.