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Crisi d’impresa: le misure premiali penali per l’imprenditore in difficoltà

Tra le novità di maggior rilievo del Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza rientra la previsione di misure premiali a favore dell'imprenditore che abbia tempestivamente chiesto l'omologazione di un accordo di ristrutturazione o che abbia proposto l'istanza di composizione assistita della crisi, il concordato preventivo o un ricorso per l'apertura della procedura di liquidazione giudiziale. L’introduzione di queste misure riflette lo scopo che anima la riforma: far emergere tempestivamente la crisi d’impresa per consentire alle aziende ancora sane di evitare l’insolvenza, agevolando lo svolgimento di trattative tra debitore e creditori.

Sul versante del diritto penale sostanziale, pur nella dichiarata continuità normativa fra le fattispecie, la novità di maggior rilievo introdotta dal Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza (D.Lgs. n. 14/2019) è certamente costituita dalla previsione di misure premiali in favore dell'imprenditore che abbia tempestivamente:

i) proposto l'istanza di composizione assistita della crisi;

ii) chiesto l'omologazione di un accordo di ristrutturazione;

iii) proposto un concordato preventivo o un ricorso per l'apertura della procedura di liquidazione giudiziale.

Segnatamente, le misure sono state delineate nella duplice forma della previsione di una nuova causa di non punibilità (di cui al quarto comma, primo inciso dell’art. 25 del Codice) e di una circostanza attenuante ad effetto speciale (di cui al quarto comma, secondo inciso dello stesso articolo).

L’introduzione di misure premiali anche a livello penale riflette lo scopo che anima la riforma, ovvero quello di far emergere tempestivamente la crisi di impresa al fine di consentire alle realtà sì in crisi finanziaria, ma ancora “sane”, di evitare l’insolvenza, agevolando lo svolgimento di trattative tra debitore e creditori attraverso l’istituzione di un apposito organismo che assista il debitore, su sua istanza, nella procedura di composizione assistita della crisi (artt. 19 e ss. del Codice).

In questo specifico contesto, dunque, il comma quarto, primo inciso, dell’art. 25 stabilisce che quando, nei reati di cui agli articoli 322, 323, 325, 328, 329, 330, 331, 333 e 341, comma 2, lettere a) e b), limitatamente alle condotte poste in essere prima dell’apertura della procedura, il danno cagionato è di speciale tenuità, non è punibile chi ha tempestivamente presentato l’istanza all’organismo di composizione assistita della crisi d’impresa ovvero la domanda di accesso a una delle procedure di regolazione della crisi o dell’insolvenza di cui al presente codice se, a seguito delle stesse, viene aperta una procedura di liquidazione giudiziale o di concordato preventivo ovvero viene omologato un accordo di ristrutturazione dei debiti. Trattasi di una ipotesi speciale rispetto a quella prevista dall’art. 131 bis c.p..

Tale ipotesi – ragionevolmente limitata ai fatti pregressi all’apertura della procedura, ciò al fine di evitare di consegnare alla discrezionalità dell’imprenditore l’accesso all’area di non punibilità – nella parte in cui è ancorata alla speciale tenuità del danno, però, non solo potrebbe risultare di difficile applicazione a cagione della genericità del parametro evocato (che potrebbe, addirittura, relegarla alla sola ipotesi di assenza di danno), ma parrebbe stridere vistosamente con la natura di reato di pericolo (quand’anche concreto, secondo il paradigma fatto proprio dalla giurisprudenza di legittimità più attenta alla salvaguardia del volto costituzionale del delitto in discorso, cfr. Cass. Pen., sez. V, 24 marzo 2017, n. 17819 e Cass. Pen., Sez. V, 23 giugno 2017, n. 38396) dei reati di bancarotta fraudolenta.

Scollamento, questo, che è reso tanto più evidente, in primis, dalla ricostruzione operata nella stessa Relazione illustrativa, che sembra ricondurre i delitti di bancarotta fraudolenta nel tipo del reato di evento, là dove specifica che tale causa di non punibilità trova applicazione quando la condotta posta in essere dal debitore abbia effetti depauperativi del patrimonio estremamente modesti e di minimo impatto sul soddisfacimento delle ragioni creditorie, e ciò al fine di evitare che anche condotte assai risalenti rispetto all’evento assumano, a seguito dell’apertura della procedura, rilevanza penale.

In secundis, dall’utilizzo chiaro di termini evocativi di un nesso etiologico tra la condotta ed il danno (“danno cagionato”), che, tuttavia, a ben vedere, si ritrova già nella stessa legge delega (cfr. art. 4 lett. h, l. 19 ottobre 2017, n, 155).

Passando ora alla disamina del secondo inciso del quarto comma dell’articolo 25, esso introduce la previsione di una nuova circostanza attenuante ad effetto speciale, stabilendo che, fuori dai casi in cui risulta un danno di speciale tenuità, per chi ha presentato l’istanza o la domanda la pena è ridotta fino alla metà quando, alla data di apertura della procedura di regolazione della crisi o dell’insolvenza, il valore dell’attivo inventariato o offerto ai creditori assicura il soddisfacimento di almeno un quinto dell’ammontare dei debiti chirografari e, comunque, il danno complessivo cagionato non supera l’importo di 2.000.000 euro.

La lettura di questa norma rende evidente che essa ruota intorno al raffronto quantitativo fra attivo e passivo della procedura, il che restringe il campo di applicazione della circostanza in questione, introducendo un limite in realtà non previsto nella legge delega.

Del resto, la scarsa aderenza al criterio direttivo posto dalla legge del 2017 emerge anche con riferimento al perimetro applicativo della disposizione, fissato (cfr. art. 4, lett. h, l. n. 155/2017) entro l’ambito dei reati diversi da quelli previsti dalla legge fallimentare (come induce a ritenere la formulazione letterale della norma che vede la contrapposizione fra la previsione della causa di non punibilità “per il delitto di bancarotta semplice e per gli altri reati previsti dalla legge fallimentare” e la previsione della circostanza in discorso “per gli altri reati”).

Laddove, il nuovo codice stabilisce una continuità fra l’ambito applicativo della causa di non punibilità prevista dalla prima parte della disposizione e quello della circostanza di cui all’ultimo periodo della stessa, resa evidente dalla clausola di salvezza che apre la disposizione che ci occupa (fuori dai casi in cui risulta un danno di speciale tenuità). Clausola, questa, che esclude dalla applicazione di tale circostanza il caso della speciale tenuità del danno, oggetto invece della causa di non punibilità e segna, al contempo, la identità fra i due ambiti di disciplina.

Fonte: http://www.ipsoa.it/documents/impresa/fallimento-e-procedure-concorsuali/quotidiano/2019/04/20/crisi-impresa-misure-premiali-penali-imprenditore-difficolta

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