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Archivio newsInsider trading: alla Corte Ue la decisione sul “diritto al silenzio”
La Corte costituzionale ha rilevato che il diritto comunitario stabilisce a carico degli Stati l’obbligo di sanzionare la mancata collaborazione con le autorità di vigilanza sui mercati finanziari. Pertanto, prima di decidere se sia costituzionalmente legittimo sanzionare la mancata ottemperanza nei termini alle richieste della Commissione nazionale per le società e la borsa (CONSOB), ha ritenuto di chiedere alla Corte Ue se quest’obbligo valga anche nei confronti di chi è sospettato di aver commesso un illecito, e se comunque sia compatibile con il “diritto al silenzio”, cioè con il diritto di non essere costretto a rendere dichiarazioni autoaccusatorie, riconosciuto tanto dalla Costituzione italiana quanto dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.
La Corte di cassazione ha chiesto alla Corte Costituzionale se l’art. 187-quinquesdecies del d.lgs. n. 58 del 1998 sia costituzionalmente illegittimo, nella parte in cui sanziona la mancata ottemperanza nei termini alle richieste della Commissione nazionale per le società e la borsa (CONSOB), ovvero la causazione di un ritardo nell’esercizio delle sue funzioni, «anche nei confronti di colui al quale la medesima CONSOB, nell’esercizio delle proprie funzioni di vigilanza, contesti un abuso di informazioni privilegiate».
La questione nasce dalla vicenda dell’amministratore di una società sottoposto a una pesante sanzione pecuniaria per non avere risposto alle domande della CONSOB su operazioni finanziarie sospette da lui compiute. L’interessato aveva impugnato la sanzione, sostenendo di aver semplicemente esercitato il diritto costituzionale di non rispondere a domande da cui sarebbe potuta emergere la propria responsabilità. La Corte di cassazione, investita del caso, aveva sollevato questione di legittimità costituzionale della norma del Testo unico sulla finanza che prevede una sanzione da 50.000 a un milione di euro a carico di chi “non ottempera nei termini alle richieste della CONSOB”, senza prevedere alcuna eccezione in favore di chi sia già sospettato di aver commesso un illecito.
La Corte Costituzionale, nell’ordinanza n. 117/2019 del 10 maggio 2019, rileva che la questione è proposta in riferimento a una pluralità di parametri, taluni dei quali di matrice nazionale (il diritto di difesa e il principio della parità tra le parti nel processo, di cui rispettivamente agli artt. 24, secondo comma, e 111, secondo comma, della Costituzione), altri di matrice internazionale ed europea (il diritto a un processo equo, di cui agli artt. 6 CEDU, 14 del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici, e 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea), questi ultimi pure suscettibili di determinare l’illegittimità costituzionale della disposizione censurata in forza degli artt. 11 e 117, primo comma, Cost.
La Corte ritiene che il dubbio di legittimità costituzionale prospettato si risolva essenzialmente nell’interrogativo se sia costituzionalmente legittimo sanzionare, ai sensi dell’art. 187-quinquiesdecies del d.lgs. n. 58 del 1998, chi si sia rifiutato di rispondere a domande dalle quali sarebbe potuta emergere la propria responsabilità, nell’ambito di un’audizione disposta dalla CONSOB nell’esercizio delle sue funzioni di vigilanza. Non pare infatti che il “diritto al silenzio”, fondato sulle norme costituzionali, europee e internazionali, possa di per sé legittimare il rifiuto del soggetto di presentarsi all’audizione disposta dalla CONSOB, né il suo indebito ritardo nel presentarsi alla stessa audizione, purché sia garantito il suo diritto a non rispondere alle domande che gli vengano rivolte durante l’audizione stessa.
La Corte ha più volte affermato che le sanzioni amministrative previste nell’ordinamento italiano in materia di abuso di informazioni privilegiate costituiscono, in ragione della loro particolare afflittività, misure di natura “punitiva”, così come, peraltro, ritenuto dalla stessa Corte di giustizia UE.
La Corte costituzionale ha rilevato che il diritto comunitario stabilisce a carico degli Stati l’obbligo di sanzionare la mancata collaborazione con le autorità di vigilanza sui mercati finanziari. Pertanto, prima di decidere la questione di legittimità costituzionale, ha ritenuto di chiedere alla Corte Ue se quest’obbligo valga anche nei confronti di chi è sospettato di aver commesso un illecito, e se comunque sia compatibile con il “diritto al silenzio”, cioè con il diritto di non essere costretto a rendere dichiarazioni autoaccusatorie, riconosciuto tanto dalla Costituzione italiana quanto dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.
Corte Costituzionale, sentenza 10/05/2019, n. 117/2019