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Il futuro del lavoro è nella formazione. Come vincere la sfida?

L’Ocse, in un recente rapporto, ci dice come cambierà l’occupazione con l’avvento delle nuove tecnologie nei processi produttivi. Emerge un dato significativo. Nel prossimo futuro quasi la metà dei lavori saranno trasformati dall’automazione e sei lavoratori su dieci non avranno le giuste competenze informatiche. E, in Italia, i sistemi di formazione professionale (dice il rapporto) non sono ben “equipaggiati”. Qualche buona notizia sembra venire dalla contrattazione collettiva. Dal settore metalmeccanico, per esempio, dove i sindacati hanno negoziato aumenti salariali inferiori alle attese, in cambio di formazione per tutti i lavoratori. Potrebbe essere la strada per affrontare le sfide dell’innovazione?

Il recente rapporto dell’Ocse “The future of work. Employment Outlook 2019” mette in relazione le prospettive dell’occupazione con l’avvento delle nuove tecnologie nella produzione.

La considerazione di apertura della “Scheda Paese” dedicata all’Italia dice che “anche se il numero di occupati probabilmente non diminuirà, la qualità del lavoro e le disuguaglianze tra lavoratori potrebbero peggiorare”. Dunque, la preoccupazione non deriva tanto da un timore per la diminuzione dell’occupazione complessiva dovuta all’automazione, ma dalla difficoltà della transizione: “vi sono preoccupazioni sulla qualità di alcuni dei nuovi posti di lavoro che sono creati e, senza un'azione immediata, le disparità del mercato del lavoro potrebbero aumentare, dato che alcuni lavoratori affrontano rischi maggiori di altri”.

Tendenze, peraltro, generalizzate nei Paesi dell’area Ocse, sintetizzate dalla stessa Organizzazione, nella presentazione del Rapporto: “Anche mentre vengono creati nuovi posti, c’è preoccupazione rispetto al peggioramento delle prospettive per il lavoro e delle condizioni dell’occupazione. Un lavoratore su sette è autonomo e uno su nove ha contratti temporanei. Molti lavorano part-time. I lavoratori temporanei e part-time hanno spesso difficoltà nell’accedere al trattamento di disoccupazione, assicurazione sanitaria e pensione. È necessario adattare le protezioni sociali alla realtà attuale. Le tecnologie e l’automazione influenzano le abilità necessarie sul lavoro. Quasi la metà dei lavori saranno trasformati dall’automazione. Circa il 14% sono ad alto rischio di completa automazione e un altro 32% sarà probabilmente modificato radicalmente. Quali sono le sfide? Sei lavoratori su dieci non hanno competenze o esperienza minime in informatica. Le persone che hanno maggior necessità di formazione hanno possibilità minime di ottenerla. Dobbiamo agire adesso per il futuro del lavoro per tutti”.

Un quadro molto chiaro su cui si innesta il fatto che, per quel che riguarda il nostro Paese, “la quota di lavoro temporaneo è superiore alla media Ocse ed è cresciuta notevolmente nell'ultimo decennio. Inoltre, la quota di lavoratori sotto occupati è più che raddoppiata dal 2006, ed è ora la più alta tra i paesi Ocse [...]; molti di coloro che hanno contratti ‘atipici’ (non a tempo indeterminato) spesso hanno protezioni solo parziali” cosa che vale anche per chi svolge un lavoro autonomo.

Prendiamo ancora un’osservazione dal rapporto: “la maggior parte dei sistemi di formazione continua per adulti non è ben equipaggiata per questa sfida. Il 40% degli adulti partecipa alla formazione in media in un dato anno nei paesi Ocse, ma chi ne ha più bisogno (i lavoratori a bassa qualifica e quelli con contratti atipici) riceve meno formazione e non sempre di buona qualità. [...] Il sistema italiano di formazione permanente non è attrezzato per le sfide future. Solo il 20,1% degli adulti in Italia ha partecipato a programmi di formazione professionale nell’anno precedente la rilevazione”.

E qui, è necessario innestare una riflessione sul Reddito di cittadinanza, che prevedeva una complessa struttura di politiche attive per il lavoro - incluso un pacchetto di ore di formazione - che non ha però, per il momento, preso il via. Nulla si sa della piattaforma informatica che avrebbe dovuto mettere in relazione, attraverso l’attività dei navigator, domanda e offerta di lavoro. Gli stessi navigator sono stati dimezzati nel numero e derubricati ad assistenti tecnici negli Uffici per il Lavoro delle Regioni, peraltro già strutturalmente inadeguati rispetto alle necessità. Nell’insieme, dunque, non si vedono all’orizzonte progressi strutturali nel sistema italiano di politiche pubbliche per la formazione e l’occupazione.

Consulta il dossier Reddito di cittadinanza

Cosa funziona, dunque, nel nostro Paese? Qualche buona notizia viene dalla contrattazione collettiva. “Nel 2016, ad esempio - rileva il rapporto -, i sindacati del settore metalmeccanico in Italia hanno negoziato aumenti salariali inferiori alle attese in cambio di formazione per tutti i lavoratori, indipendentemente dall'azienda per cui lavorano”. Dunque, è dal confronto tra le forze produttive che emergono soluzioni virtuose e di questo si dovrebbe tener conto. Ma questi sforzi positivi devono essere sostenuti dalla realizzazione di piani e politiche nazionali la cui messa in opera è responsabilità di chi governa.

Non c’è dubbio, dunque, che il primo passo da compiere sia accettare un confronto serio, continuo e fattivo con le parti sociali.

Fonte: http://www.ipsoa.it/documents/lavoro-e-previdenza/rapporto-di-lavoro/quotidiano/2019/05/25/lavoro-formazione-vincere-sfida

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