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Archivio newsSocietà semplice di persone: i vantaggi per la gestione del patrimonio familiare
La società semplice di persone, efficace anche per la gestione delle realtà imprenditoriali più complesse, è il modello societario tra i più utilizzati soprattutto per la pianificazione e per la gestione patrimoniale degli assets familiari. Impiego flessibile e vantaggi in tema di governance compensano di gran lunga gli assenti vantaggi fiscali che, invece, sono il connotato principale di altri modelli societari. L’ampia autonomia statutaria consente, poi, ai soci di regolare, secondo le loro esigenze, la struttura organizzativa ed i propri rapporti. Quali sono gli altri vantaggi?
Che le famiglie imprenditoriali italiane facessero ricorso alla società semplice già in tempi remoti, per gestire ed organizzare il proprio patrimonio, è cosa nota. Tuttavia, una serie di circostanze, approfonditamente analizzate nella circolare n. 2 del 2019 della Fondazione Centro Studi UNGDCEC, hanno rivalutato il ruolo della società semplice determinandone un impiego su scala nazionale, ed in diversi settori.
Le possibilità di utilizzo della società semplice sono davvero notevoli sotto vari profili, ma una circostanza va chiarita subito: il concetto di “cassaforte”, applicato alle ipotesi in cui gli assets familiari richiedano una gestione unitaria attraverso uno strumento specifico, evoca l’idea di una duratura impermeabilità dei beni che compongono il patrimonio del veicolo, rispetto alle vicende della vita personale e patrimoniale dei soci che hanno contribuito alla formazione di quello specifico patrimonio.
Nella società semplice ciò non accade, o quanto meno non accade in linea generale.
Ciò in quanto il patrimonio conferito dal socio non trova nella società semplice uno schermo protettivo, a tutela della sua integrità, tale da renderlo inattaccabile da aggressioni di terzi.
La disciplina delineata dal codice civile (art.2252) subordina la modifica del contratto sociale al consenso di tutti i soci, circostanza che – secondo l’orientamento della giurisprudenza di merito e legittimità – determina l’impossibilità per le quote di una società di persone di essere oggetto di esecuzione forzata da parte del creditore particolare del socio, in quanto il primo verrebbe a sostituirsi al secondo, comportando una modifica forzata del rapporto sociale che prescinde dalla volontà degli altri soci, e che quindi per sua natura è inconciliabile con il carattere tipico delle società di persone le quali privilegiano la componente “personalistica” dei partecipanti al contratto sociale (sul punto, Cass. n. 15605/02).
All’aggressione del creditore particolare del socio, quindi, la società semplice offre una forma di resistenza, tuttavia limitata alla costanza del rapporto societario, potendo il creditore, ai sensi dell’art. 2270 c.c. compiere atti conservativi sulla quota spettante al socio nella fase liquidazione.
Inoltre, il successivo comma 2 dello stesso articolo, prevede che se gli altri beni del debitore non sono sufficienti a soddisfare il creditore particolare, questi può chiedere in ogni tempo la liquidazione della quota del suo debitore.
Quanto esposto ha la sua valenza fintanto che i soci, in sede di costituzione, non abbiano previsto la libera trasferibilità delle quote, scelta che se effettuata, in un’ottica di maggiore autonomia nella gestione e circolazione del proprio patrimonio, determina inevitabilmente l’applicazione delle regole ordinarie, con possibilità di espropriazione della quota della società semplice anche nelle ipotesi in cui sia stato previsto il diritto di prelazione in favore degli altri soci.
Possiamo quindi dire, pacificamente, che conferendo dei beni in società semplice, non si determina quel livello di intangibilità del patrimonio che caratterizza altri strumenti (si pensi al Trust o alle Polizze) i quali comunque consentono di gestire unitariamente un complesso eterogeneo di assets, ma con un livello di segregazione che possiamo definire totale.
Non una “cassaforte”, quindi, ma un “contenitore”.
Un contenitore, tra l’altro, straordinariamente valido, in quanto la società semplice presenta dei macro pregi di eccezionale rilevanza, che su alcuni aspetti rendono questo veicolo di gran lunga preferibile ad altri strumenti a servizio della pianificazione patrimoniale.
Primo su tutti: la società semplice ha limitatissimi obblighi di natura formale, non ci sono organi sociali obbligatori, obblighi di bilancio, ed obblighi di tenuta delle scritture contabili (ai sensi dell’art. 2214). Inoltre, la società semplice, non potendo svolgere attività commerciale, non è un soggetto fallibile.
Ulteriore vantaggio, è dato dalla rilevante autonomia statutaria che consente ai soci di regolare, secondo le loro esigenze, la struttura organizzativa ed i propri rapporti.
Ed è qui che l’utilizzo nelle realtà familiari trova la sua massima esaltazione, laddove l’imprenditore/genitore voglia iniziare a strutturare il suo patrimonio in un’ottica anche successoria.
Spesso i soggetti spaventati dal concetto di “spossessamento” (e che per questo motivo ripudiano il ricorso al Trust) ma con una maggiore familiarità verso i veicoli societari, che gli consentono comunque una forma di godimento diretto del patrimonio, trovano nello statuto sociale, modellabile secondo le proprie esigenze più disparate, un valido alleato.
E’ facilmente prevedibile, infatti, se il patrimonio vuole essere messo esclusivamente a servizio della famiglia nucleare, che le quote sociali debbano circolare solo all’interno della famiglia, escludendo, ad esempio, per espresso patto scritto, i non consanguinei e così limitando la circolazione delle quote solo in favore di alcuni soci/familiari, per evitare la dispersione del patrimonio al momento in cui la famiglia, inevitabilmente, si allargherà con l’ingresso di coniugi e figli.
Ed allo stesso tempo, potrà regolarsi anche la modalità di liquidazione della quota stessa in capo all’erede (clausola quanto mai opportuna nei casi di società con assets prevalentemente illiquidi), prevedendo che questa possa avvenire anche in natura, con criteri che possano predeterminarne il valore, i tempi di attribuzione, e tutte le ulteriori ipotesi valide sia ad evitare dissidi con l’erede, e sia scompensi per la società ed il suo patrimonio.
Possono essere costruite delle clausole per regolare le necessità più disparate, ivi comprese quelle determinate dalla presenza di figli che sono portatori di particolari esigenze, o che non si ritengono idonei ad una gestione autonoma della ricchezza familiare.
In tali casi, possono essere inseriti nella compagine societaria dei soci d’opera (il commercialista o l’avvocato di famiglia), i quali ritraggono la loro partecipazione dalla circostanza che svolgono attività di consulenza nei confronti della società.
Il ruolo di questi soggetti fa sì che, al momento in cui verrà a mancare il genitore/imprenditore, il figlio/socio portatore di esigenze particolari, o non ancora autonomo nella gestione del patrimonio di famiglia, debba ottenere dai soci d’opera il consenso per compiere determinate operazioni (ad esempio il disinvestimento dei titoli) e che queste vengano autorizzate sulla base di particolari circostanze (acquisto prima casa, avvio di attività) dai soci a tal scopo preposti.
Tale specifica circostanza rende la società semplice come alternativa più flessibile (e più economica) del Trust, senza privare l’erede della possibilità di attingere dal patrimonio di famiglia, che però, inserito in un contenitore così strutturato e gestito con l’ausilio di controllori (o soci “cuscinetto”) rimane così intestato alla società, e gestito in maniera unitaria e funzionale.