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Inserimento dei giovani al lavoro: era proprio necessaria una nuova agevolazione?

Il nuovo incentivo per l’assunzione di giovani diplomati, previsto dal decreto Crescita, che si aggiunge alle numerose agevolazioni introdotte negli scorsi anni, pone le imprese nella non semplice scelta della misura più conveniente. In particolare, l’incentivo prevede uno sgravio contributivo a favore delle aziende che donano 10.000 euro all’anno alle istituzioni scolastiche di secondo grado, con percorsi di istruzione tecnica e professionale, per la realizzazione, la riqualificazione e l’ammodernamento di laboratori professionalizzanti e che assumono, a conclusione del ciclo scolastico, giovani diplomati con contratti a tempo indeterminato. Dall’analisi della norma sorge una domanda: conviene al datore di lavoro attivarsi per il nuovo incentivo o guardare a quelli già esistenti (se operativi)?

Con l’art. 49-ter del decreto Crescita (D.L. n. 34/2019, convertito, con modificazioni, nella l. n. 58/2019), il Legislatore continua a “sfornare” incentivi per l’inserimento dei giovani nel mercato del lavoro, aggiungendo altre norme ad un quadro legislativo disomogeneo e fortemente variegato e dimenticandosi, cosa importante, che precedenti provvedimenti, di analogo contenuto, non sono ancora operativi in quanto in attesa (ed i tempi “tecnici” sono abbondantemente scaduti) dei provvedimenti attuativi (Decreti Ministeriali, circolari applicative, ecc.).

La tecnica legislativa prevede la emanazione di una norma che, tuttavia, rimanda, pressoché sempre, a provvedimenti successivi per la piena applicazione. Ciò crea confusione tra gli operatori e limita, fortemente, l’effetto, positivo, delle disposizioni.

Di quanto appena detto ne sono palese testimonianza misure finalizzate a favorire l’occupazione che, per una serie di motivi, anche diversi, sono rimaste “al palo”.

Mi riferisco, senza andare lontano, pur essendo tale comportamento presente anche nei Governi precedenti:

- al D.M. “concertato” tra il Ministro del Lavoro e quello dell’Economia che, richiesto dall’art. 1, comma 3, del D.L. n. 87/2018, finalizzato alla fruizione degli incentivi per il 2019 e 2020 in favore di chi assume giovani di età compresa tra i 30 ed i 35 anni al primo rapporto a tempo indeterminato. Tale provvedimento doveva uscire entro l’11 settembre 2018 ma non è stato ancora emanato. La conseguenza è una soltanto: i benefici sono bloccati e i datori di lavoro che intendono assumere con le agevolazioni tali giovani non possono farlo se non “pagando” la contribuzione piena;

- al “bonus eccellenze” in favore delle aziende che assumono giovani laureati, con il massimo dei voti, entro il 30 giugno 2019 e che non è stato “sbloccato” mancando la circolare operativa dell’INPS, richiesta, esplicitamente, dalla norma (le assunzioni a tempo indeterminato debbono essere effettuate entro il prossimo 31 dicembre) e sono accompagnate da uno sgravio contributivo per un massimo di 8.060 euro per dodici mesi, con esclusione dei premi e dei contributi INAIL;

- ai provvedimenti attuativi per l’inserimento lavorativo, incentivato con benefici, dei soggetti titolari del reddito di cittadinanza (art. 8 del D.L. n. 4/2019) che ancora non sono operativi;

- al “Bonus Sud 2019” ove si è in attesa della circolare applicativa dell’INPS.

Fatta questa breve premessa, ritengo utile entrare, subito, nel merito di quest’ultimo provvedimento disciplinato dall’art. 49-ter della l. n. 58/2019.

“Alfine di favorire e di potenziare l’apprendimento delle competenze professionali richieste dal mercato del lavoro e l’inserimento dei giovani nel mercato del lavoro, a coloro che dispongono erogazioni per un importo non inferiore, nell’arco dell’anno, a 10.000 euro per la realizzazione, la riqualificazione e l’ammodernamento di laboratori professionalizzanti in favore di istituzioni scolastiche di secondo grado con percorsi di istruzione tecnica e professionale, anche ad indirizzo agrario, e che assumono, a conclusione del ciclo scolastico, giovani diplomati attraverso le medesime istituzioni scolastiche con contratto di lavoro a tempo indeterminato è riconosciuto un incentivo, sotto forma di parziale esonero dal versamento dei contributi previdenziali a carico del datore di lavoro, con esclusione dei premi e dei contributi dovuti all’INAIL, per un periodo massimo di dodici mesi decorrenti dalla data di assunzione”.

L’agevolazione, che entrerà in vigore a decorrere dall’esercizio finanziario 2021, in favore dei titolari di reddito di impresa, non è cumulabile con gli altri benefici previsti per le medesime spese (e qui appare opportuno un chiarimento amministrativo) ed, inoltre, “condizione essenziale”, viene riconosciuta soltanto se le erogazioni liberali siano state effettuate sul conto di tesoreria delle istituzioni scolastiche con sistemi di pagamento tracciabili (ad esempio, bonifici bancari o postali).

La norma individua le tipologie di intervento ammesse che riguardano:

- laboratori professionalizzanti per lo sviluppo delle competenze;

- laboratori ed ambienti di apprendimento innovativo per l’utilizzo di tecnologie;

- ambienti digitali e innovativi per la didattica integrata;

- attrezzature e dispositivi hardware e software per la didattica.

La disposizione non entra subito in vigore in quanto necessita di un decreto “concertato” tra il Ministro dell’Istruzione e quello dell’Economia che dovrà essere varato entro il prossimo 28 settembre (ma, si sa, i termini per le strutture pubbliche non sono mai perentori, ma ordinatori).

Tale provvedimento ha l’onere di definire:

- le modalità ed i tempi delle erogazioni liberali;

- la misura dell’incentivo sulla base di criteri di proporzionalità;

- le modalità per il rispetto, anche in via prospettica, del limite di spesa (3 milioni di euro nel 2021 e 6 milioni all’anno a partire dal 2022). All’INPS spetterà il compito erogare le agevolazioni, di monitorare la spesa anche in relazione alle minori entrate contributive previste. Si tratta, in ogni caso, di un compito ormai usuale per l’Istituto che in tutti i recenti provvedimenti è stato incaricato di monitorare la spesa, anche in via prospettica.

Sulle istituzioni scolastiche di secondo grado destinatarie delle erogazioni liberali gravano una serie di oneri legati alla trasparenza, nel rispetto delle norme sulla “privacy”: il comma 6, infatti, stabilisce la pubblicazione, sul sito istituzionale, di tutte le risorse ricevute attraverso tale sistema, indicando le modalità di impiego, le attività realizzate e quelle in corso di realizzazione: il tutto senza alcun onere aggiuntivo per le finanze pubbliche.

Fin qui la norma che, almeno sotto l’aspetto lavoristico, necessita di alcuni chiarimenti, tenendo, da subito ben presente, che la retribuzione dovuta all’interessato è quella del livello di inquadramento e che, da subito, il giovane rientra nel computo previsto da leggi o contratti collettivi per l’applicazione di istituti ove vige il computo numerico.

L’assunzione deve essere a tempo indeterminato: questo soltanto afferma il comma 1 dell’art. 49-ter.

Da ciò si deduce che la stessa può essere anche a tempo parziale (a mio avviso, laddove il CCNL applicato indichi una soglia oraria minima, non si può scendere sotto la stessa, in quanto si verificherebbe il “non rispetto” di quanto previsto dall’art. 1, comma 1175, della l. n. 296/2006).

Il Legislatore non parla di contratto di apprendistato che è pur sempre un contratto a tempo indeterminato, sia pure a contenuto formativo e, di conseguenza, si ritiene che ne sia escluso (del resto, tale tipologia ha proprie regole ed agevolazioni del tutto diverse e, a mio avviso, anche maggiori).

Parimenti, si ritiene di escludere dall’ambito di applicazione il contratto di lavoro intermittente a tempo indeterminato, atteso che si tratta di una tipologia di natura episodica e saltuaria ove la prestazione lavorativa dipende unicamente dalla “chiamata” del datore di lavoro.

Mi sembra appena il caso di aggiungere che l’agevolazione non sia applicabile al contratto di lavoro domestico a tempo indeterminato, attesa la peculiarità del rapporto.

La norma parla di “parziale esonero della contribuzione” a carico del datore di lavoro “liberale” (che ha già erogato, nell’anno di riferimento, almeno 10.000 euro) per le assunzioni effettuate con contratto a tempo indeterminato in favore di giovani che hanno terminato gli studi nell’istituto scolastico destinatario del beneficio: tale incentivo è per dodici mesi, trascorsi i quali, par di capire, la contribuzione diviene piena.

Parziale esonero significa che lo stesso sarà in percentuale (lo stabilirà il D.M. “concertato”) e non potrà essere al 100% (tale ultima percentuale corrisponde ad un importo annuo di circa 8.000 euro su una retribuzione intorno ai 26.000 euro l’anno): ovviamente, nel rispetto della normativa attualmente vigente, l’agevolazione sarà condizionata, come recitano l’art. 1, comma 1175, della l. n. 296/2006, l’art. 31 del D.Lgs. n. 150/2015 ed i regolamenti comunitari:

- al rispetto della regolarità contributiva ed all’ottemperanza ad altre disposizioni in materia di sicurezza ed igiene sul lavoro;

- al rispetto del trattamento economico e normativo, anche scaturente dal secondo livello (se esistente), dei contratti collettivi sottoscritti dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale;

- all’ottemperanza della previsione contenuta nel citato art. 31 del D.Lgs. n. 150/2015 (tra gli oneri spicca il rispetto del diritto di precedenza),

- al rispetto della normativa comunitaria (“de minimis”, ecc.)..

In ogni caso, sarà l’INPS a fornire precise direttive amministrative sulla materia dopo, ovviamente, l’emanazione del D.M. “concertato”.

Il datore di lavoro che assumerà giovani che usciranno dall’istituto “beneficiato” dalla erogazione liberale dovrà pagare, per intero, la contribuzione ed i premi assicurativi dovuti all’INAIL.

Qui, il Legislatore ha usato una terminologia già adoperata in altre circostanze che, in passato, hanno indotto l’INPS ad affermare che l’esonero contributivo, anche parziale, non si applica per la “contribuzione minore”.

Di conseguenza, vi sono alcuni contributi che, ricorrendone le condizioni, continuano ad essere versati. Ci si riferisce:

- al contributo, se dovuto, al “fondo per l’erogazione ai lavoratori dipendenti del settore privato dei trattamenti di fine rapporto ex art. 2112 c.c.”, previsto dall’art. 1, comma 755 della l. n. 296/2006, per effetto di quanto affermato al successivo comma 756;

- al contributo, ove dovuto, ai Fondi bilaterali, alternativi e di solidarietà previsti dal D.Lgs. n. 148/2015, per effetto della esclusione prevista dal successivo art. 33, comma 4, nonché al Fondo di solidarietà territoriale intersettoriale della provincia autonoma di Trento, come previsto dall’art. 40 del D.Lgs. n. 148/2015;

- al contributo previsto dall’art. 25, comma 4, della l. n. 845/1978, pari allo 0,30% sulla retribuzione imponibile destinato, per i datori di lavoro che vi aderiscono, al finanziamento dei Fondi interprofessionali ex art. 118 della legge n. 388/2000;

- al contributo di solidarietà sui versamenti destinati alla previdenza complementare e/o ai fondi di assistenza sanitaria ex lege n. 166/1991;

- al contributo di solidarietà per i lavoratori dello spettacolo ex art. 1, commi da 8 a 14, del D.Lgs. n. 182/1997;

- al contributo di solidarietà per gli sportivi professionisti ex art. 1, commi 3 e 4, del D.Lgs. n. 166/1997.

Alla luce di queste prime indicazioni ed in attesa dei provvedimenti amministrativi richiesti dallo stesso Legislatore, una domanda sorge spontanea: conviene al datore di lavoro (che al di là della “erogazione liberale” non sembra, minimamente, coinvolto nei programmi della scuola “beneficiaria”) attivare un contratto a tempo indeterminato con una agevolazione, per soli dodici mesi, su una contribuzione parziale?

La domanda non è peregrina potendo il datore di lavoro, a normativa vigente, assumere il giovane uscito dal sistema scolastico:

- con l’apprendistato professionalizzante, anche “mixato” con “Garanzia Giovani” (se ci sarà anche in futuro) e con il beneficio ex art. 1, comma 106, della l. n. 205/2017, con un incentivo che si prolunga, sotto l’aspetto contributivo, fino a cinque anni o, addirittura, sette, nel settore artigiano e dove la contribuzione ordinaria nel triennio del periodo formativo, a carico del datore di lavoro “assumente” è, al massimo, il 10% che, diviene, 11,61% (se occupa fino a nove dipendenti è di molto inferiore nei primi due anni) e dove sussiste la possibilità di erogare una retribuzione anche di uno o due livelli in meno secondo il dettato contrattuale e dove esistono vantaggi di natura normativa non rientrando gli apprendisti nella base di calcolo prevista per l’applicazione di particolari istituti previsti dalla legge o dalla contrattazione collettiva.

Nell’apprendistato la contribuzione di riferimento è “propria”, nel senso che, come affermato dal Ministero del Lavoro già nel 2008 con le circolari n. 5 e n. 34, non si parla di agevolazione, atteso che si tratta di aliquote destinate a favorire l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro, attraverso un rapporto di lavoro a tempo indeterminato a contenuto formativo (art. 41 del D.Lgs. n. 81/2015);

- con il contratto a tempo indeterminato, usufruendo, in ottemperanza a quanto affermato dall’INPS con la circolare n. 40/2018, dei benefici previsti dai commi 100 e seguenti della l. n. 205/2017 (il 50% della contribuzione a carico del datore di lavoro con un tetto fissato a 3.000 euro l’anno per tre anni).

Fonte: http://www.ipsoa.it/documents/lavoro-e-previdenza/amministrazione-del-personale/quotidiano/2019/07/15/inserimento-giovani-lavoro-proprio-necessaria-nuova-agevolazione

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