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Archivio newsI mercati guardano alla Fed e al possibile taglio dei tassi. L’Italia attende le previsioni del Pil
Martedì la Federal Reserve fornirà le indicazioni sulla politica monetaria e il giorno seguente l’Istat diffonderà le stime provvisorie del Pil a giugno. Venerdì arriveranno gli indici della produzione industriale in giugno.
Per molti è l’ultima settimana di lavoro prima del “chiuso per ferie”. Particolarmente alto, quindi, il numero dei consigli d’amministrazione convocati per l’approvazione dei risultati semestrali. Tra i colossi si comincia, oggi, con Essilor-Luxottica, Intesa, Fiat Chrysler Automobiles (i cui conti sono particolarmente attesi, a un anno dalla scomparsa di Sergio Marchionne e nel pieno di una crisi di mercato che sta costando a molti big il taglio degli utili e/o dei dipendenti). Domani toccherà a Enel, Prysmian, Telecom, Monte dei Paschi, Mediobanca (che in approvazione ha l’intero esercizio 2018-2019). E venerdì, oltre a Ferrari, sotto i riflettori ci sarà Atlantia: sarà la sua ultima semestrale “libera” dall’effetto Alitalia.
Giovanni Tria, martedì 16 luglio, davanti alle Commissioni Bilancio di Camera e Senato: “A oggi le prospettive elaborate dai principali previsori internazionali non indicano segnali recessivi. Tuttavia il protrarsi delle incertezze potrebbe costituire un potenziale rischio negativo per la congiuntura”. Quanto effettivamente “potenziale”, e fino a che punto, cominceremo a capirlo un pò meglio da oggi. L’Istat diffonde le stime provvisorie del Pil per il secondo trimestre. Ha già ricordato che “le previsioni per l’area euro indicano un possibile rallentamento” e, poiché il nostro Paese non è nella squadra dei migliori e neppure in quella dei mediocri, per quanti eufemismi si possano usare nei comunicati dell’era Gian Carlo Blangiardo la frase “l’economia italiana appare caratterizzata dal proseguimento della fase di debolezza dei ritmi produttivi” (Nota mensile, 5 luglio) conferma che non c’è granché da sperare.
Altro indicatore, stesso quadro. Ci sono qua e là, ogni tanto, rimbalzi che qualcuno si ostina a considerare segnali di inversione di tendenza ma che di strutturale non hanno purtroppo nulla. Peggio: spesso, una volta depurati di questo o quel fattore (gli effetti del calendario, per esempio), gli aumenti si rivelano cali. La produzione industriale rientra in pieno nella casistica. A maggio pareva in crescita: +0,9% su aprile (con il dato trimestrale giù comunque dello 0,1% rispetto al trimestre precedente). Questo però era l’indice destagionalizzato non corretto per i suddetti effetti del calendario. Al netto dei quali è rimasto un indice complessivo tendenziale in diminuzione dello 0,7%. Oggi vedremo se giugno ha ripetuto il copione.