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Archivio newsRiders: in attesa di risposte efficaci sulla tutela del lavoro. Da parte di chi?
Cosa rappresentano i riders nel nuovo mercato del lavoro? Lo sviluppo e il conflitto del nostro tempo, la gig economy. O meglio una sorta di lavoratori di “un terzo genere”: lavoratori autonomi, ma con qualche tutela da dipendente subordinato. Il Governo vuole regolamentare questa nuova figura professionale in un decreto. C’è comunque da rilevare un errore di fondo nella strategia dell’intervento per decreto. Perché la titolarità delle parti sociali sulla contrattazione, e non solo su quella, ha ragioni da vendere. Ciò anche se l’avvento dell’economia digitale e dei rapporti di lavoro mediati dai suoi strumenti ha complicato le cose…
Quando parliamo dei rider si deve specificare che ci occupiamo di quella che, sia sul piano simbolico che sociale, è divenuta la rappresentazione, a un tempo, dello sviluppo e del conflitto del nostro tempo: la Gig Economy.
È una grande sfida di questa epoca, nella quale nuovi modi di produrre ed erogare servizi generano forme di rapporto di lavoro di cui è difficile perfino distinguere la natura. Dipendente o autonomo, solo per fare un esempio?
È così difficile stabilirlo che, nel tempo, abbiamo visto pronunciare da diversi tribunali sentenze contrastanti su questo punto. Come quella della Corte d’appello di Torino che, nella sentenza pubblicata il 4 febbraio, ha stabilito che il lavoratore etero-organizzato, pur mantenendo la sua natura di autonomo, ha diritto, sotto il punto di vista retributivo e previdenziale, allo stesso trattamento dei lavoratori subordinati.
Indicando che i rider sarebbero una sorta di lavoratori di “un terzo genere”: lavoratori autonomi, ma con qualche tutela da dipendente subordinato.
Riders: subordinazione, dintorni e oltre…
Fatto sta, che quando uno smartphone sostituisce il “capo”, quando tempi e ritmi sono dettati da un algoritmo e via elencando, si devono pensare nuovi modi per individuare il limite dello sfruttamento e il metodo di rappresentazione del diritto del lavoratore.
Alla nascita del Governo gialloverde, Di Maio volle sottolineare il suo ingresso al Ministero del Lavoro annunciando norme sui rider nell’allora in progettazione decreto “Dignità”.
La forza simbolica del rapporto tra lavoro, sfruttamento e piattaforme digitali fecero senz’altro considerare al neo-ministro del Lavoro i rider come un simbolo potente per segnare l’avvio della sua attività governativa.
Non se ne fece nulla e, ad aprile di quest’anno, Di Maio, in un post, fa un nuovo annuncio: “La norma sui rider è pronta. Sarà inserita nella legge sul salario minimo che è in discussione”.
Vedremo se effettivamente il Governo riuscirà a varare un provvedimento.
Riders: norma pronta, in vigore entro marzo
C’è comunque da rilevare un errore di fondo nella strategia dell’intervento per decreto. Perché la titolarità delle parti sociali sulla contrattazione, e non solo su quella, ha ragioni da vendere.
Molto semplicemente, si può dire che datori e prestatori d’opera sanno di cosa si parla quando si discute di Lavoro.
Ciò anche se l’avvento dell’economia digitale e dei rapporti di lavoro mediati dai suoi strumenti ha complicato le cose.
Non per caso la figura del rider era già apparsa nel rinnovo del Contratto nazionale di lavoro della Logistica, Trasporto merci e Spedizioni, siglato nel dicembre del 2017.
Le parti - in quella sede - presero l’impegno di definirne nei dettagli tale figura.
Per tornare alla regolazione di questi rapporti di lavoro altre Istituzioni si sono, nel frattempo, mosse con metodi differenti da quanto immaginato dal Ministro.
Cominciamo dall’ultimo tra questi interventi.
A Firenze è stato annunciato, il 22 luglio scorso, un accordo riguardante l’azienda di food delivery Runner Pizza con i sindacati dei trasporti di Cgil, Cisl e Uil, realizzato con i buoni uffici dell’assessore al Lavoro dell’Amministrazione comunale, Andrea Vannucci.
Duecento fattorini di Runner Pizza - fino ad ora trattati come collaboratori - saranno assunti a tempo indeterminato in part time (per 10 ore alla settimana).
Ai rider di Runner Pizza sarà applicato il Ccnl Trasporti e Logistica affiancato da accordi aziendali di secondo livello.
A questi lavoratori sarà riconosciuta anche l’anzianità lavorativa svolta come collaboratori con garanzia di applicazione delle norme esistenti prima del Jobs Act.
Saranno pagati, insomma, in base al contratto nazionale e non alle consegne e saranno loro riconosciute ferie, malattia, infortuni e tutto quanto previsto nel Ccnl.
Da notare che saranno esclusi meccanismi di “ranking” (graduatoria) per valutare le prestazioni dei lavoratori.
In precedenza, il 20 maggio del 2019, la regione Lazio ha approvato una legge sulla Gig Economy.
Si è trattato del risultato di un percorso partecipato - cui ha dato un contributo anche l’Associazione Lavoro&Welfare, di cui sono presidente - che ha portato alla prima legge in Italia a tutela dei lavoratori digitali. Legge che ha introdotto tutele e diritti che riguardano, non solo i rider, ma una più vasta platea di lavoratori la cui attività è organizzata da app.
Quali i punti del provvedimento?
È riconosciuta la tutela dei lavoratori in caso di infortunio sul lavoro e malattie professionali e viene promossa la formazione in materia di sicurezza; si dispone a carico delle piattaforme l’assicurazione per infortuni, danni a terzi e spese di manutenzione per i mezzi di lavoro; si introducono norme sulla maternità e sulla previdenza sociale; si ribadisce il rifiuto del compenso a cottimo e viene introdotta un’indennità di prenotazione nel caso in cui il mancato svolgimento dell'attività di servizio non dipenda dalla volontà del lavoratore; per la definizione della paga base e della premialità si rimanda alla contrattazione collettiva.
La legge prevede, inoltre, la realizzazione di un Portale del lavoro digitale a cui si possono iscrivere lavoratori e piattaforme e che permette di godere degli strumenti e dei contributi messi a disposizione dalla regione Lazio.
Ancora, nasce una Consulta regionale del lavoro digitale per permettere il continuo aggiornamento dei temi e della consultazione tra le parti.
Da ricordare anche la “Carta dei diritti fondamentali del lavoro digitale nel contesto urbano”, promossa dal Comune di Bologna (con l’adesione del Comune di Milano) e sottoscritta il 31 maggio 2018 dal Comune stesso, dalla Riders Union Bologna, dalle piattaforme digitali Sgnam e Myme-nu e dalle organizzazioni territoriali di Cgil, Cisl e Uil.
L’intento del documento è quello di migliorare le condizioni di tutti i lavoratori digitali nel contesto urbano bolognese.
Vorrei concludere citando quanto messo in evidenza nella prefazione al n. 3 dei “Quaderni del Cnel” pubblicato a novembre del 2018: “è compito dello studioso di diritto del lavoro quello di interrogarsi sull’adeguatezza delle protezioni del lavoratore predisposte dall’ordinamento giuridico a fronte dei nuovi scenari. Interrogarsi, cioè, sulla capacità del diritto del lavoro a realizzare ancora una tutela efficace ed equa nel contesto indotto dalle nuove frontiere tecnologiche”.
L’imporsi di percorsi digitali nell’economia e nell’organizzazione del lavoro è, ne sono convinto, questione che non solo gli studiosi del diritto, ma tutte le parti coinvolte devono affrontare con uno sforzo comune per dare risposte efficaci all’altezza della novità di tale sfida.