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Archivio newsRisorse umane: perché svolgono un ruolo centrale nelle aziende di successo
Una impresa di successo ha bisogno di un ufficio delle risorse umane che sappia affrontare le sfide che il percorso di crescita e l’evoluzione culturale pongono. Si parte dal reclutamento dei lavoratori che consente all’azienda di essere sul mercato e di farsi conoscere. Si continua con la costruzione di un sistema retributivo che trasmetta ai dipendenti la percezione di quanto è apprezzato il loro contributo e che esplori le opportunità di welfare. Si prosegue con un percorso di formazione allargato a tutta la popolazione aziendale. Ma soprattutto la funzione “risorse umane” deve interpretare un ruolo che è “presenza”: deve esserci, interloquire, dialogare con tutti, interpretare i bisogni e le domande, fare proposte, mediare i conflitti, promuovere un approccio costruttivo alla vita di lavoro.
E’ vero, nelle imprese italiane ci sono tante storie di successo, dove l’ambizione, la creatività e la tenacia dell’imprenditore aprono nuovi orizzonti e portano a raggiungere risultati sorprendenti e per certi aspetti inaspettati. E’ possibile uscire dal guscio, dalla spirale dell’attendismo, del pessimismo e della conservazione. E’ ragionevole investire sulle persone, fare di loro dei co-imprenditori, a qualsiasi livello lavorino e qualunque sia la loro estrazione culturale.
Quella che racconto in questo articolo infatti è una di queste storie, che si stacca dalla normalità e colloca l’impresa coinvolta nel gruppo selezionato di chi non lascia perdere l’opportunità ma la coglie con intelligenza e coraggio. E’ una storia dove chi scrive ha apportato e sta apportando un contributo, fianco a fianco con la funzione Risorse Umane, il Management e l’Imprenditore.
Siamo nella provincia, in quell’Italia del centro nord dove le opportunità di lavoro per chi si impegna non mancano, e dove la richiesta delle imprese è numericamente e qualitativamente superiore all’offerta di candidature. Nell’impresa protagonista di questa storia, all’intenso investimento in tecnologia e macchinari d’avanguardia in un settore ancora parzialmente labor intensive si affianca una spasmodica ricerca di nuovi talenti, dalla funzione Produzione a quella Commerciale, fino al Management.
I numeri sottolineano questo trend: percentuali di crescita del fatturato da new economy negli anni d’oro, aumento esponenziale dei dipendenti che sono diventati diverse centinaia in pochi anni, articolazione progressiva delle funzioni e delle responsabilità che progressivamente amplia la struttura e rende complesso il funzionamento, mette alla prova le capacità e le competenze delle persone e richiede un crescente atteggiamento di costruttività, creatività e imprenditorialità per far fronte alle nuove sfide.
L’imprenditore si rende conto che manca qualcosa, che il salto definitivo verso il consolidamento e la conferma di una storia di successo anche per il futuro richiedono un modo diverso di considerare e coinvolgere i dipendenti; deve portare realmente al centro il “fattore umano”, deve far scorrere nell’organizzazione la linfa di un impegno che non è più solo la prestazione di un dipendente verso il suo datore di lavoro, ma è la compartecipazione consapevole ed attiva ad un progetto affascinante benché difficile, faticoso e complesso.
La domanda, quando ci sediamo per la prima volta al tavolo insieme, è di quelle da far emozionare e preoccupare al tempo stesso: “posso aspettarmi che un giorno -presto- la mia azienda sia sostenuta e sviluppata da un gruppo di persone che condividono con me ideali, valori e impegno? Posso pensare di non dover sempre rincorrere ogni singolo responsabile e ogni singolo dipendente per assicurarmi che abbia valutato conseguenze e risultati delle sue azioni? Posso, in una parola, essere circondato da co-imprenditori?”. Si sa, è la domanda di molti imprenditori, e la vera differenza sta nella sincerità con cui la si formula, non tanto nel contenuto o nel linguaggio. La risposta è naturalmente sì, seguita dalla proposta di un percorso strutturato da fare insieme.
Il percorso inizia con una serie di interviste alla prima linea manageriale e ad altri responsabili e professionisti scelti all’interno della struttura. La prima linea manageriale, come spesso accade nelle imprese che nascono familiari, è costituita dalla commistione di figure cresciute dall’interno con altre reclutate dal mercato. In questo senso, la diversificazione e la molteplicità delle impostazioni è già una prima sfida: occorre trovare un linguaggio comune, degli approcci condivisi, dei comportamenti manageriali che caratterizzano “quella” azienda, che la rendano diversa dalle altre, che facciano pensare a tutti i dipendenti che esiste uno stile unico, distintivo, non la commistione di diverse culture e modalità operative. Di sicuro però, un elemento accomuna già questi manager così diversi per estrazione e storia professionale, ed è l’aspettativa condivisa di fare un percorso di crescita personale a beneficio di se stessi e dell’organizzazione di cui fanno parte.
A questo punto inizia la strada della trasformazione: l’imprenditore ed alcuni manager scelti intraprendono una strada di individual coaching per mettere in discussione se stessi e le proprie certezze e sviluppare una rinnovata identità arricchita da nuove competenze, la prima linea manageriale si ingaggia in un percorso di team coaching dove l’invito e lo stimolo allo sviluppo di nuove competenze si intrecciano con il continuo e concreto confronto con la realtà effettiva di tutti i giorni generando nuovi approcci e nuove soluzioni, e a breve termine si agganciano a questo percorso gruppi di responsabili delle diverse funzioni, a partire dalla Produzione. Nascono nuove idee e nuovi linguaggi, consapevolezze personali e manageriali più adeguate a quello che sta accadendo dentro e fuori l’azienda, si sviluppa ed inizia ad attecchire uno scambio comunicativo trasversale efficace ed un atteggiamento sempre più condiviso di corresponsabilità, che induce a sostituire i vecchi comportamenti della delega verso l’alto e della colpevolizzazione reciproca con iniziative spontanee di problem solving condiviso e di proposte operative articolate presentate all’imprenditore.
Tutto questo è cultura aziendale e manageriale, è quella parte di investimento sulle risorse umane che punta ad arricchire la qualità e la personalità dei dipendenti per renderli più capaci di promuovere e sostenere il percorso di successo dell’impresa; dall’altra parte occorre però una funzione Risorse Umane che si fa carico di trasformare i nuovi comportamenti in modelli di gestione dei diversi processi, dal Reclutamento alla Selezione, dalla Valutazione allo Sviluppo, dalla Formazione alle Politiche di Retribuzione e di Welfare. Occorre inserire una figura adeguata, capace di interpretare le esigenze e di calarsi nella situazione flessibilmente e coerentemente al contesto e alle prospettive.
La ricerca permette di esplorare la situazione attuale di quel particolare segmento di mercato del lavoro rappresentato dai professionisti e dai responsabili di Risorse Umane: lì si vede se l’affermazione di tante imprese e di tanti imprenditori di voler investire sul fattore umano porta effettivamente ad un investimento strutturato e continuativo, o se sono bolle di whishful thinking, rigurgiti di velleitarismo non seguiti da una coerente progettualità. Si vede naturalmente anche se ci sono professionisti capaci, preparati e coerenti interpreti delle nuove sfide di questa funzione.
La conclusione è che siamo in mezzo al guado: si trovano sul mercato figure di trentenni con esperienze spezzettate (un anno di qui, un anno di là, intervalli di qualche mese), persone più mature che nelle loro aziende si sono occupate di una sola attività di risorse umane per diversi anni, senza poter vedere almeno un paio di processi e apprendere di conseguenza, persone che si sono cimentate con ruoli di responsabilità e le loro aziende hanno deciso ad un certo punto di farne a meno o di chiudere rami d’impresa o stabilimenti e uffici. Certo, manca il campione statistico di chi appartiene a quel luccicante e sofisticato mondo delle multinazionali perché difficilmente si cimenta in un universo differente e rischioso, preferendo continuare dove si respira aria salubre e rarefatta, dove si sperimentano approcci e strumenti sofisticati, dove il brand del datore di lavoro non è solo una facilitazione per il reclutamento dei talenti, ma anche una garanzia di successo futuro per la figura di Risorse Umane che in quel tipo di contesto si muove e si muoverà.
Alla fine, quello giusto si trova: qualcuno che ha lavorato con successo e risultati per anni e poi magari ha affrontato traversie che lo hanno portato a scegliere altre strade, qualcuno quindi disposto a rigiocarsi su una dimensione diversa e più sfidante.
Le sfide che il nuovo Responsabile affronta sono conseguenza diretta del percorso di crescita dell’azienda e armonicamente inserite nell’evoluzione culturale in corso, rispetto alla quale offrirà sostegno e ulteriore sviluppo. Si parte dal reclutamento, perché bisogna esserci e farsi conoscere se si vuole che le persone per il futuro non solo accettino volentieri di lavorare con noi, ma offrano spontaneamente la loro candidatura per agganciarsi ad un’esperienza di successo in corso, coerentemente ed intelligentemente presentata nei luoghi (reali e virtuali) dove la gente ricerca opportunità. Si continua con la costruzione di un sistema retributivo che trasmetta ai dipendenti la percezione di quanto è apprezzato il loro contributo, e che esplori le opportunità di welfare che quello specifico segmento di popolazione, in quella particolare area geografica e in quel particolare business, richiede per essere considerato attrattivo. Si accompagna e si approfondisce il percorso di formazione in corso, allargandolo e rendendolo più capillare per tutta la popolazione aziendale, nonché arricchendolo con le necessarie iniziative di formazione tecnica, base per la continuità delle conoscenze dell’impresa. Infine, si interpreta un ruolo che prima di tutto è una presenza: c’è, interloquisce, dialoga con tutti, interpreta i bisogni e le domande (espresse o inespresse), fa proposte, media i conflitti, promuove e sollecita in continuità un approccio costruttivo alla vita di lavoro.
Allora, le risorse umane si trasformano, in un’esperienza aziendale di successo; la Funzione Risorse Umane è parte essenziale ed integrante di questa trasformazione, che non potrebbe avvenire in modo compiuto e duraturo se non ci fosse, o se non fosse adeguatamente riconosciuta e valorizzata. Non la Funzione in generale, ma quell’interprete specifico della Funzione che non si siede sugli allori, non pensa che le altre persone debbano andare nel suo ufficio per risolvere i problemi, non propone strumenti e processi per dimostrare che esiste. E’ quell’interprete che capisce dove si trova, che si immerge nel business, che si arricchisce nelle relazioni, e che continua a fare e valorizzare proposte per accompagnare, ma soprattutto interpretare e consolidare, la trasformazione.
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