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Archivio newsEtà pensionabile: l’adeguamento automatico tutela le pensioni. Perché?
L’innalzamento automatico dell’età pensionabile non contribuisce solo alla sostenibilità finanziaria del sistema pensionistico, ma anche all’adeguatezza delle prestazioni previdenziali. Lo ha sottolineato la Ragioneria Generale dello Stato nell’ultimo rapporto annuale sulle tendenze di medio-lungo periodo della spesa previdenziale. Il nuovo Governo dovrà, quindi, guardare con attenzione alla questione dell’indicizzazione automatica dell’età pensionabile per le possibili conseguenze della riforma delle pensioni 2019 che ne ha sterilizzato gli effetti relativamente alle pensioni anticipate maturate nel periodo 2019-2026, lasciando invariati i requisiti di accesso (42 anni e 10 mesi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne). Quali saranno i prossimi passi?
Uno dei profili che dovranno essere ripresi in considerazione dal nuovo Governo per le prossime riforme, anche in vista della legge di Bilancio 2020, è quello legato alla indicizzazione dell’età pensionabile alla speranza di vita.
La richiesta di riconsiderare il tema della indicizzazione dei requisiti pensionistici alla aspettativa di vita è peraltro ricompresa nella piattaforma unitaria che i sindacati confederali avevano predisposto e sottoposto all’attenzione del precedente Esecutivo e che verrà ora ripresa nel nuovo percorso concertativo avviato pochi giorni fa.
Così come sottolineato anche di recente dalla Ragioneria generale dello Stato il meccanismo dell’adeguamento automatico alla speranza di vita è uno dei principali fattori di stabilizzazione della spesa pensionistica, in considerazione dell’accentuato invecchiamento della popolazione che caratterizza il nostro Paese, insieme alla introduzione del metodo di calcolo contributivo e all’altro automatismo rappresentato dalla revisione automatica dei coefficienti di trasformazione.
Va ricordato come l’Italia è uno dei pochi Paesi, assieme alla Finlandia e al Portogallo, in cui tali meccanismi automatici sono entrambi vigenti. Alcuni paesi, come la Svezia, la Polonia, la Francia, la Lettonia e la Spagna hanno introdotto meccanismi di adeguamento automatico del livello delle prestazioni rispetto alle variazioni della speranza di vita.
Altri ancora, come la Danimarca, la Grecia, Cipro, l’Olanda, la Slovacchia e Malta hanno previsto meccanismi di adeguamento dei requisiti di accesso in funzione dell’allungamento della sopravvivenza. Ma tornando entri i nostri confini, quale è il quadro di riferimento attuale?
Occorre ricordare come l’adeguamento automatico dell’età pensionabile sia stato introdotto con la l. n. 122/2010 e rappresenta un procedimento che rientra interamente nella sfera di azione amministrativa e che, come sottolinea la Ragioneria generale dello Stato, garantisce la certezza delle date prefissate per le future revisioni.
La revisione dei requisiti di pensionamento è stata attuata con periodicità triennale, a decorrere dal 2013, e biennale dal 2021. Andando ad un riepilogo dei diversi interventi, con decorrenza 2013, il primo adeguamento è stato adottato con decreto direttoriale del 6 dicembre 2011 (pubblicato in GU il 13 dicembre 2011), con decorrenza 2016, l’adeguamento dei requisiti di accesso al pensionamento (ulteriori 4 mesi) è stato adottato con decreto direttoriale del 16 dicembre 2014.
Con decorrenza 2019 si sono innalzati i requisiti di ulteriori 5 mesi con decreto direttoriale del 5 dicembre 2017. In coerenza con il dettato normativo tutte le revisioni dei requisiti di accesso al pensionamento sono state adottate almeno dodici mesi prima della decorrenza dell’adeguamento medesimo.
Va poi evidenziato come nell’ambito degli interventi in materia previdenziale di cui al D.L. n. 4/2019 convertito con legge n. 26/2019 si è sterilizzato l’adeguamento previsto (i 5 mesi cioè) con riferimento al canale di pensionamento anticipato per il periodo 2019-2026. I requisiti di accesso al pensionamento rimangono allora costanti rispetto a quanto previsto per il 2018, vale a dire 42 anni e 10 mesi per gli uomini e a 41 anni e 10 mesi per le donne introducendo però per il materiale pensionamento una finestra mobile di 3 mesi.
Va ancora ricordato la legge di Bilancio 2018 (legge n. 205/2017) ha modificato, con riferimento agli adeguamenti decorrenti a partire dal 1° gennaio 2021, il sistema di computo dell’adeguamento dei requisiti di accesso al pensionamento. In particolare, sono state apportate le seguenti modifiche alla revisione del meccanismo di calcolo dell'adeguamento stesso:
1. l’assunzione per il calcolo dell’adeguamento della media della speranza di vita nel biennio di riferimento rispetto a quella del biennio precedente. In via transitoria con riferimento all’adeguamento decorrente dal 1° gennaio 2021, la variazione della speranza di vita relativa al biennio 2017-2018 è computata, ai fini dell'adeguamento dei requisiti di accesso al pensionamento, in misura pari alla differenza tra la media dei valori registrati negli anni 2017 e 2018 e il valore registrato nell'anno 2016;
2. l’assorbimento di un’eventuale riduzione della speranza di vita relativa al biennio di riferimento, da portare in riduzione dell’adeguamento successiva;
3. la fissazione di un limite massimo di 3 mesi per ciascun adeguamento futuro, da riassorbire nell’ambito dell’adeguamento successivo qualora sia registrato un incremento superiore.
La Ragioneria generale dello Stato rimarca poi come l’innalzamento automatico dell’età pensionabile non contribuisce solo alla sostenibilità finanziaria del sistema pensionistico ma anche all’adeguatezza delle prestazioni dal momento che il contestuale elevamento dei requisiti minimi per l’accesso al pensionamento porta il lavoratore a collocarsi su una curva dei coefficienti di trasformazione relativa ad età più elevate.
Ciò tende a compensare l’effetto di riduzione dell’importo pensionistico che si sarebbe determinato a parità di età di pensionamento. E’ interessante riportare a tale proposito le stime elaborate dalla Ragioneria generale dello Stato con riferimento a come si evolverebbero i tassi di sostituzione nell’ipotesi di una modifica della legislazione vigente volta a sopprimere l’adeguamento periodico dei requisiti di accesso al pensionamento rispetto alle variazioni della speranza di vita, a partire da quello previsto con decorrenza primo gennaio 2021.
In tale ipotesi, l’età pensionabile di vecchiaia resterebbe invariata a 67 anni dal 2019 e, analogamente, resterebbe invariata a 64 anni l’età di accesso al pensionamento anticipato nel regime contributivo, con un importo di pensione pari ad almeno 2,8 volte l’assegno sociale (importo del 2012 indicizzato con la media quinquennale del PIL).
I calcoli assumono l’invarianza dell’età iniziale delle carriere lavorative e, quindi, una riduzione delle anzianità contributive corrispondente agli anni di anticipo dell’età di pensionamento. Sotto tali ipotesi, la soppressione dell’adeguamento all’aspettativa di vita dei requisiti di accesso al pensionamento, contestualmente al significativo peggioramento del rapporto fra spesa pensionistica e PIL dovuto al maggior numero di pensioni in pagamento, determinerebbe un abbattimento crescente nel tempo dei tassi di sostituzione fino a raggiungere, alla fine del periodo di previsione, 12,1 punti percentuali per un lavoratore dipendente e 10,4 punti percentuali per un lavoratore autonomo, con conseguente peggioramento anche dell’adeguatezza delle prestazioni pensionistiche rispetto alla normativa vigente.
La riduzione si spiega in ragione sia del più basso coefficiente di trasformazione, correlato all’età di pensionamento sia della corrispondente minore anzianità contributiva. Interessanti anche gli effetti stimati di un pensionamento anticipato per effetto dei requisiti “sterilizzati” negli anni 2019-2026.
Per il 2020, i tassi di sostituzione sia lordi che netti risultano più bassi rispetto a quelli ottenuto in base alla normativa precedente, di circa mezzo punto percentuale mentre nel 2025 la differenza si attesta a circa 2 punti percentuali.