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Archivio newsDistacco transnazionale illecito e lavoro nero: quali sanzioni scattano
E’ possibile contestare il lavoro nero nei casi (del tutto residuali) in cui manca qualsiasi documentazione inerente la procedura di distacco transazionale (comunicazione di distacco, modello A1, prova della regolare assunzione del lavoratore nel Paese di origine) e non sia riscontrabile alcuna operazione commerciale (contratto tra le due società) nonché alcuna prova in ordine all’ingaggio all’estero dei lavoratori. E’ quanto ha chiarito l’Ispettorato nazionale del lavoro nel vademecum del 1° agosto 2019 sul distacco transnazionale. L’INL esclude però l’adozione del provvedimento di sospensione dell’attività imprenditoriale - previsto in caso di lavoro nero - nei confronti dell’impresa straniera: per quale motivo?
La sospensione dell’attività imprenditoriale prevista in caso di lavoro nero va adottata solo nei confronti dell’impresa italiana e non anche a carico dell’impresa distaccante straniera. E’ questa una delle indicazioni operative divulgate dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro al proprio personale ispettivo col vademecum sul distacco transnazionale del 1° agosto 2019. L’Agenzia, in caso di accertate violazioni alla disciplina di riferimento, postula altresì l’applicazione della maxisanzione per lavoro nero e dei reati di somministrazione fraudolenta e di caporalato.
In presenza di un distacco transnazionale non genuino le conseguenze a carico dei trasgressori sono piuttosto gravi. Difatti il lavoratore illecitamente distaccato verrà considerato a tutti gli effetti alle dipendenze del committente/utilizzatore dal giorno d’inizio dell’attività svolta in pseudo distacco, con conseguente integrale applicazione, da parte del personale ispettivo, degli istituti e delle tutele in materia di lavoro e legislazione sociale previsti dalla disciplina domestica (fatti salvi gli effetti sotto il profilo contributivo connessi al disconoscimento del Mod. A1).
Il pseudo-distaccante ed il pseudo-distaccatario saranno passibili, inoltre, di una sanzione amministrativa pecuniaria pari a 50 euro per ogni lavoratore occupato e per ciascuna giornata di illecita occupazione (la sanzione applicata non può, in ogni caso, essere inferiore a 5.000 euro, né superiore a 50.000 euro).
Se vengono coinvolti dei lavoratori minori, le conseguenze saranno più gravi giacché è prevista l’applicazione, a carico dei contravventori, della pena dell’arresto fino a 18 mesi e l’ammenda aumentata fino a euro 300 per ogni giornata di illecito distacco e per ciascun lavoratore (violazione non prescrivibile ex art. 15, del D.Lgs. n. 124/2004).
Il Vademecum ribadisce, inoltre, che quando il distacco transnazionale illecito è posto in essere con la specifica finalità di eludere norme inderogabili di legge o di contratto collettivo applicate al lavoratore (es. la società straniera è fittizia o il lavoratore è impiegato abitualmente in Italia e non sia rispettata la normativa italiana in materia di orario di lavoro ovvero sia corrisposta una retribuzione inferiore rispetto a quella dovuta sulla base del contratto collettivo applicabile), andrà contestata ai contravventori anche l’ammenda di 20 euro per ogni lavoratore impiegato e per ogni giorno di lavoro (reato di somministrazione fraudolenta previsto dall’art. 38-bis, D.Lgs. n. 81/2015).
Nelle recenti linee guida l’Ispettorato fa presente che, qualora nel corso della verifica ispettiva emergano gli elementi costitutivi del reato di “caporalato” di cui all’art. 603-bis C.p., non vertendo più in una ipotesi di distacco transnazionale non autentico, l’indagine andrà condotta secondo le specifiche indicazioni contenute nella circolare INL n. 5/2019.
Con riguardo all’obbligo di tracciare il pagamento delle retribuzioni introdotto a decorrere dall 1° luglio 2018 (cfr. art. 1, comma 910, della legge n. 205/2017), l’INL evidenzia che non si applica ai lavoratori in distacco transnazionale in quanto per costoro è sancito un analogo specifico onere dall’art. 10, del D.Lgs. n. 136/2016.
Nell’eventualità che, nel corso delle verifiche, si accerti la mancanza totale della documentazione prescritta dall’art. 10, del D.Lgs. n. 136/2016 (vedasi tabella in calce all’articolo) e non sia riscontrabile alcuna operazione commerciale (contratto tra le due società) nonché alcun elemento probatorio in ordine all’ingaggio all’estero dei lavoratori, la fattispecie non verrà ricostruita in termini di prestazione transnazionale di servizi, ma si procederà in via residuale all’applicazione della maxisanzione per lavoro nero.
Si accerterà, quindi, il «lavoro nero» in presenza delle seguenti circostanze:
- Assenza totale di documentazione relativa al distacco (es. le comunicazioni, il Mod. A1 e gli adempimenti amministrativi di cui all’art. 10);
- Mancanza di qualunque genere di operazione commerciale (es. contratto tra le due società);
- Ingaggio del lavoratore in Italia, circostanza provata non solo dall’acquisizione di elementi afferenti alle modalità di assunzione ma anche dal sostanziale “stabilimento” del lavoratore in Italia (residenza, famiglia etc.).
Al riguardo l’Agenzia chiarisce che la maxisanzione andrà alternativamente contestata:
- All’utilizzatore stabilito in Italia, se è lui che ha provveduto ad ingaggiare il lavoratore ed esercita altresì il potere direttivo;
- All’impresa pseudo distaccante, se questa ha provveduto ad ingaggiare il lavoratore e ad esercitare il potere direttivo; in tal caso la contestazione del lavoro nero passa comunque attraverso la prova che l’azienda straniera esercita di fatto un’attività di impresa in Italia.
Con riguardo al provvedimento di sospensione dell’attività imprenditoriale che il personale ispettivo può adottare oltre una certa soglia di impiego di lavoratori in nero (art. 14, D.Lgs. n. 81/2008), l’INL lo esclude nei confronti dell’impresa straniera. Tale scelta viene giustificata dal fatto che “…la mancata esibizione, al momento dell’accesso ispettivo, dei documenti comprovanti la comunicazione di distacco, l’assunzione nel Paese di provenienza o l’A1 non sono da ritenersi di per sé dirimenti ai fini dell’adozione di tale provvedimento come avviene in relazione al mancato riscontro della comunicazione obbligatoria di assunzione. Come già accennato, infatti, i documenti in questione vengono acquisiti nel corso dell’attività ispettiva ed in particolare il Mod. A1 potrebbe essere rilasciato dall’autorità straniera anche successivamente all’accesso ispettivo e lo stesso coprirebbe legittimamente tutto il periodo di distacco”.
Questa soluzione lascia, francamente, qualche dubbio. Se all’atto dell’accesso ispettivo, difatti, il lavoratore dell’impresa straniera non risulta tracciato ed è comunque privo di alcuna forma di copertura previdenziale ed assicurativa (ancorché le stesse coperture siano state attivate successivamente, magari solo a seguito dell’accertata irregolarità), la mancata adozione del provvedimento interdittivo si presta alle seguenti criticità:
- Contrasto con le finalità cautelari del provvedimento ai fini della sicurezza e salute dei lavoratori (cfr., fra l’altro, INL nota n. 6210 del 11/07/2017 nella quale, più condivisibilmente, si legge che “anche la più recente giurisprudenza amministrativa ha evidenziato che il provvedimento di sospensione dell’attività imprenditoriale, sebbene abbia evidenti finalità cautelari, costituisce “una tipologia di sanzione, in quanto avente essenzialmente la finalità di sollecitare il datore di lavoro a regolarizzare la posizione lavorativa dei dipendenti “in nero” (Tar Piemonte, sez. II, sent. n. 1164/2016). Fermi restando eventuali diversi orientamenti giurisprudenziali relativi alla problematica in questione, si ritiene pertanto che il provvedimento vada comunque adottato anche qualora, nel corso dell’accesso, sia effettuata un comunicazione di assunzione; ciò anche in ragione della necessità di garantire le finalità “sanzionatorie” del provvedimento in questione evidenziate dalla giurisprudenza che non possono essere subordinate alla durata più o meno lunga dell’accesso ispettivo tale da consentire, medio tempore, l’effettuazione di una comunicazione al Centro per l’impiego”);
- Rischio che la prosecuzione dell’attività, magari svolta in settori particolarmente a rischio come ad esempio l’edilizia, possa comportare ingenti ed irreversibili danni all’incolumità psico-fisica dei lavoratori irregolarmente impiegati dall’impresa straniera (e non solo!);
- Palese disparità di trattamento riservata ai datori di lavoro nazionali che, in situazioni analoghe, sono invece destinatari del provvedimento interdittivo.
Per quanto concerne l’eventuale mancato rispetto degli obblighi amministrativi introdotti dal D.Lgs. n. 136/2016, vengono confermati i seguenti presidi sanzionatori.
Violazione obblighi amministrativi | Sanzione | Precetto e norma sanzionatoria |
Violazione degli obblighi di comunicare: - Il distacco entro le ore 24 del giorno antecedente all’inizio del distacco stesso (fatti salvi i casi che ammettono la “Comunicazione preventiva posticipata”); - L’annullamento/nuova comunicazione di dati essenziali entro le ore 24 del giorno antecedente all’inizio del distacco del lavoratore; - Tutte le modificazioni successive concernenti dati non essenziali entro 5 gg. dal verificarsi dell’evento | Sanzione amministrativa da 150 (+30 euro di magg.) a 500 euro (+ euro 100 di magg.) per ogni lavoratore interessato; (1) | Art. 10, co. 1, D.Lgs. n. 136/2016; Art. 12, co.1, D.Lgs. n. 136/2016; Art. 1, co. 445 lett. d), Legge n. 145/2018; |
Autotrasporto: violazione dell’obbligo di circolazione con la documentazione prevista, ovvero con documentazione non conforme | Sanzione amministrativa da 1.000 (+200 euro di magg.) a 10.000 euro (+2.000 euro di magg.); (1)Si applicano le disposizioni dell'art. 207 C.d.S. (D.Lgs. n. 285/1992) | Art. 10, co. 1-bis, 1-ter e 1- quater, D.Lgs. n. 136/2016; Art. 12, co.1-bis, D.Lgs. n. 136/2016; Art. 1, co. 445 lett. d), Legge n. 145/2018; |
Violazione degli obblighi di predisporre in lingua italiana e conservare: il contratto di lavoro, i prospetti paga, il calendario delle presenze, le quietanze di pagamento delle retrib., la comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro, il mod. A1 | Sanzione amministrativa da 500 euro (+100 euro di magg.) a 3.000 euro (+600 euro di magg.) per ogni lavoratore interessato (1) | Art. 10, co. 3, lett. a) D.Lgs. n. 136/2016; Art. 12, co. 2, D.Lgs. n. 136/2016; Art. 1, co. 445 lett. d), Legge n. 145/2018; |
Violazione dell’obbligo di designare: - Il referente nazionale incaricato di inviare e ricevere atti e documenti; - Il referente con poteri di rappresentanza per tenere i rapporti con le parti sociali. | Sanzione amministrativa da 2.000 euro (+400 euro di magg.) a 6.000 euro (+1.200 euro di magg.) | Art. 10, co. 3, lett. b) e co. 4, D.Lgs. n. 136/2016 Art. 12, co. 3, D.Lgs. n. 136/2016; Art. 1, co. 445 lett. d), Legge n. 145/2018; |
(1) La sanzione non può in ogni caso superare euro 150.000. La maggiorazione del 20% prevista dall’art. 1, co. 445 della L. n. 145/2018 si applica alle condotte che si realizzano a partire dall’1/1/2019. La suddetta maggiorazione verrà raddoppiata laddove, nei 3 anni precedenti, il datore di lavoro sia stato destinatario di sanzioni amministrative o penali per i medesimi illeciti. |
Le considerazioni contenute nel presente contributo sono frutto esclusivo del pensiero dell’Autore e non hanno carattere in alcun modo impegnativo per l’Amministrazione di appartenenza