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Archivio newsUNGDCEC, Virgillito: il commercialista tra continuità e risoluzione della crisi d’impresa
“Il giovane dottore commercialista è dotato di competenze e flessibilità tali da rappresentare un insostituibile supporto nell’istituzione di un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa, idoneo alla rilevazione dei sintomi della crisi; ha competenze tecniche specifiche nell’ambito della revisione e della vigilanza, è advisor e attestatore. Con l’intento, l’auspicio di un cambio di mentalità che possa permettere interventi nell’evoluzione fisiologica dell’impresa, senza che la crisi degeneri nella patologia”. Il Presidente dell’UNGDCEC Daniele Virgillito anticipa a IPSOA Quotidiano i temi del Convegno Nazionale UNGDCEC “Il Dottore commercialista tra continuità aziendale e risoluzione della crisi: nuove opportunità alla luce della Riforma”, che si tiene a Chieti da oggi fino al 5 ottobre 2019.
I temi del 58° Convegno Nazionale dell’UNGDCEC si inseriscono in uno scenario di profondi mutamenti, introdotti dal nuovo Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza. Argomenti di grande attualità e origine di nuove opportunità e sbocchi professionali non solo per i colleghi che già operano in tale ambito ma anche, e soprattutto, per i giovani professionisti che saranno sempre più chiamati a svolgere una molteplicità di funzioni: in qualità di consulenti d’impresa, di organi di controllo e di componenti dei nuovi organismi di composizione della crisi.
“Sullo sfondo della 2 giorni di Chieti, tracceremo una panoramica delle attività che il giovane dottore commercialista può prestare a favore delle imprese, nello spirito della riforma e con l’obiettivo di prevenire gli aspetti patologici dell’insolvenza. Il giovane dottore commercialista è dotato di competenze e flessibilità tali da rappresentare un insostituibile supporto nell’istituzione di un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa stessa, idoneo alla rilevazione dei sintomi della crisi; ha competenze tecniche specifiche nell’ambito della revisione e della vigilanza, è advisor e attestatore. Con l’intento, l’auspicio di un cambio di mentalità che possa permettere interventi nell’evoluzione fisiologica dell’impresa, senza che la crisi degeneri nella patologia.”
Così il Presidente dell’UNGDCEC Daniele Virgillito descrive il ruolo che i commercialisti possono svolgere nel nuovo mondo della crisi d’impresa e dell’insolvenza. Di questi e di altri temi si parlerà il 3 e 4 ottobre al 58° Congresso Nazionale dell’UNGDCEC, dedicato a “Il Dottore commercialista tra continuità aziendale e risoluzione della crisi: nuove opportunità alla luce della Riforma”.
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Due delle tre tavole rotonde previste si concentreranno sui temi professionali di maggior rilievo per l’emersione anticipata della crisi e sulle soluzioni alternative.
La prima pone al centro del dibattito la continuità aziendale e gli indicatori di crisi, tra coerenza e difficoltà operative, poiché accanto alla sfida costituita dalla predisposizione degli indicatori, vi è quella legata alla loro contestualizzazione, applicazione e interpretazione. Un delicato compito che il professionista, nei diversi ruoli (consulente, organo di controllo, professionista indipendente) si troverà ad affrontare.
La seconda tavola rotonda tratterà le soluzioni alternative della crisi, nell’ottica del rilancio dell’economia attraverso l’analisi di strumenti ed opportunità per salvaguardare il valore dell’azienda e consentirne la sopravvivenza nonostante la crisi.
La tavola rotonda conclusiva sarà dedicata al lato umano dell’impresa e si prospetta di grande interesse, sia per gli interventi trasversali che per la delicatezza del rapporto tra il professionista e l’imprenditore, che abbiamo voluto intitolare “Gestire la crisi: non solo algoritmi”.
Numerosi saranno i focus con contenuti prettamente operativi.
Il primo tratterà il cambiamento culturale richiesto al management e il delicato ruolo degli organi di controllo, che sono chiamati ad essere i primi garanti della continuità aziendale, avendo il legislatore rafforzato poteri e responsabilità per un tempestivo rilevamento dei primi segnali di crisi e la conseguente attivazione delle nuove procedure di allerta.
Il secondo discuterà la sostituzione del fallimento con la liquidazione giudiziale: semplice cambio di “etichetta” o raggiungimento degli obiettivi di economicità, efficacia ed efficienza? Sarà proposto il confronto sulle principali modifiche alla legge fallimentare attraverso l’analisi nel nuovo accertamento del passivo e del programma di liquidazione e vendita dei beni, l’attività informativa verso i creditori ed il riparto continuativo, sempre più orientati alla trasparenza, all’efficienza ed alla rapidità esecutiva.
I temi congressuali saranno inoltre affrontati nell’ambito dei workshop monotematici relativi al Controllo di gestione attraverso il MOG, quale strumento di organizzazione interna e prevenzione della crisi; all’ingresso della composizione della crisi da sovraindebitamento nel codice della crisi e dell’insolvenza e alle novità rispetto alla legge n. 3/2012; alla valutazione dell’azienda in crisi; agli aspetti fiscali delle procedure e alla transazione fiscale nel nuovo codice; alle innovative disposizioni in merito ai gruppi di imprese nel codice della crisi.
Ma quali sono le opportunità che la riforma offre al giovane dottore commercialista? Quali i rischi?
Ne abbiamo parlato con Daniele Virgillito, Presidente dell’UNGDCEC.
Il nuovo Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza rappresenta una vera opportunità per i giovani commercialisti? Come vi state preparando?
Dal nostro punto di vista è piuttosto evidente intravedere una grande opportunità per i giovani dottori commercialisti. Per affrontare la sfida dell’emersione anticipata della crisi serviranno nuove competenze: bisognerà guardare, ad esempio, all’attività di business planning e al controllo di gestione, saper analizzare i dati di mercato, conoscere le banche dati, elaborare statistiche settoriali, fare benchmark tra i vari competitor.
Una vera rivoluzione che è già in corso e nella quale i giovani commercialisti sono e saranno protagonisti. Un ulteriore impulso alla professionalità è dettato dall’ampliamento delle società soggette a revisione e vigilanza esterna, che rappresenta una notevole quota del nostro sistema economico.
Per affrontare le nuove sfide l’Unione Giovani Dottori Commercialisti dedica molto spazio all’aggiornamento, per il quale vengono organizzati numerosi corsi e convegni a livello nazionale ma anche locale, sempre con alta partecipazione e interesse; in questo senso possiamo anche contare sulla brillante collaborazione e il supporto scientifico della Fondazione Centro Studi UNGDCEC.
Nuove opportunità si accompagnano a nuove e maggiori responsabilità. Qual è il vostro punto di vista?
Per i dottori commercialisti è fisiologico assumere ruoli di responsabilità negli ODC, in ambito di certificazione dei crediti fiscali, quali attestatori dei piani di risanamento e di concordato. In tal senso, non intendiamo sottrarci alle nostre responsabilità che, anzi, aiutano a tenere “alto il livello di attenzione”.
È vero anche che, soprattutto nei contesti di crisi, non possiamo e non vogliamo essere considerati solo “possibile massa attiva” nei casi di chiaro insuccesso imprenditoriale, tanto che si chiami fallimento quanto che si chiami liquidazione giudiziaria.
Non accettiamo che ai delicati ruoli che ci vengono affidati corrispondano responsabilità (e pene) sproporzionate ai compensi spettanti per l’attività svolta con diligenza e professionalità: è noto agli operatori del settore che l’attività del professionista è talmente ampia che la competenza interdisciplinare, la diligenza, l’indipendenza e la professionalità non sempre sono sufficienti per una “certificazione” o “attestazione”; si tratta, quindi, di definire con maggiore ragionevolezza - e soprattutto chiarezza - quale sia il metro di valutazione, il più possibile oggettivo, della “professionalità e diligenza” che deve essere impiegata nello svolgimento degli incarico, senza tralasciare che le conseguenti responsabilità devono, necessariamente, parametrarsi quantomeno ad un multiplo del compenso percepito.
Compensi: quali scenari si prospettano?
Dopo l’abolizione delle tariffe del lontano decreto Bersani e la palese mortificazione delle professioni, con tutte le conseguenze che ne sono derivate, finalmente si ritorna oggi a parlare di equo compenso e tariffe minime, a livello nazionale ma anche comunitario.
Proprio dal palco del 57° Congresso Nazionale dell’UNGDCEC, tenutosi a Torino lo scorso aprile, l’ex sottosegretario Morrone aveva assunto l’impegno ad alimentare un tavolo sull’equo compenso. Le successive vicende politiche sono note a tutti, ma confidiamo e auspichiamo che il dialogo possa proseguire in modo ancora più attivo e costruttivo, per garantire agli operatori una remunerazione minima adeguata all’impegno richiesto, senza speculazioni o rendite di posizione, ma giusta e idonea al mantenere dignità professionale.
Interessante ricordare, al riguardo, uno studio compiuto dalla Fondazione Centro Studi UNGDCEC relativo ad un debitore c.d. incapiente, con debiti pari a 50.000 euro e un attivo di 1.000 euro. Il compenso per il gestore della crisi, in questo caso, ridotto della metà, oscillerebbe tra un minimo di 107,5 euro e un massimo di 305 euro, da cui decurtare la quota spettante all’OCC, generalmente nell’ordine del 20%.
Stimando un carico di lavoro pari a 50 ore, appena sufficienti per analizzare e redigere una relazione particolareggiata ed espletare gli adempimenti richiesti, al professionista spetterebbe un compenso tra € 1,72 e 4,88 euro orari.
Poco cambia nel caso di un sovraindebitato non incapiente, dovendosi applicare una riduzione tra il 15% e il 40%, di poco inferiore.
Con questi compensi difficilmente deciderà di dedicarsi al sovraindebitamento.
È necessaria, inoltre, l’introduzione di una tariffa minima (leggasi: equo compenso) per le funzioni di revisori contabili e membri del collegio sindacale, nonché, ribadisco, delle limitazioni alle responsabilità del professionista che non può essere illimitata e pari a quella dell’organo gestorio.
E cosa ci dice della protesta dei commercialisti?
La protesta indetta da tutte le sigle sindacali rappresenta la prima effettiva forma di astensione di una categoria, vessata da inutili adempimenti, false semplificazioni e promesse disattese.
Non è un caso, infatti, che questa protesta abbia trovato pieno accoglimento anche da parte del Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili, che ha invitato tutti gli ordini locali ad aderire, il prezioso supporto anche del CN Forense, dei Garanti dei contribuenti e di numerose associazioni datoriali.
La nostra protesta mira ad ottenere due risultati che definiamo pilastri di un nuovo rapporto Stato-Cittadino: in primo luogo la piena e vera attuazione dello Statuto del Contribuente, con poteri, ai Garanti del contribuente, tali da inibire concretamente l’applicazione di norme vessatorie. Secondo aspetto, la realizzazione di un leale rapporto tra Stato e professionisti esperti e qualificati, in materia tributaria; l’introduzione di un provvedimento in quest’ambito deve essere concertata preliminarmente con le rappresentanze di categoria, così come avviene, da sempre, per ogni altra relazione industriale o sociale.
La recente risposta del MEF al question time in Commissione Finanze alla Camera ha ulteriormente gettato benzina sul fuoco. Una inaccettabile difesa d’ufficio nella quale il Ministero dell’Economia sorprendentemente sorvola sul mancato rispetto dello Statuto del contribuente. Irritante la generica apertura al dialogo con l’avvio di un ipotetico tavolo con gli operatori. Sconcertante il passaggio in cui l’Ufficio Legislativo del MEF afferma che le revisioni effettuate sugli ISA non hanno avuto un reale impatto sui calcoli.
Dalla risposta del MEF emerge un ministero avulso dalla realtà, che ignora l’allarme corale lanciato in questi mesi da professionisti e tecnici. Abbiamo avviato questa protesta non contro qualcuno, ma a difesa dell’equilibrio del sistema, il problema degli ISA non è, come si legge nella risposta del MEF, la complessità di cui peraltro nessuno si è lamentato, ma è la mancanza di attendibilità e affidabilità dei dati.
Non revocheremo lo sciopero in presenza di un semplice tavolo di concertazione, quello che abbiamo chiesto è un provvedimento di urgenza.
Con la nostra protesta non vogliamo portare nocumento. Questo non è uno sciopero contro qualcuno, ma per il rispetto dei diritti di tutti i contribuenti. Se la nostra voce rimarrà inascoltata siamo pronti a indire nuovi scioperi. Non siamo più disponibili a cadere nel tranello degli “annunci”, chiediamo ascolto e una vera semplificazione fiscale, una promessa finora mai attuata, tanto che dal 2015 a oggi sono stati introdotti 53 nuovi e spesso ridondanti adempimenti. Lo strumento statistico va affinato in quanto non garantisce quell’attendibilità di risultato che invece deve assicurare.
Gli indici di “affidabilità” si sono dimostrati “inaffidabili”.
A circa un mese dalla scadenza, il D..M di agosto, modificando la componente di dati “pre-compilati”, ha mandato in fumo tutto il lavoro svolto dai nostri colleghi; tutto ciò a ennesima riprova del fatto che gli ISA sono stati adottati in maniera prematura violando palesemente i tempi dettati dallo Statuto dei diritti del contribuente.