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Archivio newsCountdown per Draghi alla Bce, in attesa del rating di S&P per l’Italia
La settimana si apre con la “resa dei contri” per il Gruppo Gedi: lunedì il Cda si riunisce per la trimestrale, ma sarà il futuro del gruppo al centro del dibattito. E di futuro si parlerà anche a Londra nella “Davos dei giovani”, quattro giorni di dibattiti per “i più brillanti giovani di ogni Paese”. In coda alla settimana, l’ultima conferenza di Mario Draghi alla Bce e il temuto giudizio di S&P all’Italia: congelerà il proprio giudizio o darà un outlook quantomeno stabile?
Anno d'esordio: 2010. Titolo, evocativo: The One Young World Summit. Sono quattro giorni di incontri e dibattiti tra quelli che vengono definiti «i più brillanti giovani talenti di ogni Paese e ogni settore» e leader (a volte solo presunti tali) della politica, del business, dell'impegno umanitario a livello globale. L'ambizione sarebbe farne una Davos under 30. Questa edizione - si torna a Londra, dove il summit è nato - è in effetti sold out da settimane. E la «meglio gioventù» che da oggi a venerdì si incontrerà nella City esibirà i passaporti di 190 nazioni: più di quante riesca a metterne insieme un'Olimpiade. L'organizzazione deve però aver rivisto il concetto di leadership, oppure ha cambiato target, o forse siamo noi che non capiamo: nei summit passati i nomi di punta andavano da Bill Clinton a Desmond Tutu, da Kofi Annan a Bob Geldof, per il 2019 anno la scelta è caduta su Meghan Markle. Se non altro, attirerà i flash dei fotografi.
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Countdown. Sono gli ultimi giorni di Mario Draghi alla guida della Bce e questa, oggi, sarà la sua ultima conferenza stampa all'Eurotower: d'ora in poi, il punto sulla politica monetaria e l'annuncio delle decisioni del board spetteranno a Christine Lagarde. Pochi dubbi sulla linea di continuità tra presidente uscente ed entrante, ovviamente nessuna notizia attesa dal briefing post consiglio, ma sull'appuntamento sono comunque accesi i riflettori: quello dalla stampa sarà il primo di tanti commiati, per «l'imperturbabile italiano» (definizione del Financial Times) che a Francoforte ha passato otto anni, ha vissuto da lì una crisi globale probabilmente persino peggiore di quella del 1929, ha preso decisioni forti e difficili. Non tutti nel board le hanno sempre condivise (Jens Weidmann ha sparato ad alzo zero fino alla fine: non gli è servito a ottenere la presidenza). Ma, tutto sommato, se l'Europa è uscita dal tunnel senza troppi traumi il merito è in buona parte di quelle scelte. L'omaggio-stampa di fine mandato lo riconoscerà.
In aprile, quando aveva confermato il rating a BBB con outlook negativo (era stabile fino a ottobre 2018), aveva anche ribadito che «i continui cambiamenti politici indeboliscono il potenziale di crescita» del Paese. Quei «continui cambiamenti» non solo non si sono attenuati: hanno investito la maggioranza di governo, il Pd ha preso il posto della Lega, dall'esecutivo gialloverde «Conte 1» siamo passati all'esecutivo giallorosso «Conte 2». Come Standard & Poor's valuterà la nuova situazione, e la manovra economica che ne è uscita, lo dovremmo vedere oggi: sapremo se l'agenzia congelerà il proprio giudizio o se (è improbabile ma non si sa mai) aprirà subito uno spiraglio nella finestra di 24 mesi concessaci per evitare il declassamento vero e proprio. E magari recuperare un outlook almeno «stabile».