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Crisi d’impresa: indici di allerta con approccio gerarchico

In occasione della prima giornata del convegno nazionale “La crisi d’impresa, il CNDCEC ha presentato un documento contenente gli indici di allerta, previsti dal Codice della crisi e dell’insolvenza (D.Lgs. 14/2019), che dovranno essere esaminati dal Ministero dello sviluppo economico per la relativa approvazione. Nella prima parte del documento sono illustrati gli indici sottoposti all’approvazione del Ministero, il cui utilizzo sarà caratterizzato da un approccio gerarchico: con una prima categoria di indici applicabili indistintamente a tutte le imprese (patrimonio netto e debt service coverage ratio) e una seconda caretterizzata da valori soglia differenziati per settori economici.

In occasione del Convegno Nazionale “La crisi d’impresa”, organizzato dal Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, il CNDCEC ha presentato un documento contenente i nuovi indici di allerta previsti dal Codice della crisi e dell’insolvenza.

Si ricorda al riguardo che l’art. 13 del D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14 assegna al Consiglio nazionale dei dottori commercialisti ed esperti contabili, tenuto conto delle migliori prassi nazionali ed internazionali, il compito di elaborare con cadenza almeno triennale, in riferimento ad ogni tipologia di attività economica, gli indici che, valutati unitariamente, fanno ragionevolmente presumere la sussistenza di uno stato di crisi dell’impresa.

Il documento si compone di due parti: la prima contenente gli indici di allerta, i quali saranno sottoposti all’approvazione del Ministero dello sviluppo economico mediante apposito decreto; la seconda parte (non soggetta ad approvazione ministeriale) contenente la nota metodologica per il relativo calcolo e applicazione.

L’esame svolto dal CNDCEC per la messa a punto degli indici è stato effettuato con un metodo scientifico basato sull’analisi storica dei bilanci messi a disposizione da Cerved su un campione di aziende che hanno manifestato negli anni elementi di insolvenza.

Il primo comma dell’art. 13 del D.Lgs. n. 14/2019 qualifica come indicatori di crisi: “gli squilibri di carattere reddituale, patrimoniale o finanziario, rapportati alle specifiche caratteristiche dell’impresa e dell’attività imprenditoriale svolta dal debitore (…) rilevabili attraverso appositi indici che diano evidenza della sostenibilità dei debiti per almeno i sei mesi successivi e delle prospettive di continuità aziendale per l’anno in corso (…). A questi fini, sono indici significativi quelli che misurano la sostenibilità degli oneri dell’indebitamento con i flussi di cassa che l’impresa è in grado di generare e l’adeguatezza dei mezzi propri rispetto a quelli di terzi (…)”.

In conformità a quanto previsto dalla norma, gli indici messi a punto dal CNDCEC possono essere ricondotti a due diverse tipologie.

Il primo gruppo di indici risponde alle prescrizioni fornite nel primo comma del menzionato art. 13 e si sostanzia nei seguenti due indici applicabili indistintamente a tutte le imprese: patrimonio netto negativo e debt service coverage ratio (DSCR).

Dal punto di vista metodologico il primo passo consiste nel monitoraggio del patrimonio netto, da assumere considerando il totale della voce A) nel passivo patrimoniale al netto dei crediti verso soci per versamenti ancora dovuti, di eventuali dividendi deliberati e non ancora contabilizzati e delle azioni proprie.

In presenza di un patrimonio netto positivo occorre comunque verificare il valore del secondo indice, il DSCR, che misura la capacità dell’impresa di produrre, nei successivi sei mesi, entrate sufficienti a coprire i debiti da onorare nello stesso periodo. Il valore di questo indice deve essere superiore a 1 in situazione di normalità. Un valore di questo indice superiore a 1 evidenzia la capacità prospettica di sostenibilità dei debiti su un orizzonte di 6 mesi, mentre un valore inferiore a 1 è sintomatico della relativa incapacità di far fronte ai debiti.

In presenza di un patrimonio netto positivo e di un valore del DSCR positivo è possibile escludere la presenza di sintomi di crisi. Viceversa, nell’ipotesi in cui il DSCR non sia ritenuto attendibile occorre procedere alla valutazione dei c.d. “indici di settore” che costituiscono il secondo gruppo di indici elaborati dal CNDCEC e presentano valori soglia differenti per settori economici.

Si tratta in particolare di:

- indice di sostenibilità degli oneri finanziari (rapporto tra oneri finanziari e fatturato)

- indice di adeguatezza patrimoniale (rapporto tra patrimonio netto e i debiti totali)

- indice di ritorno liquido dell’attivo (rapporto tra il cash flow e il totale dell’attivo)

- indice di liquidità (rapporto tra il totale delle attività e il totale delle passività a breve termine)

- indice di indebitamento previdenziale o tributario (rapporto tra il totale dell’indebitamento previdenziale e tributario e il totale dell’attivo)

La sussistenza di uno stato di crisi richiede il superamento di tutte e cinque le soglie previste, mentre il superamento di una soltanto o di alcune di esse deve rappresenta un indizio parziale ed eventuale dello stato di crisi.

Si ricorda che ai sensi del terzo comma dell’art. 13 del D.Lgs. n. 14/2019 qualora l’impresa non ritenga adeguati gli indici, in considerazione delle proprie caratteristiche, è tenuta a specificarne le ragioni nella nota integrativa al bilancio d’esercizio, indicando nella medesima nota integrativa gli indici idonei a far presumere la sussistenza la sussistenza del suo stato di crisi, attestati da un professionista indipendente.

Il documento, infine, prevede specifici indici per le start-up innovative, le imprese in liquidazione e le imprese neocostituite; inoltre tiene conto di alcune specificità afferenti il settore delle cooperative, dei consorzi e quello della edilizia.

Fonte: https://www.ipsoa.it/documents/impresa/fallimento-e-procedure-concorsuali/quotidiano/2019/10/26/crisi-impresa-indici-allerta-approccio-gerarchico

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