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Collaborazioni etero-organizzate per scelta: è una strada percorribile?

L’attività di alcune figure professionali altamente qualificate, da un punto di vista operativo, è distante dalla subordinazione ed anche dalla eterodirezione, ma presenta tutte le caratteristiche di una collaborazione etero-organizzata. Si tratta di soggetti che non ricevono ordini, non sono soggetti a potere disciplinare, non ricevono un compenso fisso; ma quest’ultimo è comunque commisurato al tempo necessario per eseguire la prestazione richiesta e, soprattutto, hanno il rischio d’impresa. E’ possibile, che le parti optino spontaneamente per la collaborazione etero-organizzata con l’applicazione della disciplina del lavoro subordinato?

Le collaborazioni coordinate e continuative (co.co.co) di cui all’art. 409 n. 3 c.p.c. consistono in rapporti di collaborazione che si concretano in una prestazione di opera continuativa e coordinata, prevalentemente personale di natura autonoma, anche se non a carattere subordinato.

Caratteristica delle co.co.co. genuine è, quindi, la continuità della prestazione che deve essere prevalentemente personale nonché il coordinamento con l’organizzazione del committente, fermo restando che l’attività deve essere finalizzata al raggiungimento di una finalità individuata dal committente stesso.

Il Legislatore, con l’art. 2 del D.Lgs. n. 81/2015 (Testo Unico dei contratti), ha stabilito l’applicazione della disciplina del rapporto di lavoro in caso di collaborazione etero-organizzata, ovvero nel caso in cui il rapporto di collaborazione si concreti in una prestazione prevalentemente (fino al 2.11.2019 esclusivamente) personale e continuativa (ed in merito a queste caratteristiche non si registra alcuna difformità rispetto alla co.co.co. genuina) dove le modalità di esecuzione siano, però, organizzate dal committente (fino al 2.11.2019 anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro).

L’ultima modifica apportata all’art. 409 n. 3 c.p.c. dalla l. n. 81/2017 stabilisce che la collaborazione si intende coordinata quando, nel rispetto delle modalità di coordinamento stabilite di comune accordo dalle parti, il collaboratore organizzi autonomamente l'attività lavorativa.

In pratica il Legislatore ha definito meglio il limite tra co.co.co. genuine ed etero-organizzate chiarendo che la presenza di coordinamento non comporta l’applicazione della disciplina del rapporto di lavoro subordinato.

Come evidenziato da alcuni commentatori, la modifica conferma l’opportunità di prevedere una disciplina specifica delle modalità di coordinamento tra le parti che, ad esempio, può consistere nell’inserire, nel contratto tra le parti, la necessità di incontri periodici per fare il punto sullo stato di avanzamento dei servizi o una rendicontazione periodica sui risultati raggiunti dal collaboratore e le esigenze del committente, così da coordinare l’attività del collaboratore, senza arrivare ad organizzarla.

Per il Ministero del Lavoro (circolare n. 3/2016) e l’Ispettorato del Lavoro (circolare n. 6/2019) e con riferimento al testo legislativo prima della modifica di cui alla l. n. 128/2019, si ha etero-organizzazione quando il collaboratore opera all’interno di un’organizzazione datoriale rispetto alla quale sia tenuto ad osservare determinati orari di lavoro e sia tenuto a prestare la propria attività presso luoghi di lavoro individuati dallo stesso committente, sempre che le prestazioni risultino continuative ed esclusivamente personali.

Tali condizioni devono ricorrere congiuntamente.

Per “prestazioni di lavoro esclusivamente personali” si intendono le prestazioni svolte personalmente dal titolare del rapporto, senza l’ausilio di altri soggetti; le stesse devono essere inoltre “continuative”, ossia ripetersi in un determinato arco temporale al fine di conseguire una reale utilità e organizzate dal committente quantomeno con riferimento “ai tempi e al luogo di lavoro”.

Alla luce delle modifiche apportate dalla l. n. 128/2019, posto che la prestazione potrebbe essere resa dal collaboratore anche avvalendosi di soggetti che dipendono da lui, a parere di chi scrive, si ha, in generale, etero-organizzazione quando il collaboratore sia soggetto al potere organizzativo del committente il quale può essere esercitato sia con riferimento ai tempi e luoghi di lavoro sia con riferimento ad altro (che cosa nello specifico ce lo chiarirà la dottrina e la giurisprudenza).

Posto quindi che in caso di collaborazione etero-organizzata si applica la disciplina del rapporto di lavoro subordinato, occorre andare a stabilire in cosa concretamente consiste questa applicazione.

Per il Ministero del Lavoro (circolare n. 3/2016) la formulazione utilizzata dal Legislatore, di per sé generica, lascia intendere l'applicazione di qualsivoglia istituto, legale o contrattuale (ad es. trattamento retributivo, orario di lavoro, inquadramento previdenziale, tutele avverso i licenziamenti illegittimi ecc.), normalmente applicabile in forza di un rapporto di lavoro subordinato.

Stando, invece, alla Corte di Appello di Torino, sentenza 11 gennaio 2019, la disciplina da imporre nel caso di specie è relativa alla retribuzione diretta, indiretta e differita, ossia, in sequenza: paga base, contingenza, EDR, scatti di anzianità, ferie, festività, permessi annui retribuiti, mensilità aggiuntive (tredicesima e quattordicesima), TFR e preavviso.

Il tema affrontato nell’articolo è stato oggetto di approfondimento e discussione in aula nel primo incontro dell’edizione 2019/2020, dedicato a “I contratti di lavoro flessibile dopo il Decreto Dignità”.

Scopri il programma, le sedi e le date

Dalla citata sentenza della Corte di Appello di Torino si deduce, inoltre, che i requisiti della etero-organizzazione sussistono anche nel caso in cui i collaboratori utilizzino strumenti di lavoro rientranti nella loro autonoma disponibilità: nel caso di specie i riders utilizzavano il mezzo di loro proprietà ma la app era fornita dal committente così come, per i ciclofattorini in generale, è fornita dal committente la borsa dove inserire, per esempio, le pietanze da consegnare o altro.

Inoltre:

- per i riders il luogo di lavoro non è prettamente definito ma, tuttavia, è circoscritto ad un quartiere della città o ad una zona, in linea di massima, idealmente delimitata in base agli itinerari di consegna ed alla tempestività della consegna stessa;

- i riders scelgono se e quando lavorare ma dopo aver comunicato la propria scelta al committente è questo che stabilisce il range di orario in cui devono essere disponibili per effettuare le consegne.

Da quanto sopra se ne deduce che l’organizzazione da parte del committente con riferimento “ai tempi e al luogo di lavoro” va intesa in senso molto ampio, ovvero riferita anche ad un range di orario e ad una zona delimitata anche se molto ampia.

Da un punto di vista operativo, molto spesso l’attività di alcune figure è sì distante dalla subordinazione così come dalla eterodirezione – che comporterebbe la trasformazione del rapporto in rapporto in lavoro subordinato – ma non presenta neanche le caratteristiche della collaborazione genuina.

Piuttosto – anche alla luce dell’interpretazione giurisprudenziale recente sopra analizzata – presenta tutte le caratteristiche di una collaborazione etero-organizzata.

E’ il caso di docenti madrelingua che insegnano in scuole o anche presso il domicilio degli studenti o di programmatori altamente qualificati che si recano presso clienti del committente per svolgere la prestazione richiesta.

Sono tutti soggetti altamente qualificati che non prendono disposizioni né sono soggetti a potere disciplinare, non ricevono un compenso fisso ma quest’ultimo è comunque commisurato al tempo necessario per eseguire la prestazione richiesta e, soprattutto, hanno il rischio di impresa.

Anche l’orario non è stabile e continuativo ma è organizzato dal committente con riferimento ad un range: per esempio il docente a domicilio o che fa la lezione individuale a scuola ed il programmatore decidono se e quando lavorare, ma una volta data la propria disponibilità è il committente a fissare l’appuntamento con il cliente.

Analogo discorso si deve fare con riferimento al luogo di lavoro che non è per forza la sede del committente ma che comunque è organizzato dal committente che indica al prestatore dove deve recarsi (per esempio: la sede del cliente).

A questo punto chi scrive si chiede se l’art. 2 del Testo Unico dei contratti debba avere per forza carattere sanzionatorio e non sia, invece, possibile, che le parti optino spontaneamente per la collaborazione etero-organizzata con l’applicazione della disciplina del lavoro subordinato, magari solo applicando la disciplina relativa alla retribuzione diretta, indiretta e differita come stabilito per i riders dalla Corte di Appello di Torino, senza l’inserimento stabile ed esclusivo nell’organizzazione aziendale del committente.

Chiaramente una collaborazione di tale tipo sarebbe il caso di certificarla presso le commissioni di certificazione ex art. 76, D.Lgs. n. 276/2003 per far sì che gli effetti permangano, anche verso i terzi, fino al momento in cui sia stato accolto, con sentenza di merito, uno dei ricorsi giurisdizionali esperibili ai sensi dell'articolo 80 del medesimo decreto, fatti salvi i provvedimenti cautelari.

Certo è una strada nuova da percorrere…. Ma perché no?

Le considerazioni contenute nel presente contributo sono frutto esclusivo del pensiero dell’Autore e non hanno carattere in alcun modo impegnativo per l’Amministrazione di appartenenza.

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Fonte: https://www.ipsoa.it/documents/lavoro-e-previdenza/amministrazione-del-personale/quotidiano/2019/11/12/collaborazioni-etero-organizzate-scelta-strada-percorribile

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