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PIR: dal 2020 meno vincoli per casse di previdenza e fondi pensione

Una nuova riforma interessa i PIR. In base all’emendamento al decreto fiscale 2020, approvato dalla Commissione Finanze della Camera nella seduta del 25 novembre, gli enti di previdenza obbligatoria e i fondi pensione possono essere titolari di più di un piano di risparmio a lungo termine, sebbene a ciascuno di essi non sia comunque possibile destinare più del 10% del patrimonio. Inoltre, per i piani individuali di risparmio sottoscritti dal 1° gennaio 2020, l’investimento delle somme e dei valori in PIR per almeno il 70% in strumenti finanziari anche non negoziati in mercati regolamentati o nei sistemi multilaterali di negoziazione potrà essere realizzato direttamente o indirettamente.

I piani individuali di risparmio (PIR) rappresentano una specifica tipologia di investimento destinato alle persone fisiche disciplinata dall’art. 1, commi 100-114, legge n. 232/2016, i cui redditi beneficiano dell’esenzione:

- dalle imposte sui redditi derivanti dagli strumenti finanziari e dalla liquidità che concorrono a formare il PIR (sia i redditi di capitale che i redditi diversi);

- dall’imposta sulle successioni.

Per effetto delle modifiche introdotte dalla legge di Bilancio 2019, e per effetto dell'emanazione del D.M. 30 aprile 2019, le risorse destinate ai PIR costituiti dal 1° gennaio 2019, devono essere investite

- per un importo pari o superiore al 70% e per almeno i 2/3 di ciascun anno solare in strumenti finanziari emessi da società italiane o residenti in Stati membri UE o in Stati aderenti all'Accordo sullo Spazio economico europeo (UE/ASEE) aventi stabile organizzazione in Italia;

- per il restante 30% da qualsiasi altro strumento finanziario, ivi compresi depositi e conti correnti.

La percentuale del 70% deve essere così composta:

- almeno il 30% (quindi il 21% dell'importo complessivo) deve essere rappresentato da strumenti finanziari emessi da società diverse da quelle inserite nel FTSE MIB della Borsa italiana o in indici equivalenti di altri mercati regolamentati;

- almeno il 5% (quindi il 3,5% dell'importo complessivo) deve essere rappresentato da strumenti finanziari emessi dalle PMI, come definite dalla raccomandazione della Commissione europea n. 2003/361/CE, ammessi alla negoziazione sui sistemi multilaterali di negoziazione;

- almeno il 5% (quindi il 3,5% dell'importo complessivo deve essere rappresentato da quote o azioni di fondi per il Venture Capital residenti in Italia, in Stati membri dell'Unione europea o in Stati UE/ASEE).

Inoltre, il D.M. 30 aprile 2019 stabilisce che per calcolare il rispetto delle percentuali negli investimenti, sono considerati sia gli strumenti di equity (ossia forme di partecipazione al capitale sociale dell'impresa, ovvero impegni nella sottoscrizione e nel versamento di capitale, trattandosi quindi di capitale di rischio) sia titoli obbligazionari subordinati o convertibili in azioni. I fondi di investimento e/o i fondi di venture capital sono responsabili del controllo sull'effettivo rispetto dei requisiti richiesti sin dal momento dell'investimento iniziale.

Per quel che concerne le PMI, si considera ammissibile la società che, al momento dell’investimento iniziale:

a) non è quotata;

b) soddisfa una delle seguenti condizioni:

- non ha operato in alcun mercato;

- opera in un mercato qualsiasi da meno di sette anni dalla prima vendita commerciale;

- necessita di un investimento iniziale per il finanziamento del rischio che, sulla base di un piano aziendale elaborato per il lancio di un nuovo prodotto o l'ingresso su un nuovo mercato geografico, è superiore al 50% del suo fatturato medio annuo registrato negli ultimi cinque anni.

Tali requisiti si desumono da una dichiarazione sottoscritta dal legale rappresentante dell’impresa, che l’intermediario presso i quali sono costituiti i PIR deve obbligatoriamente richiedere alla società da cui risulti peraltro che la stessa non ha ricevuto aiuti per il finanziamento del rischio superiori a 15 milioni di euro.

Con un emendamento approvato dalla Commissione Finanze della Camera, viene introdotto nel D.L. n. 124/2019 l’art. 13.bis, in base al quale - per i piani di risparmio individuale sottoscritti dal 1° gennaio 2020 - l’investimento delle somme o dei valori in PIR per almeno il 70% in strumenti finanziari anche non negoziati in mercati regolamentati o nei sistemi multilaterali di negoziazione, potrà essere realizzato direttamente o indirettamente.

Il restante 30% dovrà essere indirizzato all’economia reale.

La quota del 70% deve essere investita:

- per almeno il 25% del valore complessivo in strumenti finanziari di imprese diverse da quelle inserite nell’indice FTSE MIB della Borsa italiana o indici equivalenti di altri mercati regolamentati;

- per almeno il 5% del valore complessivo in strumenti finanziari di imprese diverse da quelle inserite negli indici FTSE MIB e FTSE MID Cap della Borsa italiana o in indici equivalenti di altri mercati regolamentati (PMI).

L’emendamento, modificando i commi 88 e 92 dell’art. 1, legge n. 232/2016, ammette inoltre la possibilità per gli enti di previdenza obbligatoria e per i fondi pensione di essere titolari di più di un piano di risparmio a lungo termine, sebbene a ciascuno di essi non sia comunque possibile destinare più del 10% del patrimonio.

Fonte: https://www.ipsoa.it/documents/impresa/contratti-dimpresa/quotidiano/2019/11/27/pir-2020-vincoli-casse-previdenza-fondi-pensione

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