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Archivio newsStrumenti finanziari: nuove regole per garantire trasparenza e protezione degli investitori
Continua il processo di attuazione della direttiva MIFID II con l’obiettivo di disciplinare i servizi di investimento e aumentare le tutele per i clienti al dettaglio. Il Consiglio dei Ministri, nella seduta del 21 novembre 2019, ha infatti approvato un decreto legislativo che interviene sulla trasparenza degli strumenti finanziari, sulla protezione degli investitori, con particolare riguardo ai documenti contenenti le informazioni chiave - KID, e rafforza il ruolo di CONSOB e IVASS nella vigilanza per il settore bancario e assicurativo. Quali sono le tutele e i diritti dell’investitore? Quali gli obblighi degli intermediari?
Il Consiglio dei Ministri n. 13 del 21 novembre 2019 ha approvato in esame definitivo le modifiche al D.L. n. 129/2017 in tema di investimenti e mercati degli strumenti finanziari.
Il testo recepisce la direttiva n. 2014/65/UE (MIFID II) e il Regolamento collegato, n. 600/2014 (MIFIR). Attua inoltre il Regolamento UE n. 1286/2014 relativo ai documenti contenenti le informazioni chiave per i prodotti "PRIIPs".
Il decreto interviene sulla trasparenza degli strumenti finanziari e la conseguente protezione degli investitori con particolare riguardo ai documenti contenenti le informazioni chiave (KID), rafforzando anche il ruolo delle autorità preposte alla vigilanza per il settore bancario (CONSOB) e assicurativo (IVASS).
È un ulteriore passo verso la completa e piena attuazione della direttiva MIFID II sui mercati degli strumenti finanziari, nata per garantire adeguate tutele per gli investitori nel rapporto con gli intermediari finanziari o assicurativi.
Vediamo di seguito come si è evoluto il rapporto tra il cliente al dettaglio e l’intermediario e quali presidi tutelino le scelte dell’investitore.
La MIFID II è divenuta operativa in Italia a gennaio 2018 ed è in costante evoluzione a seguito degli interventi del legislatore da un lato e degli enti coinvolti (Consob, Ivass, Banca d’Italia) dall’altro, che hanno emanato regolamenti specifici ognuno per i temi di propria competenza.
Le misure ivi previste hanno contribuito ad aumentare la tutela dell’investitore al dettaglio. La nuova MIFID impone infatti agli intermediari nuovi doveri informativi, il rafforzamento dei presidi nel governo dei prodotti, l’incremento della trasparenza pre e post vendita, nuove regole sugli inducements, gli incentivi che gli intermediari ottengono da terze parti in virtù del servizio di collocamento.
L’intermediario è tenuto a dichiarare se opera in maniera indipendente o non indipendente. La diversa configurazione della consulenza incide sulla possibilità o meno di percepire gli incentivi da terze parti.
Chi agisce in qualità di consulente indipendente è tenuto infatti alla restituzione integrale al cliente degli incentivi monetari ricevuti da terzi ed è obbligato a comunicare regolarmente e senza ritardi gli incentivi percepiti.
Chi invece dichiari esplicitamente di erogare consulenza non indipendente può percepire incentivi, purché tuttavia provi che tali commissioni hanno lo scopo di migliorare la qualità del servizio offerto al cliente e non pregiudichino il dovere di agire nel suo miglior interesse.
Tutti i prodotti offerti dall’intermediario, compresi i prodotti forniti da terze parti, come ad esempio i fondi e i certificati d’investimento, devono rispettare alcuni criteri di ammissibilità che li rendano coerenti con i profili degli investitori. Con ciò evitando casi di misselling e consentendo invece di attribuire a ciascuna tipologia di investitore gli strumenti più coerenti.
Gli emittenti degli strumenti finanziari e gli intermediari che erogano la consulenza hanno l’obbligo di dividere la clientela in classi (o target) e di individuare la classe o le classi per cui il prodotto è adatto.
Una volta emesso, lo strumento sarà proposto esclusivamente al target individuato. Infine, i prodotti devono essere elaborati per essere non solo adeguati e coerenti, ma anche utili, per caratteristiche, costi e rischi, considerando interessi, obiettivi e caratteristiche del cliente, così come rilevabili dall’intervista profilo di rischio (intervista Mifid) rilasciata dallo stesso.
Con MIFID II gli obblighi di comunicazione alla clientela si ampliano sensibilmente. La MiFID II prevede infatti l’aumento degli obblighi informativi in tema di comunicazione dei costi e oneri connessi ai servizi di investimento e prevede altresì un maggior livello di dettaglio di informazioni da dare alla clientela.
Una prima previsione riguarda il dettaglio dei costi da inserire nel Key Information Document (KID), il documento informativo che riporta le informazioni essenziali in relazione ad uno strumento finanziario e che l’intermediario deve necessariamente consegnare all’atto della sottoscrizione. Il KID riporta infatti non più solo indicazioni relative al grado di rischio associato all’investimento, ma anche indicazioni relative ai costi da sostenere e al possibile impatto sui rendimenti, sia in termini percentuali, sia in valore assoluto, partendo da un ipotetico investimento.
Una seconda, importante previsione, riguarda l’obbligo di comunicazione ex post. Già a partire dalle rendicontazioni relative all’anno 2018 gli intermediari sono obbligati a riportare in un unico documento l’indicazione dei costi sostenuti dall’investitore nell’esercizio precedente, esplicitando i costi sia in termini di valore assoluto sia in percentuale sul portafoglio, con indicazione chiara del loro impatto sulla performance complessiva di portafoglio.
Questa è forse la norma con il maggior impatto poiché consente di conoscere in maniera puntuale il costo della consulenza, e permette un confronto immediato di quest’ultimo non solo con il rendimento, ma anche con il livello di qualità del servizio prestato e con quanto offerto da altri concorrenti, aumentando così il livello di competizione sul mercato.
Va detto che l’applicazione della norma ha richiesto uno sforzo organizzativo importante agli intermediari coinvolti, legato alla necessità di ottenere dati aggregati coerenti e privi di errori e di approntare un sistema di rendicontazione valido anche per gli anni a venire. Questo ha fatto slittare di qualche mese l’invio dei primi rendiconti da parte di pressoché tutti gli intermediari, che tuttavia hanno risposto coerentemente.
L’adeguatezza non è più valutata solo nell’ambito della vendita del prodotto, ma anche in via continuativa, per garantire il costante presidio dei rischi di portafoglio. È vero infatti che il cambiamento di condizioni di mercato può determinare un aumento di rischiosità di un portafoglio anche senza l’intervento di alcuna modifica nella sua composizione. Il monitoraggio costante garantisce il miglior presidio del rischio.
Inoltre, in caso di riassetto del portafoglio, a fronte dell’eventuale aumento dei costi per l’investitore, l’intermediario deve sincerarsi che ci sia anche un aumento tangibile dei benefici.
Le autorità di vigilanza (CONSOB, IVASS, Banca d’Italia, oltre alle autorità internazionali per materie di propria competenza) esercitano una vigilanza ancor più stringente sul collocamento di prodotti finanziari.
Se in passato i poteri si limitavano alla richiesta di pareri e ulteriori informazioni all’intermediario in merito ai prodotti in collocamento, con MIFID II possono estendersi fino a prevedere il potere di proibire o limitare la vendita di specifici strumenti finanziari. Il divieto è motivato dal rischio che il collocamento determini rischi eccessivi per gli investitori o che minacci la stabilità finanziaria del sistema.
Mentre procedono i provvedimenti di adeguamento alla normativa Mifid II, in un settore che cambia velocemente c’è già chi ipotizza una nuova ondata di regole a livello europeo. Da una parte il processo di disclosure e di trasparenza non è ancora del tutto terminato e ci sono ancora margini di miglioramento. Dall’altra, la norma attuale ha creato alcuni elementi di rigidità su cui si propone di intervenire.
Si pensi ad esempio alla classificazione dei clienti professionali su richiesta, ossia soggetti (clienti al dettaglio) che richiedono espressamente di essere considerati come clienti professionali in virtù della competenza ed esperienza maturata in campo finanziario. La norma prevede per questi ultimi un’operatività più snella a fronte di una rinuncia ad alcune tutele. L’accesso a tale classificazione dev’essere necessariamente limitato ad investitori con provate conoscenze della materia, ma si ritiene che le limitazioni oggettive imposte dall’attuale norma siano eccessivamente stringenti.
Attualmente infatti, per poter chiedere la classificazione come cliente professionale su richiesta, è necessaria la presenza di due dei seguenti criteri:
1. Il cliente ha effettuato operazioni di dimensioni significative con una frequenza media di dieci operazioni al trimestre nei quattro trimestri precedenti;
2. Il valore del portafoglio, inclusi i depositi in contante supera i 500.000 euro;
3. Il cliente lavora o ha lavorato nel settore finanziario per almeno un anno in una posizione professionale che presupponga la conoscenza delle operazioni o dei servizi previsti.
Un’evoluzione della normativa verso Mifid III potrebbe contemperare una trasparenza e una tutela maggiore per i clienti al dettaglio insieme ad una maggiore elasticità per i clienti maggiormente evoluti.