News
Archivio newsLavoro irregolare e reddito di cittadinanza: attenzione alla maxi sanzione maggiorata del 20%
La maxi sanzione per lavoro nero è aumentata del 20% in caso di impiego, senza preventiva comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro da parte del datore di lavoro privato, di lavoratori beneficiari del reddito di cittadinanza. L’Ispettorato del lavoro, con la nota prot. n. 7964 del 2019, ha chiarito che la maggiorazione si applica non solo quando il lavoratore “in nero” sia l’effettivo richiedente il RdC, ma anche quando è beneficiario il nucleo familiare a cui il lavoratore appartiene. Alla maxi sanzione per lavoro nero non è applicabile l’istituto della diffida, ma solo il pagamento in misura ridotta in base ai giorni di lavoro effettivo del lavoratore.
La maxi sanzione per il lavoro nero maggiorata del 20% per l’impiego di lavoratori beneficiari del reddito di cittadinanza è applicabile anche qualora il lavoratore in nero, pur non essendo il diretto richiedente, appartenga comunque al nucleo familiare che risulta destinatario del beneficio. E’ quanto ha chiarito l’Ispettorato Nazionale del Lavoro, con la nota prot. n. 7964 del 2019 (legge n. 26 del 28 marzo 2019 di conversione del D.L. n. 4 del 28 gennaio 2019).
La maxi sanzione in caso di occupazione in nero di percettore di reddito di cittadinanza va da:
a) da 2.160 a 12.960 euro per ciascun lavoratore irregolare in caso di impiego del lavoratore fino a 30 giorni di lavoro effettivo;
b) da 4.320 a 25.920 euro per ciascun lavoratore irregolare in caso di impiego del lavoratore da 31 e fino a 60 giorni di lavoro effettivo;
c) da 8.640 euro a 51.840 euro per ciascun lavoratore irregolare in caso di impiego del lavoratore oltre 60 giorni.
Nelle ipotesi aggravate e, quindi, anche nel caso di impiego di lavoratori in nero beneficiari del reddito di cittadinanza, non è applicabile l’istituto della diffida ex art. 13, D.Lgs. n. 124/2004, ma solo la seguente sanzione ridotta (art. 16, legge n. 689/1981):
Maxi sanzione in ipotesi aggravata con sanzione ridotta
a) pari a 4.320 euro per ciascun lavoratore irregolare in caso di impiego del lavoratore fino a 30 giorni di lavoro effettivo; b) pari a 8.640 euro per ciascun lavoratore irregolare in caso di impiego del lavoratore da 31 e fino a 60 giorni di lavoro effettivo; c) pari a 17.280 euro per ciascun lavoratore irregolare in caso di impiego del lavoratore oltre 60 giorni. |
Inoltre, come già chiarito dall’Ispettorato con circolare n. 8 del 25 luglio 2019, non sussistendo una impossibilità giuridica all’assunzione del lavoratore che fruisca di RdC, ai fini della revoca di un eventuale provvedimento di sospensione dell’attività, disposto ai sensi dell’art. 14 del D.Lgs. n. 81/2008, il datore di lavoro dovrà procedere alla regolarizzazione amministrativa e contributiva del periodo lavorativo “in nero” accertato.
L’Ispettorato Nazionale del Lavoro, con nota prot. n. 7964 del 2019, ha specificato che la succitata aggravante trova applicazione non solo nell’ipotesi in cui il lavoratore “in nero” sia l’effettivo richiedente del reddito, ma anche qualora lo stesso, pur non essendo il diretto richiedente, appartenga comunque al nucleo familiare che risulta destinatario del beneficio.
In effetti il comma 3 quater, art. 3, D.L. n. 12/2002, convertito dalla legge n. 73/2002, prevede che le sanzioni previste dalla normativa in questione, in caso di impiego di lavoratori subordinati senza preventiva comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro da parte del datore di lavoro privato, con la sola esclusione del datore di lavoro domestico, sono aumentate del 20% in caso di impiego di lavoratori stranieri ai sensi dell'articolo 22, comma 12, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, o di minori in età non lavorativa o di lavoratori beneficiari del reddito di cittadinanza di cui al decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4.
Inoltre, il comma 1, art. 2 del D.L. n. 4/2019 chiarisce che del reddito di cittadinanza sono destinatari i nuclei familiari in possesso cumulativamente, al momento della presentazione della domanda e per tutta la durata dell'erogazione del beneficio, di determinati requisiti.
Si rammenta che, al fine di agevolare lo svolgimento dell’attività di vigilanza sulla sussistenza delle circostanze che comportino la decadenza dal beneficio del RdC, il Legislatore ha previsto l’accesso dell’INL alle banche dati gestite dall’INPS che ha, all’uopo, predisposto una piattaforma informatica sulla quale confluiscono tutti i dati utili alla individuazione dei soggetti percettori del Reddito in questione.
Tali informazioni consentono al personale ispettivo di verificare se i lavoratori impiegati senza la preventiva comunicazione di assunzione appartengano ad un nucleo familiare percettore di RDC, nonché di consultare le informazioni relative ai modelli “Rdc/Pdc– Com ridotto/esteso”.
Nella nota nota prot. n. 7964 l’INL si è soffermato poi sui reati di cui all’art. 7, commi 1 e 2, D.L. n. 4/2019 in caso di falsità delle dichiarazioni o delle informazioni rese o l’omissione delle informazioni dovute.
In particolare – chiarisce la nota prot. n. 7964/2019 - il comma 1 punisce con la reclusione da 2 a 6 anni chiunque abbia fornito informazioni non vere all’atto della presentazione della domanda e non abbia integrato, entro 30 giorni dalla stessa, le informazioni rese tramite il modello Rdc – Com ridotto. In tal caso, ai fini della configurabilità del reato, rileva l’attività lavorativa “in nero” svolta prima della presentazione della domanda di RdC da parte di uno dei componenti del nucleo ed in ragione della quale sia stato percepito reddito non comunicato all’INPS e l’omissione di tale informazione integra la fattispecie di reato a carico del richiedente anche laddove non coincida con il lavoratore “in nero”.
Il comma 2 del citato articolo punisce con la reclusione da 1 a 3 anni l’omessa comunicazione delle variazioni del reddito o del patrimonio, anche se provenienti da attività irregolari, nonché di altre informazioni dovute e rilevanti ai fini della revoca o della riduzione del beneficio. Nel caso di specie rileva l’attività lavorativa “in nero” iniziata dopo la presentazione della domanda di reddito ove la stessa non sia stata integrata con le informazioni relative ai compensi percepiti con il modello RDC Com esteso.
Tali informazioni vanno fornite dal lavoratore che percepisce reddito da tale attività appartenente ad un nucleo familiare beneficiario di RDC. In tal caso, quindi, la comunicazione di reato andrà fatta a carico del lavoratore “in nero”.
In conclusione, l’INL sottolinea che, ai fini della configurabilità dei succitati reati, non appare rilevante la materiale percezione delle somme riconosciute a titolo di RdC, né da parte del nucleo generalmente inteso né da parte del soggetto responsabile delle condotte illecite, in quanto le fattispecie sembrano integrare ipotesi di reato di pericolo.
Le considerazioni contenute nel presente contributo sono frutto esclusivo del pensiero dell’Autore e non hanno carattere in alcun modo impegnativo per l’Amministrazione di appartenenza.