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Archivio newsIncentivi all’assunzione: cassaintegrati non equiparabili ai lavoratori privi di occupazione
L’esonero contributivo triennale 2015 e quello biennale 2016 sono costituzionalmente legittimi. A confermarlo la Corte Costituzionale nell’ordinanza n. 256 del 5 dicembre 2019. I rilievi di costituzionalità erano stati mossi da un’azienda che aveva ottenuto sgravi contributivi (per più di 570mila euro) per aver assunto a tempo indeterminato lavoratori beneficiari di un trattamento straordinario di integrazione salariale e di conseguenza non considerabili privi di occupazione nei 6 mesi precedenti l’assunzione agevolata. La Corte ha evidenziato la profonda diversità delle condizioni di un lavoratore beneficiario del trattamento straordinario di integrazione salariale e di un soggetto disoccupato o inoccupato.
La Corte Costituzionale, con la ordinanza n. 256 depositata il 5 dicembre 2019, è intervenuta dichiarando la legittimità costituzionale del cd. esonero contributivo triennale 2015 e biennale 2016, nella parte in cui il legislatore ammetteva all’esonero contributivo esclusivamente il datore di lavoro che aveva assunto, con rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, il lavoratore privo di rapporti di lavoro con la medesima tipologia contrattuale nei 6 mesi precedenti l’assunzione agevolata (articolo 1, comma 118, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 - legge di stabilità 2015 - e dell’articolo 1, comma 178, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 - legge di stabilità 2016).
In pratica, dall’agevolazione erano escluse le assunzioni stabili effettuate con lavoratori che nei sei mesi precedenti erano risultati occupati a tempo indeterminato presso qualsiasi datore di lavoro. Viceversa, era possibile l’assunzione agevolata qualora il lavoratore avesse avuto, nei sei mesi precedenti, prestazioni lavorative in forme giuridiche e contrattuali diverse da quella del contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, quali, ad esempio, il rapporto di lavoro a termine, il rapporto di collaborazione coordinata e continuativa, lo svolgimento di attività di natura professionale in forma autonoma, ecc.
L’intervento della Consulta è avvenuto su richiesta del Tribunale ordinario di Trento, sezione per le controversie di lavoro, il quale aveva sollevato la questione di legittimità costituzionale ritenendo la norma lesiva del principio di razionalità, sancito dall’articolo 3 della Costituzione.
In particolare, la questione era relativa ad una azienda che aveva ottenuto esoneri contributivi (per più di 570mila euro) per aver assunto a tempo indeterminato lavoratori i quali si trovavano privi della condizione prevista dal secondo periodo dell’articolo 1, comma 118, della legge 190/2014, in quanto erano beneficiari di un trattamento straordinario di integrazione salariale.
L’azienda, a sua difesa, aveva asserito che considerare “occupati” i lavoratori sospesi in CIGS “a zero ore” senza possibilità di ripresa dell’attività lavorativa, non era ragionevole e avrebbe significato trattare in maniera differente soggetti che di fatto, ma anche giuridicamente, erano in situazioni analoghe, ovvero omogenee, quali sono i “formalmente” disoccupati e i lavoratori fruitori del trattamento straordinario di integrazione salariale, essendo anche questi ultimi privi di occupazione. Da tale affermazione l’istante aveva prodotto l’idea che le disposizioni richiamate erano da considerare costituzionalmente illegittime, nella parte in cui escludono l’applicabilità dei predetti benefici contributivi in caso di assunzione di lavoratori sospesi dal lavoro “a zero ore”.
D’altro canto le ragioni dell’Istituto Previdenziale avevano evidenziato come l’azienda avesse mal interpretato la ratio dello strumento della CIGS, caratterizzato da una funzione conservativa del rapporto di lavoro del dipendente beneficiario del relativo trattamento e che, pertanto, vi era una netta distinzione, sia sotto il profilo giuridico che sostanziale, tra la posizione del lavoratore sospeso per intervento della cassa integrazione guadagni, il cui rapporto di lavoro persiste, rispetto al lavoratore disoccupato.
La stessa INPS, nella prima circolare esplicativa dell’esonero contributivo (circolare n. 17 del 29 gennaio 2015), aveva espressamente affermato che “con una visione decisamente innovativa rispetto alle norme che nel tempo si sono succedute in materia di incentivi all’occupazione, la condizione soggettiva del lavoratore che integra il diritto alla fruizione dell’esonero contributivo viene individuata nell’assenza, nei sei mesi precedenti l’assunzione, di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato. La finalità ultima perseguita con l’introduzione del beneficio contributivo in oggetto è quindi quella di promuovere la massima espansione dei rapporti di lavoro a tempo indeterminato. In questa prospettiva, la specifica regolamentazione introdotta con la Legge di stabilità 2015 reca disposizioni speciali che prevalgono sui principi generali del citato art. 4, comma 12, della legge n. 92/2012, con specifico riferimento alle condizioni ostative previste dalla lettera a), della citata norma.”.
Detta affermazione evidenzia proprio la condizione soggettiva del lavoratore e la presenza della clausola ostativa (assenza, nei sei mesi precedenti, di rapporti a tempo indeterminato) quale conditio sine qua non perché l’azienda “incassi” il beneficio contributivo.
Sempre INPS, nella circolare n. 178 del 3 novembre 2015, aveva ribadito che la sussistenza dell’agevolazione contributiva triennale (ma lo stesso poteva valere anche per la successiva agevolazione biennale) riguardava esclusivamente l’assunzione a tempo indeterminato di lavoratori che, nel corso dei sei mesi precedenti l’assunzione medesima, non risultavano occupati in forza di un contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato presso un qualsiasi datore di lavoro (art. 1, comma 118, secondo periodo, legge n. 190/2014). Inoltre, con la medesima circolare, l’Istituto chiariva alcune specificità che circoscrivevano il perimetro di intervento della condizione lavorativa pregressa, per l’applicazione corretta dell’esonero contributivo. In particolare:
a. la sussistenza del requisito andava valutata a prescindere dalla circostanza che la tutela dei diritti assicurativi obbligatori fossero assicurati presso una gestione pensionistica italiana o estera. Pertanto, l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato all’estero nei sei mesi precedenti l’assunzione non consentiva la fruizione dell’esonero contributivo anche laddove, sulla base della legislazione internazionale, il precedente rapporto di lavoro non contemplasse l’obbligo assicurativo nei confronti di una gestione previdenziale nazionale;
b. anche laddove il precedente rapporto di lavoro - intercorso nei sei mesi precedenti l’assunzione - era stato risolto per mancato superamento del periodo di prova ovvero per dimissioni del lavoratore, non si aveva diritto alla fruizione dell’esonero. Ciò in quanto il rapporto di lavoro, pur sottoposto ad una condizione - il superamento del periodo di prova - deve essere considerato a tempo indeterminato sin dall’origine;
c. l’incentivo non spettava qualora i lavoratori, già titolari di un rapporto a tempo indeterminato fossero transitati dal cedente al subentrante nei casi di cambi di appalto di servizi, nell’ipotesi in cui la contrattazione collettiva che disciplina tali rapporti, preveda, per i casi di cessazione dell'appalto cui sono adibiti i dipendenti, una procedura idonea a consentire l'assunzione degli stessi alle dipendenze dell'impresa subentrante, mediante la costituzione ex novo di un rapporto di lavoro con un diverso soggetto.
La Corte, valutate le affermazioni delle parti, ha evidenziato come non trovano riscontro, né sotto il profilo fattuale né, tantomeno, sotto quello giuridico, le affermazioni dell’istante, in ragione della profonda diversità delle condizioni del lavoratore beneficiario del trattamento straordinario di integrazione salariale e del soggetto disoccupato o inoccupato.
Ciò in quanto operano due diversi sistemi di ammortizzatori sociali, rispettivamente, quello «in costanza di rapporto di lavoro», come rivisitato dal decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 148 e quello operante «in caso di disoccupazione involontaria», come disciplinato dal decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 22. Nel primo caso, con la fruizione di trattamento straordinario di integrazione salariale “a zero ore”, il rapporto di lavoro, ancorché sospeso nei suoi principali obblighi sinallagmatici, concernenti nella prestazione lavorativa e nella retribuzione (sostituita quest’ultima dalla indennità a carico dell’INPS), continua a produrre altri effetti ed obblighi, quali:
- la computabilità, nella retribuzione utile ai fini della determinazione del trattamento di fine rapporto, dell’equivalente della retribuzione a cui il lavoratore avrebbe avuto diritto in caso di normale svolgimento del rapporto di lavoro;
- il riconoscimento della valenza previdenziale del periodo di sospensione dal lavoro tramite l’istituto della contribuzione figurativa, calcolata sulla base della retribuzione globale cui è riferita l’integrazione salariale;
- il mantenimento degli obblighi di fedeltà, correttezza e buona fede.
Inoltre, per quanto riguarda l’occupazione di lavoratori beneficiari del trattamento straordinario di integrazione salariale, il legislatore ha previsto specifiche misure “ad hoc” di promozione, tramite benefici contributivi, in caso di loro assunzione.
In considerazione di tutto ciò, la Corte Costituzionale, con la sentenza de quo, ha rimarcato le differenze, sia di natura giuridica che sostanziale, tra la condizione del lavoratore beneficiario del trattamento di CIGS e quella del soggetto privo di occupazione a tempo indeterminato da più di sei mesi, non vedendo una illegittimità di natura costituzionale, in quanto la mancata presenza, tra i beneficiari dell’agevolazione contributiva triennale/biennale, dei lavoratori in cassa integrazione non travalica i limiti di razionalità, ragionevolezza e congruità.
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