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Archivio newsRitenute IRPEF negli appalti: il DURC fiscale certifica l’affidabilità delle imprese
Il decreto fiscale 2020 introduce l’obbligo, dal 1° gennaio 2020, per le aziende committenti che appaltano (o subappaltano) il compimento di opere e servizi con l’utilizzo intensivo di manodopera e con un valore superiore ai 200.000 euro all’anno, di richiedere all’impresa appaltatrice (o affidataria e alle imprese subappaltatrici) copia delle deleghe di pagamento relative al versamento delle ritenute fiscali dei lavoratori impiegati e un elenco nominativo degli stessi. A certificare l’affidabilità dell’azienda sarà una sorta di “DURC fiscale” rilasciato dall’Agenzia delle Entrate, valido per 4 mesi dall’emanazione. Sarà un provvedimento dell’Amministrazione finanziaria a chiarirne le modalità di richiesta e di rilascio. Nell’attesa come possono tutelarsi i committenti dai rischi di inaffidabilità fiscale delle imprese appaltrici?
I nuovi pesanti oneri a carico dei committenti (ma anche delle imprese della filiera produttiva) previsti dall’art. 4 del decreto fiscale 2020 (D.L. n. 124/2019, convertito, in via definitiva, dal Parlamento con notevoli modificazioni), che scattano dal 1° gennaio 2020, possono, in un certo senso, essere limitati seguendo ciò che afferma il comma 5.
Prima di entrare nel merito va, a mio avviso, sottolineato come il Legislatore dia una sostanziale indicazione alle imprese che sono a capo della filiera: se volete appaltare, subappaltare affidare il compimento di opere e servizi con l’utilizzo intensivo di manodopera, che si svolgono in ambienti riferibili al committente, con un valore superiore ai 200.000 euro all’anno e con utilizzo di mezzi riconducibili in qualsiasi forma allo stesso, rivolgetevi ad imprese affidabili sotto l’aspetto fiscale. Con tale indicazione sottointesa si vuole mettere in guardia il committente (che già ex art. 29 del D.L.vo n. 276/2003 è responsabile entro i due anni dalla cessazione dell’appalto per le eventuali rivendicazioni economiche dei lavoratori, senza alcuna responsabilità di escussione e, solidalmente, nei limiti prescrizionali, per le contribuzioni previdenziali ed assicurative), dall’affidare i lavori ad aziende che “nascono e muoiono” in poco tempo, che non versano le ritenute fiscali e che, sovente, retribuiscono i dipendenti utilizzando l’indennità di trasferta, pur in assenza di tale istituto e senza applicare il CCNL di riferimento.
E’ questo un fenomeno, purtroppo, frequente in molti settori produttivi tra cui spiccano l’edilizia, la macellazione delle carni, la logistica, l’agricoltura in momenti di picco di produttività e la grande distribuzione. Si tratta di settori ove l’evasione fiscale che si accompagna a quella contributiva ed a forme di pagamento delle retribuzioni “non ortodosse”, ha una certa rilevanza che si riverbera anche su altre forme di sfruttamento che sono, sovente, alla ribalta della cronaca.
L’appesantimento amministrativo (verifica mensile di tutte le ritenute fiscali relative ai lavoratori mensilmente utilizzati nelle opere e nei servizi commissionati) e le possibili conseguenze sanzionatorie che possono arrivare fino al 50% dell’ammontare della omissione o della evasione operata dalle imprese della filiera (sanzioni che scattano in caso di comportamento inerte od omissivo, secondo la previsione del comma 4) possono essere eliminati se si ci si rivolge ad imprese affidabili i cui requisiti sono indicati al comma 5:
a) Risultino in attività da almeno tre anni, che siano in regola con gli obblighi dichiarativi e che abbiano eseguito nel corso dei periodi di imposta alle quali si riferiscono le dichiarazioni dei redditi presentate nell’ultimo triennio, complessivi versamenti registrati nel conto fiscale per un importo non inferiore al 10% dell’ammontare dei ricavi o dei compensi risultanti dalle dichiarazioni;
b) Non abbiano iscrizioni a ruolo o accertamenti esecutivi o avvisi di addebito affidati agli agenti della riscossione relativi all’IRPEF, all’IRAP, ed alle ritenute ed ai contributi previdenziali non superiori a 50.000 euro, per i quali i termini di pagamento siano scaduti e siano ancora dovuti o non vi siano provvedimenti di sospensione, con la sola eccezione di somme oggetto di piani di rateazione in corso.
La disposizione del decreto fiscale 2020 necessita di alcuni chiarimenti ed osservazioni.
Il presupposto per la piena agibilità del comma 5 è rappresentato dal rilascio da parte dell’Agenzia delle Entrate alla impresa richiedente (comma 6) di una sorta di “DURC fiscale”, la cui validità è di 4 mesi dall’emanazione: esso scaturisce dalla sussistenza contemporanea di entrambi i requisiti sopra evidenziati e andrà prodotto al committente in luogo delle deleghe di versamento e delle indicazioni, particolarmente precise e puntuali, che riguardano i lavoratori impiegati direttamente nell’appalto, nel subappalto o nell’affidamento. Sotto questo aspetto appare urgente l’emanazione di una nota dell’Agenzia delle Entrate finalizzata a chiarire le modalità di richiesta e di rilascio del provvedimento.
In attesa dei chiarimenti amministrativi ritengo che si possano puntualizzare alcune questioni.
Le criticità per ottenere la certificazione possono essere evidenti in alcune ipotesi come quella riferita ad un’azienda che, pur costituita da almeno tre anni, risulti in perdita per situazioni legate ad una fase di mercato negativa o come quella relativa ad un’impresa che abbia poche ritenute e che sia già soggetta allo “split payement”.
C’è, poi, una criticità che si evidenzia sulla condizione riportata nella lettera b): se le imprese interessate hanno impugnato in giudizio l’esecutività di un provvedimento e la relativa cartella esattoriale superiore a 50.000 euro e non hanno ottenuto la sospensiva dal giudice, non potranno fruire della certificazione ed i committenti non saranno “sgravati” dai loro oneri.
Appare, quindi, evidente come i committenti possano imporre, negozialmente, la richiesta della regolarità fiscale alle imprese che intendono aderire alla offerta di appalto: ovviamente, se la procedura dello stesso prevede anche la possibilità di subappalto o di affidamento del compimento di parte dell’opera o del servizio da parte di altri soggetti, gli stessi potranno richiedere agli appaltatori che tale affidabilità venga richiesta e documentata anche dalle altre aziende. Si ha motivo di ritenere che la sussistenza di tale requisito sarà, sicuramente, richiesta dalle Pubbliche Amministrazioni che, in mancanza della certificazione, dovranno, gestionalmente, provvedere ad una serie di adempimenti rispetto ai quali, in genere, il soggetto pubblico ha tempi di realizzazione molto più lunghi e complessi rispetto ai soggetti privati.
Si ha, quindi, motivo di ritenere che la richiesta del “DURC fiscale”, possa spingere “ai margini del mercato” soggetti inottemperanti alle disposizioni normative, con un auspicabile guadagno relativo alla correttezza ed alla “non opacità” delle prestazioni.
L’affidabilità fiscale, però, conviene anche alle imprese appaltatrici, subappaltatrici o affidatarie in quanto se, in possesso della certificazione potranno continuare ad adempiere agli obblighi fiscali sulle ritenute IRPEF dei lavoratori adibiti direttamente, senza i nuovi oneri burocratici previsti dall’art. 4, e senza fornire ad ogni committente, distinto per singolo appalto e lavoratore, tutti i dati richiesti dalla norma.
Il possesso del certificato fiscale consente alle imprese della filiera:
a) Di evitare il divieto di compensazione nei versamenti delle ritenute da reddito di lavoro od assimilato e di effettuare tanti versamenti, distinti per dipendente, con tanti F24 relativi ai vari committenti;
b) Di evitare la compensazione con i contributi previdenziali, assistenziali ed assicurativi, maturati nei confronti dei dipendenti;
c) Di evitare il blocco dei pagamenti da parte del committente (fino a concorrenza del 20% del valore complessivo o dell’ammontare delle ritenute non versate) in presenza di omissioni che, talora, possono essere meramente documentali (trasmissione incompleta dei dati riferiti ai lavoratori impiegati direttamente nella esecuzione di opere e servizi).
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