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Archivio newsMensilità non riscosse: la prescrizione della domanda al Fondo garanzia decorre dall’esecutività dello stato passivo
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 32, depositata il 3 gennaio 2020, ha ribadito che l’obbligazione a carico del Fondo di garanzia dell’Inps per i crediti di lavoro diversi dal Tfr, ha natura previdenziale e si differenzia da quella a carico del datore di lavoro. Il termine di prescrizione annuale entro cui avanzare la domanda al Fondo, pertanto, non subisce interruzioni dal perdurare della procedura fallimentare, iniziando a decorrere da quando viene dichiarato esecutivo lo stato passivo.
Un ex lavoratore di società fallita richiedeva all’Inps il pagamento dei crediti di lavoro diversi dal Tfr a carico del Fondo di garanzia costituito presso detto istituto: in particolare si trattava delle ultime tre mensilità non percepite. Il Tribunale rigettava la domanda accogliendo l’eccezione di prescrizione formulata dall’Inps, mentre la Corte d’Appello dichiarava inammissibile il gravame proposto ex artt. 348 bis e ter c.p.c.. In particolare i giudici evidenziavano come l’obbligazione previdenziale fosse distinta da quella del datore di lavoro ed il termine di prescrizione era di un anno da quando il credito era divenuto esigibile: il lavoratore aveva però atteso la fine della procedura fallimentare che aveva riguardato la società per la quale svolgeva la propria attività. I giudici in entrambi i giudizi condannavano anche il lavoratore alle spese di lite.
Entrambe le decisioni erano impugnate per i medesimi motivi, evidenziando: a) che una circolare Inps (n. 74/2008) confermava che la prescrizione annuale in questione iniziasse a decorrere dalla chiusura della procedura concorsuale; b) l’illegittimità della condanna alle spese avendo il lavoratore formulato l’apposita dichairazione di cui all’art. 152 disp. att. c.p.c..
La Suprema Corte, con la sentenza n. 32, depositata il 3 gennaio 2020, ha accolto il ricorso solo in relazione al motivo delle spese, decidendo direttamente nel merito sul punto e confermando nel resto le decisioni dei giudici di primo e secondo grado. La Cassazione ha ribadito che le circolari dell’Inps non possono derogare a disposizioni di legge, né influire sull’interpretazione delle stesse, rimanendo meri atti di rilevanza interna all’ente: pertanto la circostanza evidenziata dal ricorrente risultava del tutto irrilevante.
Inoltre è stata rimarcata la distinzione tra il credito vantato nei confronti del datore di lavoro e quello, autonomo, ad una prestazione previdenziale a carico del Fondo dell’Inps. Il diritto alla prestazione da parte di quest’ultimo nasce non in forza del rapporto di lavoro, ma del distinto rapporto assicurativo e previdenziale, in presenza di due presupposti: a) insolvenza del datore di lavoro con accertamento del credito nell’ambito della procedura concorsuale; b) formazione di un titolo giudiziale con conseguente esecuzione forzata dall’esito negativo. La natura previdenziale dell’obbligazione a carico del Fondo rende inapplicabile la disciplina delle obbligazioni in solido (nella specie: con il datore di lavoro): pertanto nei confronti dell’Inps il termine di prescrizione non viene interrotto durante la procedura fallimentare a carico della società. Dunque l’anno entro il quale avanzare la domanda da parte del lavoratore al Fondo iniziava a decorrere dalla dichairazione di esecutività dello stato passivo del 2004, con conseguente tardività della richiesta presentata solo nel 2010 dopo la chiusura del fallimento.
Corte di Cassazione, sez. lavoro, sentenza 3/01/2020, n. 32