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Archivio newsTaglio del cuneo fiscale: prima per i lavoratori, poi per le imprese
Dal 1° luglio scatta il taglio del cuneo fiscale a favore dei lavoratori dipendenti che guadagnano fino a 35 mila euro l’anno. A stabilirlo è la legge di Bilancio 2020. Lo sgravio fiscale si aggiunge al bonus Renzi da 80 euro al mese. Ancora non ci sono dettagli certi su come funzionerà: il Governo sta definendo, infatti, i criteri operativi insieme ai sindacati. Ma una cosa è certa: sfuma (per il momento) l’ipotesi di una riduzione del costo del lavoro per le imprese che, però, resta un passo necessario - insieme alla maggiore produttività del lavoro - per la crescita del Paese. È difficile, ma non c’è altra strada.
La legge di Bilancio 2020 prevede l'istituzione di un Fondo per la riduzione del carico fiscale sui lavoratori dipendenti con reddito fino ai 35 mila euro annui, con dotazione di 3 miliardi di euro per il 2020 e di 5 miliardi annui a decorrere dal 2021 che potrebbero diventare 6 (un miliardo in più, visto che nel 2021 l’operazione partirà da gennaio, e durerà, pertanto, tutti e 12 i mesi). In buona sostanza 8 miliardi certi nel triennio.
È il taglio del cuneo fiscale una delle novità principali della legge di Bilancio 2020 e cioè la riduzione delle tasse sui lavoratori dipendenti.
Ancora non ci sono dettagli certi su come funzionerà il meccanismo e al di là delle anticipazioni di autorevoli commentatori: il Governo ci sta lavorando insieme ai sindacati per definire il decreto attuativo partendo dagli stipendi e dal netto in busta paga.
Una delle novità certe è che il taglio del cuneo fiscale interesserà esclusivamente i lavoratori, e sfuma (per il momento) l’ipotesi di una riduzione più marcata del costo del lavoro anche per le imprese anche se si presume un alleggerimento dell’IRPEF. Soltanto quelle più piccole, con meno di 9 dipendenti, potranno contate sul bonus al 100% per l’assunzione di apprendisti di primo livello.
Al momento restano esclusi gli oltre 4 milioni di contribuenti che rientrano nella no tax area, vale a dire coloro che hanno redditi fino a 8.000 euro l’anno; per costoro, tuttavia, sono già operative una serie di agevolazioni, compreso il reddito di cittadinanza. Occorre ricordare che per gli 80 euro la no tax area sale a poco meno di 8.200 euro.
Dopo 25 anni di salari fermi al palo, in una situazione di stagnazione per l'economia, e alla vigilia di un'importante stagione contrattuale che coinvolgerà milioni di lavoratori, sembra essere questa la priorità secondo le parti sociali, come l'unico vero modo per aumentare i salari e far ripartire in consumi senza generare conflitto sociale.
Il cuneo fiscale medio per un lavoratore in Italia è al 47,9%, quasi 12 punti sopra la media OCSE (36,1%). L’Italia occupa il 3° posto: un lavoratore (single e senza figli a carico) è sottoposto a un cuneo fiscale del 47,9% di cui il 16,7% è rappresentato dalle imposte personali sul reddito ed il restante 31,2% dai contributi previdenziali di cui una parte è a carico del lavoratore (7,2%) e l’altra del datore di lavoro 24%).
Appare evidente quanto sia importante per entrambe le categorie la riduzione della percentuale del cuneo fiscale. Diminuire il costo del lavoro per le imprese significherebbe incentivare l’occupazione ed una minore tassazione per i lavoratori influirebbe positivamente sul loro potere d’acquisto. Avrebbero in tal modo più risorse economiche da spendere e/o investire. Un circolo virtuoso che produrrebbe effetti positivi non soltanto nel mercato del lavoro.
È il cuneo fiscale a portare al passaggio dal lordo al netto dello stipendio, con sforbiciate che non di rado arrivano a dimezzare l’importo indicato in busta paga al netto di imposte e contribuiti il che dimostra in parole semplici che a fronte di un lordo di 1.900 euro il lavoratore percepirà uno stipendio pari a 1.000 euro.
Dal 1° luglio dunque scatta, secondo la Manovra, il taglio del cuneo fiscale a favore dei lavoratori dipendenti che guadagnano fino a 35 mila euro l’anno.
Lo sgravio si aggiunge al bonus Renzi da 80 euro al mese, e per il 2020 vale circa 240 euro per chi guadagna fino a 25 mila euro (e già riceve il bonus Renzi), e il doppio per chi sta tra 26.500 e 35 mila euro annui. Dal 2021, quando l’erogazione del bonus comincerà a gennaio, questi importi raddoppieranno.
La questione vera è che tecnicamente, abbassare la pressione fiscale sui salari, senza tornare a far salire il deficit del bilancio pubblico è la vera sfida. Perchè c’è, ovviamente, innanzitutto un problema di copertura finanziaria. Lo si può risolvere in parte con i risparmi di spesa derivanti da altri provvedimenti: per esempio bisogna riordinare gli incentivi alle imprese, aumentare l’imposizione sui grandi patrimoni, una valorizzazione più attenta del patrimonio pubblico come le concessioni demaniali e anche attraverso un’azione più attenta e capillare di individuazione ed eliminazione di sprechi nelle amministrazioni pubbliche.
Ritengo indispensabile oggi la priorità vada data a un forte incentivo volto ad aumentare drasticamente l’occupazione femminile perché un trattamento fiscale speciale per le donne non costituirebbe discriminazione di genere perché deve essere impostato come “azione positiva” volta a conseguire l’obiettivo fissato dall’Unione Europea, cioè un tasso di occupazione femminile del 60 per cento. Oggi in Italia siamo al 47 scarso per cento, e siamo fermi da vent’anni. Gli sgravi fiscali e contributivi hanno carattere selettivo: sono destinati, cioè, a incentivare l’occupazione in segmenti determinati, attualmente svantaggiati, che quindi vengono, in questo senso, privilegiati. Certo, questo significa che in tutti gli altri segmenti restano soltanto gli aumenti delle tariffe, che erodono il potere di acquisto dei lavoratori e quindi riducono la domanda di beni di consumo. Appena sarà possibile occorrerà operare una riduzione generale del prelievo fiscale sui redditi di lavoro, incominciando da quelli che si collocano nella fascia più bassa. Anche prima di allora, dobbiamo comunque fare tutto il possibile perché aumenti la produttività del lavoro degli italiani, in modo che aumentino anche le loro retribuzioni. Quando parliamo di crescita, parliamo essenzialmente di questo. È difficile, ma non c’è altra strada.
Vero è che la riduzione del cuneo fiscale può essere indifferenziata o rivolta a premiare gli accordi aziendali e l’apprendistato. Si, perché solo un differenziale tributario e contributivo potrebbe incoraggiare i contratti collettivi di prossimità dedicati a migliorare la partecipazione dei lavoratori all’uso delle nuove tecnologie e i contratti a causa mista per l’ingresso dei giovani nella produzione. Quanto poi agli investimenti, a nulla servirebbero i maggiori accantonamenti se non vi sarà contestualmente la revisione delle regole sugli appalti. La pressione tributaria potrebbe crescere per effetto della lotta all’evasione, ma questa, certamente necessaria, avrà senso se non sarà “molesta” sulle micro imprese e se alimenterà un fondo per finanziare la contestuale riduzione delle aliquote sulle imprese e sul lavoro.
Ma dovremo monitorarne gli effetti e allora potremo dare un giudizio più obiettivo.