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Archivio newsAppalti e ritenute: la blockchain può semplificare la gestione dei rischi
Nel complesso meccanismo giuridico creato dal decreto fiscale 2020 in tema di responsabilità solidale e ritenute fiscali negli appalti (e non solo) le nuove tecnologie potrebbero giocare un ruolo importante di semplificazione. Con la Blockchain (B) e le tecnologie di registro distribuito (DLT) si potrebbe infatti creare un’architettura tecnologica chiusa alla quale far accedere le imprese autorizzate dal committente e basata su un sistema di automatismi (smart contract) regolati da un apposito disciplinare. Tale circuito sarebbe in grado di garantire molti vantaggi: quali? Se ne parlerà nel corso del VIII Forum TuttoLavoro, organizzato da Wolters Kluwer in collaborazione con Dottrinalavoro.it, in programma a Modena il prossimo 25 febbraio.
L’articolo 17-bis del D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 241 ha recentemente introdotto un complesso - quanto incerto - meccanismo giuridico in tema di appalto (e subappalto) e, più in generale, di qualsiasi rapporto negoziale instaurato per la prestazione di un’opera o di un servizio. Tale dispositivo, pur non introducendo una forma di responsabilità solidale è inevitabile si intrecci per prossimità con il folto novero di forme vigenti di responsabilità solidale.
Sul piano negoziale e procedurale, oltre che giuridico, è possibile riconoscere un plesso normativo in divenire la cui evoluzione incide profondamente sul funzionamento di un ciclo produttivo e di un programma industriale, sugli equilibri contrattuali che li sostengono e la stabilità degli stessi.
Inoltre, in un contesto in trasformazione, la tecnologia e l’emersione dell’economia digitale hanno contribuito con ulteriori sollecitazioni (radicali) al disegno e alla progettazione di nuovi assetti e architetture.
In tale prospettiva, è parso di rinvenire importanti elementi di riflessione in diversi studi e declinazioni pratiche, sebbene un rilievo particolare possa essere attribuito ad un approfondimento intitolato “Is there a role for blockchain in responsible supply chains?”, pubblicato dall’OECD lo scorso 9 settembre 2019 e al quale hanno fatto seguito ulteriori interventi in tema di blockchain (B) e tecnologie di registro distribuito - distributed ledger technologies (DLT) – sviluppati, ad esempio, durante i lavori del Global Blockchain Policy Forum.
Nell’ambito dell’Unione europea sono state avviate iniziative volte a gettare le basi per la costituzione di un mercato digitale unico connesso. Tra i progetti che assumono rilievo per il presente intervento, un ruolo decisivo è da attribuire all’European Blockchain Partnership - sul quale è innestato il progetto European Blockchain Service Infrastructure (EBSI) - e al Libro Bianco pubblicato il 20 settembre 2018 dal CEN (European Committee for Standardization) e dal CENELEC (European Committee for Electrotechnical Standardization), mediante il quale sono state formulate le prime raccomandazioni circa gli standard che in sede di adozione di tali tecnologie garantirebbero nell’ambito dell’Unione:
i) la protezione e l’integrità dei dati personali,
ii) l’interoperabilità,
iii) la condivisione transfrontaliera delle informazioni
iv) l’armonizzazione con il regolamento europeo sull’identità digitale.
Sul fronte domestico, la prima tessera di un mosaico ancora da comporre è costituito dall’articolo 8-ter del D.L. 14 dicembre 2018, n. 135, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 11 febbraio 2019, n. 12, e recante appunto norme in materia di “tecnologie basate su registri distribuiti e smart contract”. A tale disposizione devono ricondursi le prime definizioni legali di:
a) “tecnologia basata su registri distribuiti” (DLT), consistente nel novero di tecnologie e protocolli informativi che impiegano un registro condiviso, distribuito, replicabile, accessibile simultaneamente, architetturalmente decentralizzato su basi crittografiche, tali da consentire la registrazione, la convalida, l’aggiornamento e l’archiviazione di dati protetti da crittografia verificabili da ciascun partecipante, non alterabili e non modificabili;
b) “smart contract”’, definibile, pur con approssimazione, come procedura automatica vincolante, attivantesi quando le parti realizzano presupposti predefiniti. Al momento, l’Agenzia per l’Italia Digitale (AgID) non ha ancora pubblicato le apposite (e attese) linee guida circa i requisiti tecnici richiesti perché uno smart contract soddisfi il requisito della forma scritta e possa produrre gli effetti giuridici della validazione temporale elettronica.
Le potenzialità di una B-DLT sono enormi e le declinazioni percorribili già in una prima fase applicativa potrebbero contribuire, con opportuni adattamenti, a dominare la nascente complessità dei cicli produttivi e dei sistemi organizzativi reticolari, comprimendo in misura significativa i costi di transazione, senza pregiudicare il funzionamento del tessuto connettivo imprenditoriale, e scongiurando il rischio di una frammentazione del sistema produttivo.
Un’architettura tecnologica B-DLT regolante le interazioni e i flussi informativi tra le imprese è in grado di assicurare la trasparenza di ciascuna ‘transazione’ ed operazione effettuate: a queste, una volta ‘impresse’ nel registro distribuito, è attribuita una marcatura temporale e non possono essere apportate modificazioni.
L’immodificabilità di ogni registrazione deriva dal fatto che essa è effettuata simultaneamente su vari ‘nodi’ in forma di blocco crittografato di dati; tale “copia di registro” è dunque un “anello” di una concatenazione inalterabile e l’eventuale ‘manumissione’ diviene evidente per ciascun nodo partecipante alla rete (resta qui inteso che uno dei temi di maggiore rilevanza e fragilità afferisce alla genuinità del dato registrato).
Seppur in (apparente) contrasto con i caratteri originari di una B-DLT - fondata sul fatto di essere una struttura decentralizzata (public permissionless) e promotrice di processi di disintermediazione, un’applicazione sperimentale di un registro distribuito potrebbe consentire di governare anche le interazioni tra le imprese facenti parte di un ciclo produttivo la cui ‘origine’ è riconducibile ad un soggetto committente che, dotato del maggiore potere contrattuale, plasma e conforma l’intero programma industriale.
A detto soggetto l’ordinamento attribuisce specifiche funzioni e responsabilità (inderogabili), come, a mero titolo esemplificativo, accade in forza delle seguenti disposizioni:
- articolo 29, comma 2 del D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276, ai sensi del quale, in caso di appalto d’opere o servizi, il committente datore di lavoro o imprenditore è obbligato in solido con l’appaltatore (e l’eventuale subappaltatore), entro il limite di due anni dalla cessazione dell’appalto, a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi, i contributi previdenziali e i premi assicurativi dovuti in relazione al periodo di esecuzione del contratto di appalto;
- articolo 1676 del codice civile, che attribuisce azione diretta ai lavoratori dell’appaltatore contro il committente per conseguire quanto è loro dovuto, fino alla concorrenza del debito che il committente ha verso l’appaltatore;
- articoli 105, comma 8 e 174, comma 5 del D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50 che attribuiscono la responsabilità solidale con il subappaltatore sia all’aggiudicatario che al concessionario in relazione agli obblighi retribuitivi e contributivi di cui al testé citato articolo 29, comma 2 del D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276;
- articolo 17-bis del D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 241, recante, come anticipato, norme con riguardo alla disciplina introdotta a far tempo dal 1° gennaio 2020 in materia di ritenute e compensazioni in appalti e subappalti;
- articolo 26, commi 1-4 del D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, per effetto del quale il committente è tenuto a i) verificare l’idoneità tecnico professionale delle imprese appaltatrici, ii) fornire agli appaltatori dettagliate informazioni sui rischi specifici esistenti nell’ambiente in cui sono destinati ad operare e sulle misure di prevenzione e di emergenza adottate in relazione alla propria attività, iii) promuovere la cooperazione e il coordinamento tra le imprese elaborando il documento unico da interferenze (DUVRI).
Come accennato, tale eterogeneo plesso normativo, che non pretende di essere esaustivo, potrebbe essere governato, progettando e istituendo un’architettura tecnologica chiusa (closed B-DLT) basata su un registro distribuito. A questo avrebbero accesso le sole imprese espressamente autorizzate (private-permissioned-enterprise-B-DLT) dal committente e facenti parte del ciclo produttivo, secondo le prescrizioni dettate da un apposito disciplinare, nel quale potrebbero essere dedotte, oltre che le modalità di accesso e gestione di ciascuna copia di registro, anche le istruzioni per il funzionamento degli automatismi che una certa transazione è in grado di attivare (smart contract).
Ad esempio, agli obblighi di trasmissione dei documenti imposti all’appaltatore e al subappaltatore ai sensi del richiamato articolo 17-bis, commi 1 e 2 del D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 241 le imprese potrebbero adempiere scrivendo i dati nel registro distribuito unitamente alle deleghe di pagamento (modello F24) in osservanza di modalità (definite anche in relazione al formato e alla tipologia di documento, che, ove necessario, potrebbe essere firmato digitalmente dal legale rappresentante) e termini già concordati con il committente e l’appaltatore (standardization of data model).
Un sistema di automatismi (smart contract) potrebbe dunque consentire di rilevare le “manifeste incongruenze” tra i dati imputati e le ritenute fiscali effettivamente versate e disporre la sospensione del pagamento del corrispettivo, nonché l’invio di appositi avvisi alle competenti funzioni delle imprese coinvolte, affinché siano poste in essere le opportune azioni correttive, anch’esse condotte secondo procedure prestabilite e concordate.
I medesimi dati, con eventuali integrazioni, potrebbero peraltro essere impiegati per verificare il corretto adempimento degli obblighi retributivi, contributivi e assicurativi dei datori di lavoro facenti parte del ciclo produttivo, al fine di dominare il rischio economico derivante dalle forme di responsabilità solidale (dumping contrattuale, evasione od omissione di versamento della contribuzione obbligatoria et cetera).
Le ‘transazioni’ tracciate in ogni copia di registro in possesso di ciascun nodo della rete sarebbe inalterabile e immediatamente consultabile dalle imprese incluse nel programma industriale (ove l’accesso fosse esteso agli organi di vigilanza, i dati del registro distribuito – inalterabili e aventi data certa – potrebbero essere utilizzati anche in sede d’ispezione).
La possibilità di accesso ad un repertorio di “transazioni” e operazioni così dettagliatamente documentate (con marca temporale) e inalterabili consentirebbe di:
· formare un affidamento efficiente tra le imprese contraenti (transparency of supply chain actors and pracitices), fungendo, in un’ottica d’economia dei contratti, da deterrente per la commissione di illeciti o violazioni contrattuali e comprimendo i costi di transazione (value chain cooperation);
· definire con maggiore certezza e rapidità le responsabilità in caso di omissioni o inadempimenti contrattuali;
· avere una visione complessiva e immediata della correttezza delle transazioni poste in essere nell’ambito dell’intera filiera (near real-time data traceability) e, quindi, poter disporre di una mappatura puntuale del rischio economico (accuracy of risk information);
· condurre una documentata attività di qualificazione del fornitore, consolidando nel tempo forme di cooperazione e interazione che garantiscano gli esistenti equilibri contrattuali (e dinamiche inclusive) nonché la stabilità e il mantenimento in efficienza del sistema, generando valore.
Tali effetti sarebbero amplificati nella loro portata se l’architettura informatica – che, è appena il caso di rilevare, potrebbe ben essere applicata anche agli appalti pubblici – prevedesse la partecipazione di enti pubblici e istituzioni quali, ad esempio, gli istituti previdenziali e assicurativi, l’amministrazione finanziaria, gli uffici del servizio di collocamento obbligatorio et cetera.
Il coinvolgimento di tali soggetti potrebbe, oltre che costituire un elemento d’ulteriore verifica e garanzia della genuinità e correttezza delle “transazioni” e dei dati, rappresentare un fattore promotore di politiche del territorio e di vera e propria progettazione sociale.
In un tempo in cui non è ammissibile che le politiche legislative trascurino gli avanzamenti tecnologici e le loro possibili (prudenti) applicazioni rispetto a complessi ecosistemi regolamentari, desta stupore che, con provvedimento del 6 febbraio 2020, n. 54730, l’Agenzia delle Entrate abbia istituito il certificato di sussistenza dei requisiti previsti dal citato articolo 17-bis, comma 5 del D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 241 prevedendone il rilascio nella sola forma cartacea.
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