News
Archivio newsCertificazione e attività ispettiva: modalità di gestione del contenzioso
Con la nota n. 1981 del 2020, l’Ispettorato Nazionale del Lavoro approfondisce ulteriormente le modalità di interazione tra il procedimento di certificazione dei contratti e lo svolgimento dell’attività di vigilanza ispettiva. Il documento di prassi prende in esame i vizi formali in fase di avvio del procedimento e le fattispecie di falsa certificazione o di rilascio della stessa da parte di enti non abilitati. Vengono inoltre ulteriormente specificate le fasi di contestazione giudiziale.
L’Ispettorato Nazionale del Lavoro, ha pubblicato la nota n. 1981 del 4 marzo 2020, intervenendo nuovamente sulla relazione tra le attività di vigilanza e quella di certificazione. Laddove l’attività di accertamento abbia ad oggetto prestazioni lavorative dedotte in un contratto certificato, il verbale di contestazione va comunque adottato ma con la precisa specificazione che l’efficacia di tale disconoscimento è condizionata al positivo espletamento del tentativo di conciliazione obbligatorio presso la Commissione di certificazione oppure, in caso la stessa non riuscisse, all’utile proposizione delle impugnazioni previste dall’art. 80 del D.Lgs. n. 276/2003.
L'inizio del procedimento di certificazione deve essere comunicato alla Direzione provinciale del lavoro che provvede a inoltrare la comunicazione alle autorità pubbliche nei confronti delle quali l'atto di certificazione è destinato a produrre effetti. Le autorità pubbliche possono presentare osservazioni alle commissioni di certificazione.
Gli Ispettorati di avere la disponibilità, all’atto della comunicazione, di tutta la documentazione utile (ovvero la documentazione allegata all’istanza di certificazione, in primis il contratto da certificare) ai fini dell’esercizio della facoltà di presentare osservazioni.
L’assenza della comunicazione al competente Ispettorato nei termini previsti dal regolamento interno ovvero l’assenza della documentazione utile a valutare il contratto da certificare, costituisce un vizio di carattere procedurale che si riverbera evidentemente sulla idoneità del provvedimento stesso a produrre i suoi effetti e che va evidenziato alla Commissione di certificazione affinché sia valutata anzitutto l’emanazione di un provvedimento di ritiro in autotutela della certificazione.
In sede di ricezione della comunicazione di avvio del procedimento, l’Ispettorato potrà verificare la sussistenza in capo all’organo di certificazione dei requisiti di legge. Nel verbale di contestazione devono essere chiarite le ragioni che hanno portato a ritenere del tutto inefficaci i provvedimenti di certificazione, facendo appunto riferimento all’assenza dei requisiti prescritti dalla legge.
Tale indicazione, ancorché assente nel verbale, si ritiene vada esplicitata anche nel corpo dell’ordinanza ingiunzione. Conseguentemente, in caso di impugnazione del verbale, la difesa non solo contesterà l’ammissibilità del ricorso proposto avverso l’atto non definitivo ma, in via gradata, dovrà altresì sostenere la legittimità dell’adozione del verbale sulla scorta della carenza dei requisiti di legge in capo all’organo certificatore.
In caso di dubbi in ordine all’autenticità degli atti prodotti, il personale ispettivo può richiedere alle Commissioni un riscontro in merito all’instaurazione e alla conclusione della procedura di certificazione esplicitando, allo stesso tempo, che resta impregiudicata, ove ne ricorra il caso, ogni ulteriore valutazione in ordine alla legittimità dell’organo di certificazione.
Ferma restando, ove ne siano verificati i presupposti, la segnalazione all’Autorità giudiziaria di un reato di falso, sarà cura del personale ispettivo e del personale degli Uffici legali, fare espressa menzione all’interno del verbale e successivamente nell’ordinanza ingiunzione di tali circostanze, ad ulteriore sostegno delle ragioni che hanno condotto a non tener conto della certificazione ai fini della contestazione degli illeciti.
Nei casi in cui gli atti di certificazione possano considerarsi comunque efficaci l’Ufficio, ove riscontri l’erronea qualificazione del contratto o la difformità nell’esecuzione dello stesso, valuterà l’impugnazione della certificazione secondo la procedura prevista dall’art. 80 del D.Lgs. n. 276/2003.
Nel caso di erronea qualificazione del contratto l’Ufficio dovrà porre particolare attenzione agli elementi istruttori raccolti, atteso che la volontà delle parti, espressa con la stipula del contratto e consolidata dal provvedimento di certificazione, potrà essere confutata solo da elementi probatori di chiaro ed evidente segno contrario. Va peraltro sottolineato che, data la formulazione dell’art. 80, comma 1, è consentito solo alle parti del contratto impugnare il provvedimento di certificazione per vizi del consenso.
Il provvedimento di certificazione può essere impugnato, in via esclusiva, dinanzi al TAR competente per territorio per vizi attinenti al procedimento o per eccesso di potere, nel consueto termine decadenziale di 60 giorni.