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Archivio newsSmart working: i suggerimenti pratici per aziende e professionisti
L’emergenza sanitaria da Coronavirus sembra quasi segnare l’ora del rilancio del lavoro a distanza mediante il ricorso allo smart working, attivabile (su autorizzazione del Governo) con modalità semplificate, in tutto il territorio nazionale, fino al 31 luglio 2020. Nelle aziende che stanno già sperimentando il lavoro agile, sarà sufficiente fare richiamo alle regole di base in uso inviando al personale, anche via e-mail o altra modalità tracciabile, l’informativa in materia di salute e sicurezza sul lavoro. Nelle aziende, invece, che non abbiano in corso alcun progetto, si consiglia di predisporre un breve decalogo di regole di comportamento cui accompagnare la comunicazione interna legata all’invio dell’informativa.
In questi giorni di emergenza si è molto sottolineata l’opportunità del lavoro da remoto con il ricorso allo smart working (o lavoro agile), che il Governo ha autorizzato per tutte le aziende nelle aree direttamente e indirettamente interessate dall’emergenza. Modalità di lavoro che con il DPCM 1° marzo 2020 (ora sostituito dal DPCM 4 marzo 2020) è stata estesa a tutto il territorio nazionale in ragione dello stato di emergenza di cui alla Deliberazione del Consiglio dei Ministri 31 gennaio 2020.
Può essere pertanto utile fornire alcuni utili suggerimenti pratici.
Al fine di evitare il diffondersi su tutto il territorio italiano e all’estero dell’epidemia, il Governo ha adottato alcune misure restrittive e urgenti per le aree territoriali dei Comuni e delle Regioni del Nord Italia direttamente interessati dal contagio del virus: Bertonico, Casalpusterlengo, Castelgerundo, Castiglione d’Adda, Codogno, Fombio, Maleo, San Fiorano, Somaglia, Terranova dei Passerini per la Lombardia; Vò per il Veneto ((D.L. n. 6/2020 e il D.P.C.M. 23 febbraio 2020). Misure che ha poi integrato con alcune misure straordinarie e preventive previste per le Regioni Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Liguria, Piemonte e Veneto (D.L. n. 6/2020 e DPCM 25 febbraio 2020) e quindi con la conferma delle misure per i comuni della zona rossa e per le Regioni Lombardia, Emilia Romagna e Veneto, con estensione ad alcune Province (Pesaro e Urbino, Savona) e, in alcuni casi, all’intero territorio nazionale (DPCM 1 marzo 2020 che ha previsto dalla data di pubblicazione nella GU avvenuta sempre il 1° marzo la cessazione dell’efficacia dei due decreti precedenti, sostituito dal DPCM 4 marzo 2020).
Tra le misure adottate dal Governo rientrano, per quanto riguarda in modo specifico la materia del lavoro, oltre alla chiusura degli uffici pubblici e delle attività commerciali – ad eccezione dell’erogazione dei servizi essenziali – il divieto di allontanamento e di accesso nei Comuni interessati e alcune misure preventive connesse alla sospensione delle attività lavorative sia per le imprese delle aree interessate sia per i lavoratori residenti o domiciliati nelle predette aree ove le attività si svolgano fuori da tali aree.
Innanzitutto, le aziende delle aree territoriali immediatamente interessate dalle misure restrittive e di prevenzione hanno limitato le trasferte (in Italia e all’estero), le riunioni, la formazione in aula e ogni altro evento che determinasse il potenziale rischio di contagio per effetto della presenza di più persone in spazi chiusi e a distanza ravvicinata. E così hanno fatto ad esempio alcuni Tribunali, come il Tribunale di Venezia il quale ha lasciato ai singoli Giudici la gestione degli eventuali rinvii d’udienza.
L’altro aspetto organizzativo che le aziende hanno potuto adottare nell’emergenza su espressa autorizzazione del Governo è la possibilità di avvalersi del lavoro domiciliare o a distanza nella forma del telelavoro e del lavoro agile.
Con riguardo specifico al lavoro agile, in forza dei primi decreti e quindi da ultimo del DPCM 4 marzo 2020, ne è oggi consentito il ricorso in tutto il territorio nazionale - fino al 31 luglio 2020 per effetto del richiamo alla Deliberazione del Consiglio dei Ministri 31 gennaio 2020 - nel rispetto delle disposizioni di legge in materia (artt. 18-23 L. n. 81/2017) e anche in assenza degli accordi individuali. A tal fine il decreto autorizza espressamente l’assolvimento degli obblighi in materia di informativa su salute e sicurezza sul lavoro (art. 23 L. n. 81/2017) anche in via telematica.
L’INAIL ha messo a disposizione sul proprio sito un modello di informativa.
Cosa fare per sfruttare questa opportunità in modo da non compromettere troppo l’operatività quotidiana e il sistema impresa dapprima nelle Regioni interessate dai primi provvedimenti e, oggi, con estensione a tutto il territorio nazionale? E’ davvero necessario procedere alla comunicazione obbligatoria preventiva di avvio del lavoro agile prevista dall’art. 23 comma 1 della L. n. 81/2017?
L'art. 3 del DPCM 23 febbraio 2020 (poi abrogato dall’art. 2 del DPCM 25 febbraio 2020) autorizzava nell'ambito delle aree considerate a rischio l'applicazione del lavoro agile "in via automatica" anche in assenza di accordo individuale.
Il DPCM 25 febbraio 2020, all'art. 2 prevedeva invece l'applicazione del lavoro agile per i datori di lavoro aventi sede legale o operativa nelle Regioni in esso indicate (Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Piemonte e Liguria) e per i lavoratori ivi residenti o domiciliati svolgenti attività lavorativa fuori da tali territori "in via provvisoria fino al 15 marzo 2020", anche in assenza di accordo individuale (sempre nel rispetto dei principi dettati dalle disposizioni di legge in materia).
Il nuovo Decreto datato 4 marzo 2020 all’art. 1, lettera n), autorizza l’adozione della modalità lavoro agile su tutto il territorio nazionale e per la durata dello stato di emergenza (ossia fino al 31 luglio 2020) per ogni rapporto di lavoro subordinato e sempre nel rispetto dei principi e delle disposizioni di legge in materia.
Sulla base delle previsioni del decreto, a parte l’aspetto connesso con l’informativa, non si ravvisa nessun altro obbligo specifico a carico del datore di lavoro per avviare il lavoro da remoto, soprattutto tenendo conto delle finalità del provvedimento e dell’obiettivo di non far perdere operatività alle imprese, se la modalità del lavoro da remoto possa concretamente essere adottata in ragione delle attività svolte dall’impresa.
Si ritiene pertanto “superabile” in questa fase l’obbligo di comunicazione preventiva – anche se il Ministero ha previsto a tali fini in forza delle disposizioni iniziali contenute nell’art. 3 del D.P.C.M. 23 febbraio 2020 di caricare a sistema un’autocertificazione - considerando che l’obbligo di comunicazione è direttamente connesso dalla legge all’accordo individuale – che deve peraltro essere caricato ordinariamente sulla piattaforma - e l’emergenza, supportata dalla Deliberazione del Consiglio dei Ministri 31 gennaio 2020 autorizza e rende quindi legittimo proprio in forza della situazione contingente legata al rischio epidemiologico il provvisorio superamento dell’obbligo formale dell’accordo individuale.
D’altra parte basterebbe pensare alle implicazioni pratiche e amministrative che sarebbero richieste alle imprese (soprattutto quelle di grande dimensione) in questo momento e certamente un adempimento in più sarebbe oltremodo difficoltoso da gestire tanto più che anche l’obbligo di Informativa, che riveste un’importanza ben maggiore dovendo essere consegnata al lavoratore, può essere assolto con modalità molto più semplici e in via telematica.
Restano allora un paio di punti dubbi da chiarire, ossia come soddisfare concretamente i requisiti di legge.
Il decreto autorizza il lavoro nel rispetto dei principi guida dettati in materia. Ciò in pratica significa che per poter attivare in questa fase contingente il lavoro agile sono necessari alcuni presupposti tecnici e organizzativi che vanno concretamente presi in considerazione, anche al fine di evitare abusi e per non allontanarsi troppo dagli obiettivi di fondo della procedura telematica di comunicazione preventiva:
· Innanzitutto, l’effettiva disponibilità degli strumenti di lavoro oppure l’utilizzo in via eccezionale degli strumenti propri (eventualità prevista peraltro anche dalla disciplina in materia di telelavoro), previa autorizzazione da parte dell’Amministratore di sistema (soprattutto per ragioni di privacy e riservatezza dei dati);
· L’impegno al reciproco rispettato delle obbligazioni contrattuali nascenti dal rapporto di lavoro, quindi fondamentalmente la disponibilità ad un atto di fiducia nei confronti dei lavoratori con superamento dei vincoli del controllo in presenza propri del nostro paese, l’impegno al rispetto dei limiti dell’orario di lavoro normalmente praticato in azienda, il diritto e il rispetto delle pause e la previsione d’accordo con la Direzione aziendale, i colleghi e il management di periodi di disconnessione e di forme di collaborazione essenziali a garantire il rispetto dei quotidiani obiettivi di lavoro.
Nelle aziende che stiano già sperimentando il lavoro agile anche solo per gruppi ristretti definiti magari ai fini di una prima sperimentazione, sarà sufficiente fare richiamo alle regole di base già in uso con estensione e invio a tutto il personale, anche via e-mail o altra modalità tracciabile (ad esempio con link diretto alla intranet) dell’Informativa in materia di salute e sicurezza sul lavoro.
Nelle aziende, invece, che non abbiano in corso alcun progetto si consiglia di predisporre comunque un breve decalogo di regole di comportamento cui accompagnare la comunicazione interna legata all’invio dell’Informativa su salute e sicurezza sul lavoro. Ciò renderà comunque tracciabile la definizione di quell’insieme di regole che la legge identifica come principi guida in materia di lavoro agile e aiuterà la progettazione una volta superata la fase dell’emergenza.