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Lavoratori tutelati se il Coronavirus non sospende la produzione. In che modo?

Lavoro o salute? Questo è il problema. L’emergenza sanitaria da Coronavirus non deve far dimenticare che è la normativa generale a tutelare la sicurezza del lavoratore. Ma i principi generali da soli non bastano. Per camminare hanno bisogno di direttive precise, soprattutto nella gestione delle emergenze. Ed è così, che le parti sociali, convocate d’iniziativa del Governo, hanno sottoscritto un protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro. Servirà alle aziende per continuare a produrre e ai lavoratori per non ammalarsi?

L’emergenza legata al contrasto del contagio da Coronavirus (COVID 19) ha indotto il Governo ad adottare vari provvedimenti di legge che, come è noto, non solo restringono la libertà di movimento sul territorio, ma che si preoccupano anche di fornire indicazioni in ordine allo svolgimento dell’attività di lavoro subordinato, a fronte della necessità di non arrestare del tutto la vita del Paese.

Il Governo – all’art. 1 lett. e) del DPCM dell’8 marzo 2020 (Ulteriori disposizioni attuative del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, recante misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19, in GU n. 59 dell’8.3.2020) – «raccomanda» così «ai datori di lavoro pubblici e privati di promuovere … la fruizione da parte dei lavoratori dipendenti dei periodi di congedo ordinario e di ferie». Si tratta di una norma coerente con il sistema generale, che attribuisce (art. 2109, comma 2, c.c.) al datore di lavoro il potere di stabilire il periodo di ferie dei propri dipendenti (salvo solamente il diritto al preavviso, da intendersi qui derogato, per effetto della disposizione di cui sopra si è detto).

La stessa norma del Decreto, fa tuttavia salva la possibilità (a mente dell’art. 2, comma 1, lettera r), che l’impresa proceda ad adottare, ove compatibile con le esigenze organizzative e produttive aziendali, la modalità di lavoro agile di cui agli artt. da 18 a 23 della legge 22 maggio 2017, n. 81, «anche in assenza degli accordi individuali ivi previsti». Ed invero, molte imprese si sono sin da subito orientate a questa forma di lavoro, al fine di limitare i rischi conseguenti ad un possibile contagio.

Con il successivo e recentissimo D. L. 17 marzo 2020, n. 18 (Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all'emergenza epidemiologica, in GU, S. Gen. n. 70 del 17.3.2020), si è poi intervenuti a garantire una integrazione salariale praticamente a ogni lavoratore subordinato, sfruttando tutti gli di ammortizzatori sociali previsti (CIGO, FIS, fondi bilaterali, cassa in deroga); si sono sospesi per due mesi le procedure di licenziamento per giustificato motivo oggettivo e si è dettata una ampia serie di ulteriori disposizioni in tema, ad es., di congedi e permessi (artt. 19-48). Alcune norme del Decreto, poi, dettano misure di sostegno economico ai lavoratori del settore dell’agricoltura, agli autonomi iscritti alla gestione separata INPS, e a quanti dovessero perdere il posto di lavoro a ragione dell’epidemia. Altre prorogano vari termini in ordine al versamento di tasse e contributi.

Resta da dire, però, che non sempre è possibile lavorare da casa e che, di conseguenza, non è chiaro che comportamento debba adottare il datore nel caso in cui il lavoratore, che si sia presentato al lavoro, mostri i segni di una possibile contrazione della infezione da coronavirus.

A riguardo si deve ricordare come, con un proprio comunicato stampa del 2 marzo scorso il Garante della Privacy, abbia suggerito alle imprese di astenersi da «iniziative "fai da te" nella raccolta dei dati», invitando così i «soggetti pubblici e privati» ad «attenersi alle indicazioni del Ministero della salute e delle istituzioni competenti».

Si tratta certamente di una indicazione autorevole e corretta, calibrata sulla capacità del servizio sanitario nazionale di assorbire tutte le segnalazioni che dovessero emergere, ma che rischia di esporre i colleghi del lavoratore contagiato al rischio di un possibile propagarsi dell’infezione ove l’intervento delle strutture pubbliche dovesse giungere in ritardo.

A riguardo, allora, si deve ricordare innanzi tutto che la nostra Costituzione colloca il diritto alla salute in una posizione peculiare, quale «fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività», proprio preoccupandosi dei rischi che potrebbero derivare dal rifiuto individuale di sottoporsi a cure, pur in presenza di una malattia contagiosa.

Ed è la stessa disposizione ora citata (art. 32 Cost.) che si preoccupa di aggiungere subito che «nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge» e sempre nei «limiti imposti dal rispetto della persona umana».

Né si deve dimenticare che è la stessa normativa generale in materia di tutela della salute e sicurezza che si preoccupa di disciplinare la gestione delle emergenze, ammettendo che «i lavoratori, in caso di pericolo grave e immediato che non può essere evitato, possano cessare la loro attività, o mettersi al sicuro, abbandonando immediatamente il luogo di lavoro» (v. artt. 43 e 44 del D. Lgs. n. 81 del 2008). Anzi: la legge si spinge anche più avanti ed autorizza «qualsiasi lavoratore, in caso di pericolo grave ed immediato per la propria sicurezza o per quella di altre persone e nell'impossibilità di contattare il competente superiore gerarchico» a «prendere le misure adeguate per evitare le conseguenze di tale pericolo».

Queste norme, invero, sono state pensate probabilmente per ipotesi nelle quali il pericolo grave e immediato è costituito da un incendio o dal rischio di un’esplosione: esse tuttavia prevedono un principio generale, che deve conciliarsi con la necessità (ricordata dal Garante) di lasciare all’autorità sanitaria l’accertamento dell’effettivo stato di salute del lavoratore.

Ed è sulla scorta di questi principi, che le parti sociali, convocate d’iniziativa del Governo, hanno proceduto sabato 14 marzo a sottoscrivere un Protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro, dando così precise indicazioni di condotta, per assicurare al lavoratore positivo al virus che la sua temporanea condizione di malattia venga trattata nel rispetto della dignità di persona umana, e a tutti i suoi colleghi e compagni di lavoro che il rischio del propagarsi del contagio sia ridotto al minimo.

Il protocollo adotta un meccanismo giuridico abbastanza singolare, proprio a ragione dell’interesse di ognuno ad evitare il diffondersi del contagio. Si impone così alle imprese di informare i singoli, mediante affissione sui luoghi di lavoro, circa le condotte che ognuno è tenuto a rispettare, nel proprio domicilio o sul luogo di lavoro, in caso di insorgenza dei sintomi della malattia.

Viene ammesso quindi il controllo, all’ingresso dei locali aziendali, della temperatura corporea dei singoli lavoratori, precisando che si tratta di un trattamento di dati personali del tutto lecito, ove non si registrino quelli privi di rilievo sanitario e si garantisca informazione preventiva ai lavoratori, assicurando loro che le misure di isolamento momentaneo, conseguenti all’eventuale scoperta del virus, rispettino la dignità individuale. Si prevedono poi a carico delle imprese misure di pulizia e sanificazione nonché di dotare tutti di dispositivi di protezione individuale (DPI).

L’accordo riconosce, insomma, che l’attività produttiva deve sospendersi solo quando non sia possibile in alcun modo la sua prosecuzione e che il datore non può disinteressarsi della situazione, ma è sostanzialmente chiamato ad operare, attraverso i poteri che il contratto di lavoro subordinato gli riconosce, al fine di garantire un esatto rispetto delle norme anti-contagio.

Fonte: https://www.ipsoa.it/documents/lavoro-e-previdenza/amministrazione-del-personale/quotidiano/2020/03/21/lavoratori-tutelati-coronavirus-non-sospende-produzione-modo

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