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Archivio newsIl “#QuasiChiudiItalia”: imprese e professionisti alla prova delle ultime restrizioni del Governo
Nelle ultime 24 ore il Governo aveva ritenuto necessario adottare, sull’intero territorio nazionale, ulteriori misure per la gestione dell'emergenza COVID-19. Ma con il D.P.C.M. 22 marzo 2020 di fatto l’effetto blocco annunciato non si realizza. Il provvedimento riprende e richiama, in un non sempre facile collage, le precedenti disposizioni governative, prevedendo per le attività sospese un “periodo cuscinetto” (ogni eventuale nuova sospensione avverrà dal 26 marzo). E i professionisti iscritti agli ordini possono proseguire le loro attività. Per loro la disposizione è più ampia e generalizzata di quelle regionali previste da Lombardia e Piemonte. Con quali precauzioni?
Sono passate quasi ventiquattro ore dall’annuncio in diretta Facebook alla Gazzetta Ufficiale. Quasi un giorno intero per capire nel concreto quali misure avesse adottato il Governo per contrastare la pandemia dilagante del COVID-19. Ventiquattro ore serrate di voci, smentite, sollecitazioni, lanci su Twitter, appelli confindustriali, richiami alla compattezza del Paese o alla necessità di non intrappolare in una gabbia di immobilismo le imprese italiane. Anche il Papa nell’Angelus domenicale ha esortato i cittadini a “seguire le indicazioni del Governo”. Indicazioni che limitano fortemente le libertà individuali e d’impresa nel nome di un bene superiore, quello della salute dei cittadini. Valori costituzionali che si fronteggiano, diritto alla libertà di movimento, di iniziativa economica e diritto alla salute e tutela sociale. Il presidente Conte aveva annunciato, in un breve e atteso comunicato alla Nazione la notte del 21 marzo, che il Governo aveva ritenuto necessario adottare, sull’intero territorio nazionale, ulteriori misure in materia di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19. Misure drastiche. Ormai il vezzo di dare nomi ai provvedimenti normativi ha fatto titolare il provvedimento #IoRestoaCasa. Mi sembrerebbe più corretto definirlo “#QuasiChiudiItalia” perché, vedremo, che di fatto l’effetto blocco annunciato non si realizza.
La giornata di domenica ha visto anche l’emanazione di una ordinanza adottata congiuntamente dal Ministro della Salute e dal Ministro dell'Interno, che, anticipando il D.P.C.M. 22 marzo 2020, ha di fatto vietato a tutte le persone di trasferirsi o spostarsi con mezzi di trasporto pubblici o privati in comune diverso da quello in cui si trovano, salvo che per comprovate esigenze lavorative, di assoluta urgenza ovvero per motivi di salute.
Per avere un quadro complessivo della situazione bisogna però leggere le disposizioni nazionali in un combinato disposto con quelle regionali in special modo l’ordinanza Regione Lombardia n. 514 del 21 marzo 2020 e il decreto 34 di pari data della Regione Piemonte .
La disposizione lombarda, che per la criticità registrata nel proprio territorio anticipa i provvedimenti nazionali, vieta ogni spostamento delle persone fisiche in entrata e in uscita dal territorio regionale, nonché all’interno del medesimo territorio, salvo che per gli spostamenti motivati da comprovate esigenze lavorative o situazioni di necessità ovvero spostamenti per motivi di salute.
L’ordinanza poi dispone:
- il divieto di assembramento nei luoghi pubblici - fatto salvo il distanziamento (droplet) - e conseguente ammenda fino a 5.000 euro;
- la sospensione dell’attività degli Uffici Pubblici, fatta salva l’erogazione dei servizi essenziali e di pubblica utilità;
- la sospensione delle attività artigianali non legate alle emergenze o alle filiere essenziali;
- la sospensione di tutti i mercati settimanali scoperti;
- la sospensione delle attività inerenti ai servizi alla persona;
- la chiusura delle attività degli studi professionali salvo quelle relative ai servizi indifferibili e urgenti o sottoposti a termini di scadenza;
- la chiusura di tutte le strutture ricettive ad esclusione di quelle legate alla gestione dell’emergenza. Gli ospiti già presenti nella struttura dovranno lasciarla entro le 72 ore successive all’entrata in vigore dell’ordinanza;
- il fermo delle attività nei cantieri edili. Sono esclusi dai divieti quelli legati alle attività di ristrutturazione sanitarie e ospedaliere ed emergenziali, oltre quelli stradali, autostradali e ferroviari;
- la chiusura dei distributori automatici cosiddetti ‘h24’ che distribuiscono bevande e alimenti confezionati;
- il divieto di praticare sport e attività motorie svolte all’aperto, anche singolarmente.
Restano aperte le edicole, le farmacie, le parafarmacie, ma deve essere in ogni caso garantita la distanza di sicurezza interpersonale di un metro.
Ai supermercati, alle farmacie, nei luoghi di lavoro, a partire dalle strutture sanitarie e ospedaliere, si raccomanda a cura del gestore/titolare di provvedere alla rilevazione della temperatura corporea.Per quanto riguarda il trasporto pubblico locale, valgono le prescrizioni su distanziamento degli utenti contenute nelle due ordinanze regionali già in vigore.
Resta affidata ai sindaci la valutazione di ampliare ulteriormente le disposizioni restrittive in base alle rispettive esigenze.
Il decreto del Piemonte, elaborato in sinergia con la Regione Lombardia, per prevedere misure il più possibile omogenee vista la contiguità territoriale dispone che dal 22 marzo:
- i mercati saranno possibili solo dove i sindaci potranno garantire il contingentamento degli accessi e il non assembramento, anche grazie all’utilizzo di transenne e sempre con il presidio costante dei vigili urbani;
- l’accesso agli esercizi commerciali sarà limitato ad un solo componente del nucleo familiare, salvo comprovati motivi di assistenza ad altre persone;
- chiusi gli uffici pubblici e gli studi professionali, fatta salva l’erogazione dei servizi essenziali ed indifferibili (oltre alla possibilità di attuare lo smart working);
- vietati gli spostamenti verso le seconde case;
- vietata la sosta e l’assembramento davanti ai distributori automatici “h24” che erogano bevande e alimenti confezionati;
- blocco delle slot machine e disattivazione di monitor e televisori da parte degli esercenti;
- restano aperte le edicole, le farmacie, le parafarmacie e i tabaccai (dove dovrà essere in ogni caso garantita la distanza di sicurezza interpersonale di un metro);
- fermata l’attività nei cantieri, ad eccezione di quelli di interesse strategico;
- vietato l’assembramento di più di due persone nei luoghi pubblici.
Veniamo ora al D.P.C.M. del 22 marzo 2020. Il provvedimento, in vigore da oggi e sino al 3 aprile, riprende e richiama, in un non sempre facile collage, le precedenti disposizioni governative.
La prima cosa da evidenziare è il “periodo cuscinetto” ossia il tempo fornito alle imprese ed ai lavoratori di riorganizzare la propria attività, di andare in ufficio a prendere documentazione utile per lavorare in smart working o per predisporre tutte quelle attività propedeutiche alla spedizione delle merci o alla sospensione dell’attività. Infatti, il comma 4 del provvedimento dispone che “le imprese le cui attività sono sospese per effetto del presente decreto completano le attività necessarie alla sospensione entro il 25 marzo 2020, compresa la spedizione della merce in giacenza”. Quindi ogni eventuale nuova sospensione avverrà dal 26 marzo.
Il provvedimento le evidenzia per converso ossia inquadra quelle che possono proseguire a lavorare. Per loro però, al fine di una reale abilitazione allo svolgimento del lavoro, richiama le disposizioni condivise con le parti sociali in data 14 marzo circa la salubrità degli ambienti e la distribuzione dei DPI ai lavoratori, nonché il forte invito allo smart working.
Sono sospese tutte le attività produttive industriali e commerciali, ad eccezione di quelle indicate nell’allegato 1 che contiene un nutrito elenco di attività non sospese (sono circa 80) in cui sono ricomprese l’intera filiera alimentare per bevande e cibo, quella dei dispositivi medico-sanitari e della farmaceutica e, tra i servizi, quelli dei call center. È, altresì, precisato che l’elenco potrà essere aggiornato con decreto del Mise sentito il MEF.
Unitamente a queste, l’attuale D.P.C.M. richiama quelle attività commerciali già autorizzate ad operare in forza del D.P.C.M. 11 marzo 2020, come per esempio tutto il settore del commercio alimentare al dettaglio.
Le imprese e le partite IVA, se non titolari di attività commerciali già autorizzate dal D.P.C.M. 11 marzo, per saper cosa fare da oggi devono prendere la “white list” (allegato 1 al D.P.C.M.), ricercare all’interno il proprio codice di attività e così fare una prima valutazione. Se la ricerca è stata positiva possono proseguire nelle attività. Se è stata negativa prima di organizzarsi per la sospensione devono effettuare altre verifiche.
Infatti, se le imprese possono organizzarsi in modalità a distanza o lavoro agile possono proseguire l’attività in ogni caso. Se anche questa possibilità ha dato esito negativo, prima di gettare la spugna ed entrare in “riposo forzoso”, devono controllare se l’attività esercita rientrasse comunque nei punti E - F - G - H dell’art. 1 del D.P.C.M. Troviamo in questi punti i servizi di pubblica utilità, nonché servizi essenziali di cui alla legge 12 giugno 1990, n. 146, l’attività di produzione, trasporto, commercializzazione e consegna di farmaci, tecnologia sanitaria e dispositivi medico-chirurgici, nonché di prodotti agricoli e alimentari, le attività degli impianti a ciclo produttivo continuo, previa comunicazione al Prefetto della provincia ove è ubicata l’attività produttiva, dalla cui interruzione derivi un grave pregiudizio all'impianto stesso o un pericolo di incidenti, le attività dell’industria dell’aerospazio e della difesa, nonché le altre attività di rilevanza strategica per l’economia nazionale, previa autorizzazione del Prefetto della provincia ove sono ubicate le attività produttive.
Se anche dopo questa ricerca il nostro imprenditore o il nostro lavoratore autonomo non si fosse riconosciuto nelle attività consentite avrebbe ancora una ultima carta da giocarsi: il comma D.
Questo è il punto più complesso da analizzare.
Infatti. si dispone che restano sempre consentite anche le attività che sono “funzionali ad assicurare la continuità delle filiere delle attività legittimate a proseguire”. Per queste imprese però vige l’onere di darne tempestiva comunicazione al Prefetto della provincia ove è ubicata l’attività produttiva.
Difficile interpretare con chiarezza cosa significhi essere funzionale ad altre attività e quanto lunga può essere la filiera. In questo caso però l’impresa è obbligata a dare immediata comunicazione al Prefetto per spiegare le ragioni della propria apertura ed attendere la risposta. Vige il principio del silenzio assenso.
I professionisti iscritti agli ordini possono senza dubbio proseguire le loro attività, con tutte le precauzioni del caso e privilegiando lo smart working, in forza di generale abilitazione di cui al punto A e delle specifiche autorizzazioni secondo i codici Ateco. Per loro la disposizione è più ampia e generalizzata di quelle regionali che abbiamo prima analizzato. Se per le disposizioni regionali le attività professionali potevano proseguire esclusivamente per l’erogazione “dei servizi essenziali ed indifferibili” (Piemonte) o per quei “servizi indifferibili e urgenti o sottoposti a termini di scadenza” (Lombardia), per il D.P.C.M. invece le attività professionali non sono mai sospese.
Quindi il titolare di uno studio professionale di Milano o i suoi collaboratori, dal 26 potranno operare solo in smartworking ovvero sospendere l’attività in forza all’Ordinanza regionale?
La risposta è no perché dopo emanazione del D.P.C.M. lo stesso prevale sulle disposizioni Regionali in forza dei principi generali previsti dalla legge, art. 32 legge n. 833/1978, e dello stesso art. 3 D.L. n. 6/2020 che limita la possibilità regolatoria d’urgenza attribuita alle Regioni nelle more di un decreto del Presidente del Consiglio che regolamenti la medesima materia, il tutto in coerenza con art. 120 della Costituzione.
D.P.C.M. 22/03/2020 (G.U. 22/03/2020, n. 76)