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Ticket licenziamento: a chi, come e quando spetta

Il ticket licenziamento è dovuto in misura identica a prescindere dalla tipologia di lavoro, part-time o full-time. E’ uno dei chiarimenti dell’INPS contenuti nella circolare n. 40 del 2020, che fornisce un quadro riepilogativo delle tipologie di cessazione del rapporto di lavoro per le quali è obbligatorio il versamento del ticket, compresa l’ipotesi di risoluzione per scivolo pensionistico nell’ambito del contratto di espansione. Il contributo è interamente a carico del datore di lavoro e va calcolato in proporzione ai mesi di anzianità aziendale: secondo quali criteri?

L’INPS è di intervenuta, con la circolare 40/2020, per fornire un quadro completo relativamente a tutte le tipologie di cessazione del rapporto di lavoro che soggiacciono al pagamento, da parte dell’azienda, del ticket licenziamento, e cioè di quel contributo che le aziende devono versare in caso di interruzione involontaria (per il lavoratore) del rapporto di lavoro.

Partiamo col dire che il contributo va versato esclusivamente qualora il rapporto d lavoro sia stato a tempo indeterminato e si sia concluso per un motivo non imputabile al lavoratore, quindi anche per cessazioni diverse dal classico licenziamento.

Queste le tipologie di cessazione, diviso per categorie, alle quali consegue il versamento, entro il mese successivo alla cessazione, del contributo aggiuntivo.

Tutte le tipologie di licenziamento ricadono nell’obbligo del c.d. ticket NASpI. Parliamo di

· licenziamento per giustificato motivo soggettivo;

· licenziamento per giusta causa;

· licenziamento per giustificato motivo oggettivo.

In maniera “impropria”, l’INPS evidenza l’erogazione del contributo NASpI anche all’ipotesi di licenziamento con accettazione dell'offerta di conciliazione, di cui all’articolo 6 del Decreto Legislativo n. 23/2015. Ricordo che l’offerta conciliativa viene prevista successivamente all’avvenuto licenziamento (indipendentemente dalla tipologia) e non ne cambia il titolo (è, e rimane, un licenziamento).

Le classiche dimissioni volontarie non sottostanno a questa regola, ma esclusivamente alcune tipologie che hanno specifiche caratteristiche. Queste sono le seguenti.

Dimissioni per giusta causa

Le casistiche sono le seguenti:

· reiterato mancato pagamento della retribuzione;

· aver subito molestie sessuali nei luoghi di lavoro;

· modificazioni peggiorative delle mansioni, tali da pregiudicare la vita professionale del lavoratore;

· notevoli variazioni nelle condizioni di lavoro a seguito di cessione ad altre persone (fisiche o giuridiche) dell’azienda;

· spostamento del lavoratore da una sede ad un’altra, senza che sussistano le “comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive”, previste dall’art. 2103 codice civile;

· comportamento ingiurioso posto in essere dal superiore gerarchico nei confronti del dipendente;

· mobbing, consistente in un insieme di condotte vessatorie e reiterate poste in essere da parte di superiori e/o colleghi nei confronti di un lavoratore. Dette condotte devono essere prolungate nel tempo e lesive della dignità personale e professionale nonché della salute psicofisica dello stesso.

Dimissioni intervenute durante il periodo tutelato di maternità

Si tratta delle dimissioni rese da 300 giorni prima della data presunta del parto e fino al compimento del primo anno di vita del figlio.

La disposizione si applica anche al padre lavoratore qualora abbia fruito del congedo di paternità:

· astensione dal lavoro per tutta la durata del congedo di maternità o per la parte residua che sarebbe spettata alla lavoratrice, in caso di morte o di grave infermità della madre ovvero di abbandono,

· in caso di affidamento esclusivo del bambino al padre.

· qualora la madre sia lavoratrice autonoma avente diritto all'indennità.

Dimissioni rassegnate dal lavoratore in caso di trasferimento d’azienda (articolo 2112, quarto comma, del codice civile)

In questo caso, è stata valutata la possibilità, da parte del lavoratore, di recedere nei tre mesi successivi al trasferimento d’azienda, qualora sia stata evidenziata una sostanziale modifica delle sue condizioni di lavoro.

Tra le tipologie di cessazione del rapporto di lavoro, rientrano anche le risoluzioni consensuali e cioè allorquando le parti decidono, congiuntamente, di risolvere il rapporto di lavoro. Alcune di queste casistiche abilitano il lavoratore, comunque, alla percezione della NASpI e, conseguentemente, all’obbligo, in capo al datore di lavoro, di versare il ticket licenziamento all’INPS. Vediamo queste casistiche:

· La risoluzione consensuale determinata in un verbale di conciliazione in sede “protetta”, in caso di diniego del lavoratore al trasferimento ad altra sede della stessa azienda, distante più di 50 km dalla residenza del lavoratore e/o mediamente raggiungibile in 80 minuti o più con i mezzi pubblici (circolare Inps n. 108/2006). Le sedi deputate a redigere e sottoscrivere un verbale di conciliazione in sede protetta sono le seguenti: Ispettorato territoriale del lavoro, sede sindacale, Commissione di certificazione e giudice istruttore (4° comma, dell’articolo 2113 del c.c.).

· La risoluzione consensuale prevista all’interno della procedura di conciliazione obbligatoria (art. 7 della legge n. 604/1966), in caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo da parte di un datore di lavoro con più di 15 dipendenti. La procedura, per determinare l’erogazione della NASpI al lavoratore, deve essere rivolta esclusivamente nei confronti dei lavoratori tutelati dall’articolo 18 (non per quelli assunti a “tutele crescenti”) e deve concludersi con un verbale di conciliazione sottoscritto dinanzi alla Commissione di conciliazione presso l’Ispettorato territoriale del lavoro.

Rientrano, a buon diritto, nelle tipologie di risoluzione del rapporto di lavoro, per le quali il datore di lavoro è tenuto a versare il contributo NASpI anche le seguenti, in quanto fanno acquisire il diritto al lavoratore a percepire l’indennità NASpI.

· recesso del datore di lavoro durante o al termine del periodo di prova, previsto dall’articolo 2096 del codice civile;

· recesso, da parte del datore di lavoro, al termine del periodo di apprendistato, così come previsto dall’articolo 42, comma 4, del Decreto Legislativo n. 81 del 2015.

La norma (articolo 26-quater, comma 1, del decreto-legge n. 34/2019) consente alle imprese interessate di stipulare un contratto (di espansione) che prevede, tra l’altro, la risoluzione dei rapporti di lavoro in essere con i lavoratori che abbiano i requisiti previsti dal comma 5 dell’articolo 41 del Decreto Legislativo 148/2015 (lavoratori che si trovino a non più di 60 mesi dal conseguimento del diritto alla pensione di vecchiaia, che abbiano maturato il requisito minimo contributivo), riconoscendo agli stessi un’indennità mensile commisurata al trattamento pensionistico lordo maturato dal lavoratore al momento della cessazione del rapporto di lavoro.

A seguito della risoluzione del rapporto di lavoro, questi lavoratori acquisiscono il diritto all’accesso all’indennità NASpI, ne consegue che tale risoluzione comporta l’obbligo, per il datore di lavoro, di versamento il ticket licenziamento.

Calcolo e versamento del contributo

Il contributo è scollegato dall’importo della prestazione individuale ed è dovuto in misura identica a prescindere dal fatto che il rapporto di lavoro sia full-time o part-time.

Il valore è pari al 41% del massimale mensile di NASpI per ogni 12 mesi di anzianità aziendale negli ultimi tre anni, nei casi di interruzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato per le causali che, indipendentemente dal requisito contributivo, darebbero diritto alla NASpI.

In virtù dell’aggiornamento previsto dalla circolare INPS n. 20, del 10 febbraio 2020, il ticket licenziamento, per l’anno 2020, è pari a 503,30 euro (41% di 1.227,55 euro) per ogni anno di lavoro effettuato, fino ad un massimo di 3 anni (l’importo massimo del contributo è pari a 1.509,90 euro – arrotondato alle 2 cifre – per rapporti di lavoro di durata pari o superiore a 36 mesi).

Il contributo deve essere calcolato in proporzione ai mesi di anzianità aziendale: la quota mensile è pari a 41,94 euro/mese (503,30/12).

In particolare, l’Istituto precisa che i mesi di lavoro diversi dal primo e dall’ultimo devono essere considerati mesi interi, indipendentemente dal numero di giornate lavorate, fermo restando che nel computo dell’anzianità aziendale non si deve tener conto dei periodi di congedo richiesti dal coniuge convivente di soggetto con handicap in situazione di gravità accertata (articolo 42, comma 5, del Decreto Legislativo n. 151/2001), né dei periodi richiesti per aspettativa non retribuita.

Inoltre, sempre ai fini del computo dell’anzianità lavorativa, oltre ai periodi di lavoro a tempo indeterminato, devono essere considerati periodi utili anche quelli in cui il lavoratore sia stato assunto alle dipendenze dello stesso datore con tipologia di contratto a termine, qualora il datore di lavoro abbia beneficiato della restituzione del contributo addizionale (articolo 2, comma 30, della legge n. 92/2012).

Infine, nel periodo di lavoro va computata anche la parte di rapporto svolta alle dipendenze dell’azienda cedente, in caso di operazioni societarie disciplinate dagli articoli 2112 o 1406 del codice civile.

Una volta calcolato, il contributo va versato in unica soluzione entro e non oltre il termine di versamento della denuncia successiva a quella del mese in cui si verifica l’interruzione del rapporto di lavoro.

Cessazioni esentate dal ticket licenziamento

In quest’ultimo paragrafo, vi riepilogo le tipologie di risoluzione del rapporto di lavoro che non comportano l’obbligo, in capo al datore di lavoro, di erogare all’INPS il ticket NASpI.

· dimissione volontaria del lavoratore;

· accordo di risoluzione con accompagnamento alla pensione, previsto dal comma 7-ter dell’articolo 4 della legge n. 92/2012. La norma prevede la possibilità, nei casi di eccedenza di personale, di stipulare accordi tra i datori di lavoro, che impieghino mediamente più di 15 dipendenti, e le organizzazioni sindacali dei lavoratori maggiormente rappresentative a livello aziendale, al fine di incentivare l’esodo dei lavoratori più prossimi al trattamento di pensione;

· accordo di incentivazione all’esodo, disciplinato dall’articolo 26, comma 9, lett. b), del Decreto Legislativo n. 148/2015:

· risoluzione consensuale avvenuta in sede protetta”, ai sensi dell’articolo 410 e 411 del c.p.c. (no qualora sia stata effettuata ai sensi dell’articolo 7 della Legge 604/1996);

· interruzione del contratto di apprendistato di primo livello (articolo 43 del Decreto Legislativo n. 81/2015), stipulato a decorrere dal 24 settembre 2015. Detta indicazione è stata espressamente prevista dall’articolo 32, comma 1, lett. a), del Decreto Legislativo n. 150/2015;

· interruzione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato del dipendente già pensionato.

· interruzioni effettuate dalla società in procedura fallimentare o in amministrazione straordinaria, che abbiano usufruito del trattamento straordinario di integrazione salariale (di cui all’art. 44 del D.L. n. 109/2018) negli anni 2019 e 2020, qualora la società chieda, in sede di presentazione dell’istanza di Cassa integrazione guadagni straordinaria (CIGS), di essere esonerata dal pagamento del contributo NASpI;

· Licenziamenti effettuati in conseguenza di cambi di appalto. Infatti, a norma dell’articolo 2, comma 34, lett. a), della legge n. 92/2012, il contributo NASpI non è dovuto qualora l’interruzione del rapporto di lavoro sia derivata da licenziamenti effettuati in conseguenza di cambio appalto, ai quali siano succedute assunzioni presso altro datore di lavoro, in applicazione delle clausole sociali che garantiscano continuità di occupazione;

· interruzione di rapporto di lavoro nel settore delle costruzioni edili. In questo caso, il legislatore (articolo 2, comma 34, lett. b), della legge n. 92/2012) dispone che il ticket licenziamento non è dovuto nel caso di “interruzione di rapporto di lavoro a tempo indeterminato, nel settore delle costruzioni edili, per completamento delle attività e chiusura del cantiere”. L’INPS, per questa casistica, evidenzia che qualora il licenziamento, pur intimato per fine cantiere, non sia ritenuto legittimo, in quanto il lavoratore poteva essere utilizzato nell’ambito dell’organizzazione aziendale (ricollocazione), decade l’esenzione al contributo NASpI. Inoltre, l’esenzione non si applica allorquando l’azienda intenda addivenire ad una riduzione del personale in servizio. Infatti, il contestuale licenziamento di più lavoratori (licenziamento plurimo) adibiti ad un determinato cantiere, “integra gli estremi di un giustificato motivo di licenziamento individuale, anche se plurimo, ai sensi della legge 15 luglio 1966, n. 604, art. 3” (Cass. n. 12439/2018) e come tale non soggiace all’esonero dal ticket licenziamento.

· accordo conciliativo a seguito della risoluzione per fine cantiere. L’esonero dal contributo NASpI è possibile soltanto se la procedura di conciliazione, prevista dall’articolo 7 della legge n. 604/66, si conclude prevedendo la risoluzione del rapporto di lavoro a seguito del licenziamento intimato a titolo di fine cantiere.

Le considerazioni contenute nel presente contributo sono frutto esclusivo del pensiero dell’Autore e non hanno carattere in alcun modo impegnativo per l’Amministrazione di appartenenza

Fonte: https://www.ipsoa.it/documents/lavoro-e-previdenza/amministrazione-del-personale/quotidiano/2020/03/24/ticket-licenziamento-chi-spetta

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