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CIG e assegno ordinario: come orientarsi tra eccezioni e regole generali

Le imprese che, per via dell’emergenza Coronavirus, hanno sospeso o ridotto l’attività dei lavoratori possono chiedere (e ottenere), entro i prossimi 4 mesi, la CIGO o l’assegno ordinario del fondo di integrazione salariale, utilizzando la causale “COVID-19 nazionale”. La domanda può essere presentata per un periodo non superiore alle 9 settimane. Ai fini del calcolo, si ritiene uilizzata una settimana di CIGO soltanto se la contrazione dell’orario ha interessato 6 giorni (o 5 giorni in caso di settimana corta), in quanto il numero delle settimane effettivamente fruite è dato dal risultato della somma dei singoli giorni.

I datori di lavoro che, a causa delle crisi dovuta al Coronavirus, sono costretti a sospendere o ridurre la propria attività per un periodo non superiore alle 9 settimane (art. 19 del D.L. n. 18/2020), possono presentare istanza di concessione del trattamento ordinario di integrazione salariale o di accesso all’assegno ordinario per i loro dipendenti, indicando nell’istanza la causale “COVID-19 nazionale”. Tale causale può essere inserita in richieste di CIGO o di assegno ordinario dal 23 febbraio 2020 fino al 31 agosto 2020.

Sul punto, in attesa della circolare esplicativa, la cui pubblicazione attende soltanto il parere dell’Ufficio Legislativo del Ministero del Lavoro, l’INPS ha emanato due messaggi, il n. 1287 del 20 marzo ed il n. 1321 del 23 marzo 2020 che, in questa breve riflessione, saranno oggetto di particolare attenzione.

Prima di entrare nel merito appare necessario chiarire alcune questioni. La prima riguarda l’ambito di applicazione.

L’accesso alla CIGO è possibile per i datori di lavoro, senza alcun limite dimensionale, appartenenti ai settori indicati dall’art. 10 del D.L.vo n. 148/2015, e precisamente:

a) imprese manifatturiere, di trasporti, estrattive, di installazione di impianti, produzione e distribuzione dell’energia, acqua e gas;

b) cooperative di produzione e lavoro che svolgano attività lavorative similari a quelle degli operai delle imprese industriali, fatta eccezione delle cooperative ex DPR n. 602/1970, per le quali l’art. 1 del DPR non prevede la contribuzione per la CIG;

c) imprese dell’industria boschiva, forestale e del tabacco;

d) cooperative agricole, zootecniche e dei loro consorzi che esercitano attività di trasformazione, manipolazione e commercializzazione di prodotti agricoli propri per i soli dipendenti con contratto a tempo indeterminato;

e) imprese addette al noleggio e alla distribuzione dei film di sviluppo e stampa di pellicole cinematografiche;

f) imprese industriali per la frangitura delle olive per conto terzi;

g) imprese produttrici di calcestruzzo preconfezionato;

h) imprese addette agli impianti telefonici ed elettrici;

i) imprese addette all’armamento ferroviario;

j) imprese industriali degli Enti pubblici, salvo il caso in cui il capitale sia interamente di proprietà pubblica;

k) imprese industriali ed artigiane dell’edilizia e affini;

l) imprese industriali esercenti l’attività di escavazione e/o escavazione di materiale lapideo;

m) imprese artigiane che svolgono attività di escavazione e di lavorazione di materiali lapidei, con esclusione di quelle che svolgono talee attività di lavorazione in laboratori con strutture e organizzazione distinte dalle attività di escavazione.

La seconda concerne la concessione dell’assegno ordinario.

Esso è previsto per i datori di lavoro che sono destinatari delle provvidenze dei Fondi di solidarietà bilaterali, previsti dall’art. 26 del D.L.vo n. 148/2015 e del Fondo di Integrazione Salariale (FIS) con i limiti in esso indicati.

Per quel che riguarda i Fondi bilaterali (ad esempio, artigianato, somministrazione, ecc.) le istanze dei datori di lavoro iscritti, andranno prodotte ai rispettivi fondi e non all’INPS e possono essere accolte nei limiti dettati dai loro regolamenti, come ricorda anche il messaggio n. 1281/2000.

All’assegno ordinario si applicano, come regola generale, per quanto compatibili, le norme vigenti in materia di integrazione salariale ordinaria: tale ultima disposizione è da mettere in stretta correlazione anche con una serie di istituti e prestazioni collegate al rapporto di lavoro (malattia, maternità, permessi, congedi parentali anche ad ore, secondo la previsione contenuta nel D.L.vo n. 80/2015, tredicesima e mensilità aggiuntive, TFR, ecc.).

N.B. Oggi parliamo di assegno ordinario correlato, unicamente, alla causale “COVID-19 nazionale”, ma esso può essere richiesto anche per eventi di sospensione o riduzione di attività determinati da una delle seguenti causali: eventi transitori non imputabili all'impresa o ai dipendenti; situazioni temporanee di mercato; riorganizzazione aziendale; crisi aziendale ad esclusione dei casi di cessazione dell'attività produttiva dell'azienda o di un ramo di essa; contratto di solidarietà.

La specialità della norma attuale, si evidenzia, chiaramente, dal fatto che una serie di documenti e passaggi procedurali che, in via ordinaria, sono richiesti, non trovano applicazione. Mi riferisco:

All’art. 14 del decreto legge n. 18/2020

Vengono meno le procedure “cadenzate” ivi previste, fatta salva l’informazione, la consultazione e l’esame congiunto con le organizzazioni sindacali che possono essere svolte in via telematica che va fatta entro 3 giorni dalla comunicazione preventiva. Vengono meno, altresì, meno alcune puntuali indicazioni amministrative fornite dall’Istituto, in particolar modo, con la circolare n. 139/2016. Ciò è detto, esplicitamente, nei due messaggi che l’INPS ha emanato il n. 1287/2020 ed il n. 1321/2020 e che riprendono anche i precedenti chiarimenti amministrativi forniti per le prime tre Regioni interessate, a seguito del D.L. n. 9/2020. L’evento va considerato come oggettivamente non evitabile e non necessita di alcuna verifica.

C’è, poi la questione dell’’informazione, della consultazione sindacale, che sono valide, pur se avvenute in via telematica “ex post” ma anche dopo la presentazione della domanda, come ricordato dal messaggio n. 1321/2020. Il confronto, infatti, tenendo conto della situazione specifica (crisi epidemiologica e provvedimento governativo che ha imposto, da subito, la chiusura) può essere fatto in un momento successivo alla luce di quanto dispone il comma 4 dell’art. 14.

All’art. 15, comma 2 e 30, comma 2 del decreto legge n. 18/2020

Non c’è più l’obbligo di presentare l’istanza di concessione del trattamento ordinario (integrazione o assegno) entro i 15 giorni successivi all’inizio della sospensione o della riduzione di orario per la CIGO o non prima di 30 giorni dall’inizio della sospensione o riduzione dell’attività programmata e non oltre i “canonici” 15 giorni dall’inizio della stessa (assegno ordinario).

Ma, allora, entro quale termine va presentata la domanda?

Il termine entro cui va inoltrata l’istanza è di 4 mesi: essi si computano dal mese successivo a quello di inizio della sospensione o della riduzione di orario le quali non sono, assolutamente, subordinate alla esistenza di quelle situazioni che testimoniano una crisi temporanea non dipendente dalla volontà del datore o dei lavoratori, ben identificate dall’art. 11.

Da ciò discende che, trattandosi di una causale unica per tutti (COVID-19 nazionale), non risulta necessaria la usuale relazione tecnica di accompagnamento ed il messaggio n. 1321/2020 ricorda che non occorre allegare alcunché alla istanza, fatta eccezione per l’elenco dei beneficiari. Tale chiarimento era stato anticipato dal messaggio n. 1281/2020.

Le modalità di presentazione dell’istanza sono identiche per la CIGO e per l’assegno ordinario: si entra nel portale INPS, si accede ai servizi online accessibili per la tipologia di utente “Aziende, consulenti e professionisti”, alla voce “Servizi per aziende e consulenti”, opzione “CIG e Fondi di solidarietà”. La domanda è disponibile anche nel portale “Servizi per le aziende ed i consulenti”.

Con il messaggio sopra citato l’INPS chiarisce che i datori di lavoro che hanno in corso o hanno presentato domanda di CIGO o di assegno ordinario per altra causale, possono, in presenza dei requisiti, ripresentare istanza di CIGO o di assegno con la causale “COVID-19 nazionale”: l’Istituto provvederà ad annullare le precedenti istanze. Tale operazione può risultare conveniente per i datori di lavoro alla luce dei vantaggi connessi alla “neutralità” dell’intervento integrativo salariale.

I periodi di integrazione salariale, infatti, sono “neutri” in modo tale da non essere conteggiati a fronte di future richieste: ciò significa che non rientrano nel computo sia del biennio che del quinquennio mobile, che il periodo richiesto non si calcola ai fini del limite di 1/3 delle more ordinarie lavorabili nel biennio mobile, che non è richiesta l’anzianità lavorativa di 90 giorni ma soltanto la dipendenza dal datore di lavoro alla data del 23 febbraio 2020.

L’integrazione salariale ordinaria per coronavirus non è soggetta, inoltre, al pagamento di alcun contributo addizionale: la stessa cosa si può dire anche nelle forme di interventi previste sia dai Fondi di categoria che dal FIS.

Gli oneri finanziari relativi alle prestazioni dei Fondi sono a carico del bilancio statale nel limite di 80 milioni di euro per l’anno in corso e sono trasferiti ai predetti Fondi con Decreto “concertato” tra Economia e Lavoro.

I Fondi bilaterali del Trentino e dell’Alto Adige costituiti ex art. 40 del D.L.vo n. 148/2015 garantiscono la corresponsione dell’assegno ordinario con le modalità indicate dall’art. 19 del D.L. n. 18/2020.

L’assegno ordinario viene corrisposto ai lavoratori dipendenti, in forza alla data del 23 febbraio 2020 e fino al 30 agosto, iscritti al FIS e che occupano, mediamente, più di 5 dipendenti.

Il trattamento viene corrisposto attraverso il “pagamento diretto” da parte dell’INPS, unicamente su istanza del datore di lavoro.

Il pagamento diretto da parte dell’Istituto è una modalità prevista dall’art. 7, comma 4, del D.L.vo n. 148/2015. Esso va autorizzato a fronte di difficoltà finanziarie serie ed accertate del datore di lavoro che deve farne domanda: se sussistono va effettuato, unitamente alla erogazione degli assegni per il nucleo familiare, se dovuti.

Tutte le misure previste sia per la CIGO che per le prestazioni erogate dal FIS o dai Fondi settoriali sono riconosciute nel limite massimo di spesa pari a 1.347,1 milioni di euro per il 2020: l’INPS deve monitorare continuamente la spesa e, qualora, sia pure in via prospettica, il tetto venga raggiunto, l’Istituto deve bloccare le ulteriori istanze. Alla copertura degli oneri si provvede ai sensi dell’art. 126.

Due parole di chiarimento, a mio avviso, si rendono necessarie per il calcolo della media superiore alle 5 unità.

La rilevazione va effettuata sulla forza aziendale complessiva relativa al semestre precedente la richiesta di integrazione salariale: nel computo, che va fatto per tutti i 6 mesi antecedenti, anche per quelli ove il numero dei dipendenti risulti minore alle 6 unità, rientrano i lavoratori subordinati a tempo indeterminato, quelli a termine, i dirigenti, gli apprendisti, i lavoratori a domicilio, quelli intermittenti in proporzione all’orario svolto nell’ultimo semestre (art. 18 del D.L.vo n. 81/2015), i telelavoratori, i dipendenti distaccati, mentre i part-time vanno calcolati “pro-quota” (art. 9 del D.L.vo n. 81/2015) ed i sostituti di un lavoratore assente avente diritto alla conservazione del posto “contano” solo nel caso in cui non sia stato preso in considerazione il “titolare del posto”. E’ appena il caso di precisare che non vi rientrano i rapporti di collaborazione, anche occasionale (art. 2 del D.L.vo n. 81/2015, art. 409, n. 3, cpc e art. 2222 c.c.) gli stage, i tirocini e le c.d. “borse lavoro” che non configurano alcun rapporto di lavoro subordinato.

Prima di passare a trattare altri argomenti ritengo opportuno soffermare l’attenzione su due concetti: quello di unità produttiva alla quale, in via normale, risulta agganciata la corresponsione della integrazione salariale ordinaria e quello relativo al computo delle settimane in caso di riduzione di orario.

Per la prima (unità produttiva) non dovrebbe valere, ai fini della concessione, la tradizionale definizione già fornita dall’INPS con la circolare n. 197/2015 e con il messaggio n. 1444 del 31 marzo 2017, in quanto il D.L. 18/2020, intende tutelare tutti i lavoratori subordinati, a prescindere dal loro “incardinamento” o meno in una struttura ben definita (cosa che appare ben evidente dalla “non richiesta” del requisito dei 90 giorni di effettivo lavoro, a prescindere dalla durata oraria) e dal fatto che si fa riferimento “tout court” ai lavoratori subordinati in forza alla data del 23 febbraio 2020.

Per la seconda che si riferisce al calcolo delle 9 settimane, ritengo, in caso di prestazione lavorativa ridotta, pienamente valida la circolare INPS n. 58 del 20 aprile 2009, in base alla quale si computano le singole giornate di sospensione dal lavoro e si considera usufruita una settimana di CIGO soltanto nel caso in cui la contrazione dell’orario abbia interessato 6 giorni (5, in caso di settimana corta): da ciò ne consegue che il numero delle settimane effettivamente fruite nasce dalla somma dei singoli giorni.

Fonte: https://www.ipsoa.it/documents/lavoro-e-previdenza/amministrazione-del-personale/quotidiano/2020/03/25/cig-assegno-ordinario-orientarsi-eccezioni-regole-generali

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