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Archivio newsCoronavirus: come valutare gli effetti dell’emergenza sugli adempimenti contrattuali
L’emergenza da Coronavirus e le misure di contenimento adottate, anche con il decreto Cura Italia, sono destinate ad avere un impatto sulla capacità delle parti di un contratto di dare corretta e tempestiva esecuzione alle obbligazioni assunte, sia in ambito nazionale che internazionale. La gravità ed eccezionalità della situazione impone una valutazione specifica in ordine alla possibilità che l’emergenza sanitaria e i conseguenti provvedimenti della pubblica autorità possano rientrare nella nozione di impossibilità sopravvenuta, anche temporanea, delle prestazioni contrattuali. Come effettuare una corretta valutazione?
La gravità ed eccezionalità della emergenza epidemiologica da Coronavirus (COVID-19) impone una valutazione anche in ordine alla possibilità che detta emergenza ed i relativi provvedimenti normativi possano rientrare nella nozione di “evento di forza maggiore” o, comunque, costituire eventi esimenti dalla responsabilità in cui potrebbero incorrere le imprese italiane per la mancata o ritardata esecuzione delle obbligazioni contrattuali assunte prima del loro verificarsi.
Ciò soprattutto in considerazione delle più recenti decisioni a livello regionale e nazionale di bloccare, per evidenti ragioni sanitarie, lo svolgimento di numerose attività imprenditoriali.
Nell’ambito dei contratti commerciali internazionali e, soprattutto, nei contratti che hanno una durata prolungata, è ormai divenuta prassi inserire una clausola di “Force Majeure” che identifica espressamente le ipotesi di forza maggiore e le modalità di gestione delle relative conseguenze sulle obbligazioni delle parti e sul contratto.
Talvolta viene invece inserita la clausola di “hardship”, che disciplina le ipotesi di eccessiva onerosità sopravvenuta e viene applicata nel caso in cui la prestazione di una delle parti diventi troppa onerosa, tale da comportare un sacrificio sproporzionato di una parte a vantaggio dell’altra, a causa di fatti sopravvenuti alla conclusione del contratto e ciò o tramite l’intervento di un terzo o mediante apposita negoziazione tra le stesse.
In assenza di tali clausole (Force Majeure o hardship), per determinare la rilevanza degli eventi straordinari che hanno colpito l’Italia sull’eventuale inadempimento dei contratti in essere, si deve fare riferimento al diritto applicabile al contratto.
Ove tale diritto fosse il diritto italiano, si precisa che la disciplina contenuta nel Codice civile non delinea, comunque, direttamente il concetto di “forza maggiore” quale esimente dalla responsabilità per l’inadempimento delle obbligazioni contrattuali.
Il diritto italiano prevede due ipotesi: (a) impossibilità sopravvenuta della prestazione e (b) sopravvenuta eccessiva onerosità della prestazione. Nel primo caso, la prestazione divenuta impossibile si estingue e la parte liberata dalla propria obbligazione non può chiedere la controprestazione e deve restituire quella che abbia già ricevuta secondo le norme relative alla ripetizione dell’indebito. L’impossibilità temporanea, fino a che essa perdura, vale quale esimente dalla responsabilità per il ritardo nell’adempimento.
Nel secondo caso (sopravvenuta eccessiva onerosità della prestazione), il debitore può domandare la risoluzione del contratto, salvo che la controparte offra di modificare equamente le condizioni del contratto.
Ai fini di determinare se un evento rivesta effettivamente le caratteristiche esimenti, molti sono gli aspetti lasciati all’interpretazione della giurisprudenza. In concreto, le cause tradizionali di impossibilità non imputabile al debitore sono determinate nel factum principis (ordine o divieto dell’autorità), nel caso fortuito, nella forza maggiore e nel fatto del creditore. Rientrano in genere nel novero della “forza maggiore”, che rende impossibile la prestazione ed esime da responsabilità le calamità naturali quali terremoti, epidemie, alluvioni, uragani, atti terroristici e di guerra; ma ogni evento deve essere esaminato e valutato nella sua gravità specifica, tenuto conto delle circostanze del singolo caso.
L’eccessiva onerosità sopravvenuta, secondo l’interpretazione prevalente, deve dipendere da un evento straordinario (cioè un evento che statisticamente è poco frequente, con carattere di eccezionalità) e imprevedibile (deve essere cioè tale che i contraenti non lo avessero messo in conto, in base alle loro conoscenze ed esperienze).
Nei contratti internazionali di vendita di compravendita di beni mobili, trova applicazione, ove non espressamente derogato, l’art. 79 della Convenzione di Vienna del 1980 (cd. "CISG"), che prevede un esonero di responsabilità per l’inadempimento indipendente dalla volontà del debitore, che sia imprevedibile ed insuperabile.
Da quanto sopra discende che molti sono gli elementi che devono essere considerati e valutati per determinare se una società sia o meno responsabile del suo inadempimento e dei danni conseguenti.
E’ sempre necessaria una valutazione specifica e caso per caso e non appare possibile determinare con certezza ed a priori se l’epidemia da coronavirus ed i provvedimenti conseguenti adottati dal Governo italiano possano costituire in tutti i rapporti e per qualsivoglia inadempimento eventi tale da legittimare la risoluzione del contratto per impossibilità sopravvenuta e/o eccessiva onerosità e/o da esimere la parte inadempiente da responsabilità.
Per concludere, in ogni ipotesi in cui a seguito degli eventi straordinari legati all’epidemia di Coronavirus una società non sia in grado di dare esecuzione, quantomeno tempestiva, alle proprie obbligazioni ovvero di ricevere la prestazione della controparte, la stessa:
i) dovrà valutare innanzitutto il tenore degli accordi contrattuali, rilevando l’esistenza di eventuali clausole di Force Majeure e/o hardship, di cui andrà attentamente valutato il tenore, le modalità di gestione della situazione straordinaria ivi previste e le conseguenze sul contratto e sull’inadempimento;
ii) in assenza delle clausole indicate sub i) o di loro inapplicabilità, dovrà individuare il diritto applicabile al rapporto e valutare in base ad esso gli eventi di esonero da responsabilità contrattuale ivi previsti, la cui sussistenza andrà concretamente valutata tenuto conto delle obbligazioni a carico delle parti, del loro comportamento e dell’impatto che gli eventi straordinari di cui si vuol invocare l’efficacia esimente hanno avuto sull’esecuzione delle singole prestazioni.
Nel contesto normativo fini qui sinteticamente richiamato, il decreto Cura Italia (D.L. n. 18/2020) ha introdotto specifiche disposizioni che disciplinano le conseguenze del mancato o ritardato adempimento delle obbligazioni dedotte in contratto.
L’articolo 28 del D.L. n. 9/2020 aveva previsto l’applicabilità del rimedio della risoluzione del contratto per impossibilità sopravvenuta della prestazione (con conseguente obbligo alla restituzione della prestazione eventualmente già eseguita, vale a dire il rimborso dei pagamenti già effettuati) ex articolo 1463 cod. civ., ai contratti di trasporto aereo, ferroviario, marittimo, nelle acque interne o terrestre stipulati da soggetti interessi da provvedimenti di restrizione della libertà di circolazione, come individuati nel medesimo D.L. n. 9/2020.
L’articolo 88 del decreto Cura Italia estende l’applicabilità di tale rimedio anche ai contratti di soggiorno per i quali si sia verificata l’impossibilità sopravvenuta della prestazione a seguito dei provvedimenti di restrizione della libertà di circolazione, adottati ai sensi ed a seguito dell’entrata in vigore del D.L. n. 6/2020.
L’articolo 88 del decreto Cura Italia prevede inoltre l’applicabilità, a decorrere dalla data di adozione del DPCM 8 marzo 2020, del rimedio di cui sopra (risoluzione per impossibilità sopravvenuta della prestazione) anche ai contratti di acquisto di titoli di accesso ad eventi, spettacoli, musei e/o altri luoghi di cultura, ossia tutti quei contratti occasionati dalla volontà del contraente di fruire o partecipare ad eventi formativi o lato sensu culturali, ivi compresi gli spettacoli teatrali e cinematografici, la cui esecuzione è preclusa per effetto della sospensione di tali eventi/attività introdotta con il richiamato DPCM del 8 marzo 2020, e ciò sino alla data del prossimo 3 aprile 2020, ovvero quella differente eventualmente stabilita con provvedimenti successivi.
Viene riconosciuto a tutti i soggetti beneficiari di tali misure il diritto, da esercitarsi nel termine decadenziale di trenta giorni dall’emanazione del decreto Cura Italia, di richiedere al vettore, all’agenzia viaggi o al venditore, il rimborso di quanto corrisposto, previa allegazione del titolo di acquisto e del ricorrere delle condizioni previste dalla norma. Inoltre, per espressa previsione normativa il rimborso della prestazione eseguita (i.e. il pagamento del prezzo) potrà avvenire tramite emissione di voucher di pari importo da utilizzare entro un anno dall’emissione e senza che tali misure possano comportare per lo Stato ulteriori spese od oneri.
L’articolo 91 del decreto Cura Italia rubricato “Disposizioni in materia ritardi o inadempimenti contrattuali derivanti dall’attuazione delle misure di contenimento e di anticipazione del prezzo in materia di contratti pubblici”, con un intervento che sembra poter trovare applicazione anche al di là del ristretto ambito degli appalti pubblici (richiamati nella rubrica del medesimo articolo, forse però con riferimento alla disciplina di cui al secondo paragrafo del medesimo articolo), chiarisce come il rispetto delle misure di contenimento dettate per evitare la diffusione del contagio tra la popolazione, incida (anche) sui criteri di valutazione della responsabilità del debitore per inadempimento o ritardo nello stesso, ai sensi e per gli effetti degli articoli 1218 e 1223 cod. civ., stabilendo l’operatività della norma anche relativamente alle clausole contrattuali che prevedono l’applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati o omessi adempimenti. L’argomento sarà necessariamente oggetto di successivi approfondimenti ed interpretazioni.