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Archivio newsCIG in deroga: semplificazioni per i datori di lavoro. Con qualche limite
Cassa integrazione in deroga attivabile per tutti i dipendenti di tutti i settori produttivi e sull’intero territorio nazionale. Il decreto Cura Italia viene così incontro alle imprese, comprese quelle con meno di 5 dipendenti, che sospendono o riducono l’attività a seguito dell’emergenza epidemiologica da Coronavirus e che possono ricorrere al trattamento di integrazione salariale in deroga per la durata massima di 9 settimane. Obiettivo della tutela sono principalmente i lavoratori, ad esclusione di quelli domestici, e i lavoratori intermittenti occupati alla data del 23 febbraio 2020. La procedura di richiesta è veloce e semplificata.
La Cassa integrazione in deroga risulta essere lo strumento attraverso il quale vengono coperti dall’ombrello protettivo della integrazione salariale tutti quei lavoratori che ne sono privi (come, ad esempio, quelli delle imprese commerciali o dei pubblici esercizi che occupano fino a 5 dipendenti o le imprese commerciali con oltre 50 unità che pagano soltanto il contributo per la CIGS) o che hanno terminato lo specifico ammortizzatore.
La caratteristica di tale tutela integrativa consiste nel fatto che un ruolo preminente è giocato dalle Regioni e dalle Province Autonome che hanno stipulato specifici accordi con le parti sociali.Il quadro complessivo che se ne ricava è un po' “a macchia di leopardo”, in quanto ogni Ente territoriale ha dato spazio ad alcune specificità assenti in altri contesti.
La procedura dovrebbe essere abbastanza veloce (i datori di lavoro debbono inoltrare l’’istanza con una serie di altri elementi richiesti dai singoli “format” alla Regione): questa, verifica e approva con decreto l’integrazione salariale che viene trasmessa all’INPS per il successivo pagamento diretto ai singoli lavoratori. Per le aziende che hanno unità produttive in almeno 5 Regioni (o Province Autonome) viene prevista una procedura in sede ministeriale (in luogo delle singole Regioni) che utilizza il canale della Cigsonline: le pratiche sono, poi, trasmesse all’INPS per la liquidazione.
L’art. 22 del decreto Cura Italia ha esteso la CIG in deroga a tutte le Regioni e le Province Autonome di Trento e Bolzano, ripetendo, nella sostanza, quanto già previsto dal D.L. n. 9/2020 per le “zone rosse” di Lombardia e Veneto e per tutto il restante territorio delle medesime Regioni e dell’Emilia-Romagna.
Obiettivo della tutela sono i lavoratori (con esclusione di quelli domestici) dipendenti da datori di lavoro che presentano un organico inferiore alle 6 unità o che, pur avendo un numero di lavoratori superiore, non hanno accesso ad alcun ammortizzatore (perché, ad esempio, li hanno esauriti all’interno del quinquennio mobile o non hanno la CIGO ed il FIS, oppure hanno soltanto la CIGS, come le imprese commerciali con oltre 50 dipendenti): senza questa previsione i lavoratori sarebbero rimasti senza alcuna tutela, sol che si pensi che la “copertura” per i dipendenti da piccolissimi datori di lavoro esiste, in pochi settori come, ad esempio, nell’artigianato. Nella tutela rientrano anche i lavoratori intermittenti occupati alla data del 23 febbraio 2020: il trattamento viene riconosciuto sulla scorta della previsione contenuta nella circolare INPS n.21/2006 e nei limiti delle giornate di lavoro prestate in base alla media dei 12 mesi antecedenti.
Anche nella somministrazione esistono specifiche tutele ed Assolavoro, con le organizzazioni sindacali di settore, ha sottoscritto uno specifico accordo il 6 marzo 2020, relativo ai rapporti instaurati entro tale data nelle “zone rosse” e “zone gialle” con un finanziamento specifico di 10 milioni di euro.
La norma è “ad ampio spettro”, nel senso che trova applicazione a settori diversi come la pesca, il terzo settore e gli enti religiosi civilmente riconosciuti. La circolare INPS n. 47/2020 ricorda che, con gli accordi territoriali stipulati dalle Regioni e dalle Province Autonome, sarà possibile assicurare una tutela specifica anche ai lavoratori agricoli qualora gli stessi abbiano superato il limite previsto dalla CISOA per altre causali (90 giornate all’anno).
E’ appena il caso di sottolineare come l’assenza di “qualsiasi scudo protettivo” avrebbe, sicuramente portato nei piccoli esercizi commerciali e nei pubblici esercizi dimensionati sotto le 6 unità a provvedimenti di licenziamento, cosa che il Governo intende evitare, come dimostra l’art. 46 del D.L. n. 18/2020 che, tra le altre cose, ha sospeso i licenziamenti per giustificato motivo oggettivo dal 17 marzo al 16 maggio 2020, messi in atto indistintamente, da tutti i datori di lavoro, a prescindere dalle loro dimensioni.
La sospensione e la riduzione oraria hanno una durata massima di 9 settimane: esse riguardano i dipendenti in forza alla data del 23 febbraio u.s ai quali vengono, altresì, assicurati la contribuzione figurativa ed i relativi oneri accessori.
La disposizione si applica anche al settore agricolo (ovviamente, ci si riferisce anche agli operai che hanno una forma contributiva diversa): per questi ultimi le ore di sospensione o di riduzione di orario, ai fini del calcolo della disoccupazione agricola, vengono equiparate a lavoro.
Restano fuori dal campo di applicazione, per la peculiarità del rapporto, i datori di lavoro domestici.
I trattamenti in deroga, riconosciuti entro un tetto di spesa di 3.293,2 milioni di euro per l’anno in corso riguardano i dipendenti in forza alla data del 23 febbraio 2020 (comma 3), sono stati ripartiti con Decreto Direttoriale della Direzione Generale degli Ammortizzatori Sociali e della Formazione del Ministero del Lavoro. Anche in questo caso per la copertura degli oneri si richiama l’art., 126.
Ma quale è la procedura?
Essa ricalca quella già utilizzata in passato e che è stata ripresa nelle prime 3 Regioni interessate Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna che hanno a disposizione, oltre alle 9 settimane, anche il mese stabilito nel D.L. n. 9/2020.
Propedeutico a tutto è un accordo sottoscritto con le organizzazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative al quale i datori di lavoro richiedenti debbono attenersi in quanto stabilisce, tra le altre cose, l’iter di riferimento (istanza telematica già predisposta da inviare sul portale della Regione o della Provincia Autonoma, inserimento dei nominativi dei lavoratori interessati ed altri dati desumibili dalla domanda stessa). L’accordo, da raggiungere a livello regionale, può essere concluso con le predette associazioni sindacali anche in via telematica, scongiurando, in tal modo, qualsiasi ipotesi di riunione o di assembramento.
Gli accordi regionali prevedono la stipula di un ulteriore accordo aziendale che, però, non è richiesto, come obbligatorio, per i datori di lavoro che occupano fino a 5 dipendenti, in quanto escluso espressamente dalla norma. In quelle di dimensioni maggiori la CIG in deroga viene autorizzata dagli Enti territoriali sulla base di un accordo raggiunto, anche telematicamente, con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale (ovviamente, con le loro articolazioni periferiche).
Il quadro complessivo degli accordi regionali è abbastanza variegato, ed è indice di situazioni diverse da territorio a territorio: ovviamente, tutto ciò può comportare iter procedimentali non univoci, atteso che i datori di lavoro che si trovano ad adoperare in diversi contesti dovranno agire secondo i vari “format” previsti dalle singole Regioni o Province Autonome.
La concessione del trattamento avviene attraverso un decreto delle Regioni o delle Province Autonome che va trasmesso all’INPS nelle 48 ore successive all’emanazione.
Le Regioni o le Province Autonome, unitamente al decreto di concessione, inviano all’INPS la lista dei beneficiari: quest’ultimo procede all’erogazione del trattamento attraverso il “pagamento diretto” nel rispetto dell’art. 44, comma 6-ter del D.L.vo n. 148/2015 (6 mesi dalla fine del periodo di paga in corso alla scadenza del termine di durata della concessione o dalla data, se successivo, del provvedimento autorizzatorio), il quale prevede l’obbligo per il datore di lavoro di inviare all’INPS tutti i dati necessari per il pagamento della integrazione salariale entro il termine perentorio indicato al comma 6-bis: trascorso tale periodo senza alcun positivo riscontro, il pagamento della prestazione e gli oneri connessi restano a carico del datore inadempiente.
Una procedura diversa è stata prevista dall’art. 2 del D.M. 23 marzo 2020 “concertato” tra Lavoro ed Economia ed emanato per la definizione delle risorse economiche da destinare ai singoli Enti territoriali: i datori di lavoro che hanno più unità produttive ubicate in 5 o più Regioni o Province Autonome, ai fini del coordinamento delle procedure, debbono inviare l’istanza al Ministero del Lavoro (“rectius” alla Direzione Generale degli Ammortizzatori Sociali e della Formazione, utilizzando il canale della CIGSonline): il trattamento in deroga viene riconosciuto dal Ministero, seguendo l’iter previsto dall’art. 22, comma 1, del D.L. n. 18/2020, per conto delle Regioni interessate. Il decreto di concessione, che trae la propria forza dalle risorse economiche non assegnate con il D.M. “de quo” e di cui parla l’art. 1 dello stesso e, comunque, nel limite di 120 milioni di euro per il 2020, viene trasmesso dal Dicastero all’INPS negli stessi termini (48 ore dalla concessione) e con le modalità previste dal comma 4 dell’art. 22.
Una breve riflessione, con qualche punta critica, ritengo che sia doverosa. La norma procedurale riguarda, in misura prevalente, imprese del settore commerciale che occupano più di 50 dipendenti e che versano i contributi per la sola CIGS ma che non sono “coperti” con la CIGO o il FIS. Ebbene, è positiva la semplificazione in quanto le aziende interessate debbono presentare una sola istanza. La Direzione Generale “lavora la pratica” ed emette il decreto inoltrandolo, con sollecitudine, all’Istituto. I lavoratori riceveranno le competenze attraverso il pagamento diretto dell’Istituto (unica forma possibile). Mi chiedo, però, a questo punto, perché, dal momento che l’istanza va inoltrata nello specifico canale ministeriale che segue le integrazioni salariali straordinarie, il Governo non abbia pensato, per queste imprese che pagano mensilmente il contributo CIGS, di prevedere una richiesta di Cassa per crisi aziendale dovuta ad un evento improvviso ed imprevedibile (e tale, credo che, senza ombra di dubbio, sia il COVID-19), abbattendo i tempi della procedura, restringendo quelli dell’iter concessorio, neutralizzando la durata e non richiedendo il contributo addizionale, come fatto per gli altri ammortizzatori, si sarebbero ottenuti almeno tre risultati: a) le imprese avrebbero attinto le provvidenze sulle risorse specifiche, alimentate mensilmente con la loro contribuzione ordinaria; b) le imprese avrebbero potuto procedere con i versamenti ai lavoratori delle integrazioni salariali, senza attendere l’unica forma di pagamento possibile, quello diretto, che, prevedibilmente, atteso lo smisurato numero dei richiedenti (si pensi ai piccolissimi esercizi commerciali presenti nel nostro Paese con anche un solo dipendente), potrebbe trovarsi in una sorta di “collo di bottiglia”, pur se i fondi saranno attinti dalla riserva dell’art. 1 del D.M. 23 marzo 2020; c) non sarebbero state distratte risorse economiche alla CIG in deroga che, presumibilmente, nonostante che appaiano cospicue, potrebbero essere oggetto di qualche criticità. Va tenuto presente che l’iter per la crisi aziendale causata da un evento imprevedibile è previsto dall’art. 21 del D.L.vo n. 148/2015 e declinato dall’art. 2, comma 3, del D.M. n. 94033 del 13 gennaio 2016. |
Tornando all’argomento, dopo questa breve digressione ricordo che anche riguardo al trattamento in deroga, viene affidato all’INPS il compito del monitoraggio della spesa con la solita avvertenza relativa alla sospensione dei pagamenti in presenza del superamento, anche in via prospettica, del tetto di spesa.
Rispetto agli altri territori, per le Province Autonome di Trento e Bolzano esiste una particolarità: i trattamenti in deroga destinati ad esse vengono trasferiti sui rispettivi Fondi di solidarietà bilaterali del Trentino e dell’Alto Adige costituiti ai sensi dell’art. 40 del D.L.vo n. 148/2015.
I trattamenti in deroga vengono riconosciuti a prescindere dal requisito dell’anzianità di 90 giorni nell’unità produttiva e dal pagamento del contributo addizionale ex art. 5: in caso di proroga non trova, altresì, applicazione l’art. 2, comma 66, della legge n. 92/2012, che prevede una riduzione in percentuale: tali concetti sono stati già espressi con la circolare INPS n. 38/2020, emanata per le “zone rosse” e per le 3 Regioni già autorizzate alla CIG in deroga per effetto del D.L. n. 9/2020.
La circolare n. 47/2020 ricorda, inoltre, che per il 2020 l’importo medio orario della prestazione obbligatoria è pari ad 8,10 euro, comprensivo di contribuzione figurativa e di assegni familiari.
Un altro elemento da tenere in considerazione, attesa la specialità della norma, riguarda la fruizione delle ferie: in perfetta analogia con quanto previsto per la CIGO ed il FIS dal messaggio INPS n. 3777 del 18 ottobre 2019, il mancato godimenti di quelle già maturate non è, assolutamente, preclusivo all’accoglimento della domanda.
La circolare n. 47, richiamando anche quanto riportato nel messaggio INPS n. 1281/2020, ricorda, infine, che:
a) la prestazione è concessa dalle Regioni e dalle Province Autonome che provvedono alla verifica della sussistenza dei requisiti di legge;
b) le istanze di accesso vanno presentate esclusivamente agli Enti territoriali sopra indicati e sono da questi esaminate secondo l’ordine cronologico di arrivo;
c) le Regioni e le Province Autonome inviano all’Istituto, in modalità telematica attraverso il SIP (Sistema Informativo dei Percettori), attraverso il “Flusso B sia il decreto di concessione, individuato con il numero convenzionale “33193” che la lista dei beneficiari;
d) le modalità di erogazione sono, esclusivamente, quelle del “pagamento diretto”;
e) i datori di lavoro, successivamente alla emanazione del decreto di concessione, debbono inoltrare il modello “SR41”.