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Archivio newsCrisi d’impresa: le 3 soluzioni per garantire la continuità aziendale
Nell’attuale momento di emergenza economico e sanitaria dettata dal Coronavirus è di primaria importanza sostenere la continuità aziendale delle imprese in crisi. Seguendo questo obiettivo, il decreto Liquidità (D.L. n. 23/2020) interviene agendo su tre direttrici. E’ prevista l’improcedibilità delle istanze di fallimento depositate nel periodo dal 9 marzo al 30 giugno 2020, il differimento dei termini per la conclusione dei concordati preventivi e degli accordi di ristrutturazione già omologati o ancora in fase di omologazione, e la proroga dell’entrata in vigore del Codice della crisi e dell’insolvenza al 1° settembre 2021. Si tratta nello specifico di un pacchetto di azioni che permettono il salvataggio delle aziende.
Nel decreto Liquidità (D.L. n. 23 del 2020, in G.U. n. 94 dell’8 aprile 2020), emanato con la finalità principale di fornire liquidità alle imprese che hanno subìto un periodo di inattività o di significativa riduzione delle funzioni aziendali, hanno trovato spazio importanti norme destinate a preservare la continuità produttiva per chi si trova, o si troverà, in presenza di difficoltà di carattere economico-finanziaria, derivanti dagli effetti del Coronavirus COVID-19.
Con interventi qualificabili come una sorta di “protezione civile” economica a favore delle aziende e di tutti i soggetti che operano con o all’interno delle stesse, il predetto decreto ha introdotto norme di immediata applicazione nel contesto delle crisi d’impresa in genere, nella normativa vigente ed in quella che entrerà in vigore in sostituzione della legge Fallimentare.
Nell’attuale situazione economica, dove si trovano molte imprese anche per le conseguenze derivanti dagli interventi governativi sulla prevenzione della diffusione del COVID-19, esiste il timore della presentazione di un numero rilevante di istanze di fallimento.
Il pericolo di dispersione di una rilevante quota del patrimonio produttivo nazionale, derivante dall’accoglimento di queste istanze, senza nessun effettivo vantaggio per i creditori, hanno portato ad introdurre una normativa di carattere transitorio, adottando un periodo di sospensione delle istanze di fallimento.
E’ così che, anche senza subordinare lo stato di insolvenza all’emergenza epidemiologica determinata dal diffondersi del COVID-19, le istanze depositate nel periodo dal 9 marzo al 30 giugno 2020 saranno considerate improcedibili.
Si è optato per una previsione generale di improcedibilità di tutte le istanze che coinvolgono le imprese, anche di grandi dimensioni, che non rientrano nell’ambito della Legge Marzano. Viene mantenuta la sospensione per un periodo di tempo limitato, scaduto il quale le istanze di fallimento potranno essere nuovamente presentate.
Questa sospensione riguarda tutte le istanze di fallimento, comprese quelle presentate in proprio dagli imprenditori. L’unica eccezione sarà rappresentata dalle istanze inoltrate dal Pubblico ministero, contenente la richiesta di emissione di provvedimenti cautelari e conservativi, allo scopo di evitare eventuali condotte dissipative in corso.
Il periodo di sospensione indicato troverà corrispondente applicazione nella determinazione dei termini di fallibilità delle imprese cancellate e nella decadenza delle azioni revocatorie esercitabili dal curatore.
Nell’attuale situazione economica, anche procedure di concordato preventivo o accordi di ristrutturazione (che prima di questa crisi epidermica erano in possesso di concrete possibilità di successo) potrebbero risultare irrimediabilmente compromesse, con importanti ricadute sulla conservazione di complessi imprenditoriali, anche di rilevanti dimensioni, ed i conseguenti effetti sull’occupazione.
Problemi di diversa natura, ma sempre riguardanti concordati preventivi e accordi di ristrutturazione dei debiti, si possono riscontrare anche in altre fasi del loro iter procedurale.
Per evitare i potenziali effetti negativi che potrebbero intervenire sull’economia del Paese dalla improcedibilità o dalla risoluzione di procedure finalizzate alla conservazione della continuità aziendale, il decreto Liquidità è intervenuto per concedere un allungamento dei termini previsti dalla legge Fallimentare e favorire la positiva conclusione di queste “procedure”.
Con il predetto provvedimento sono state, perciò, introdotte proroghe, che possono essere così riepilogate:
1) ai concordati preventivi e agli accordi di ristrutturazione già omologati, che hanno scadenza di esecuzione nel periodo tra il 23 febbraio 2020 ed il 31 dicembre 2021, saranno concessi sei mesi in più per la conclusione del l’esecuzione stessa;
2) per le medesime “procedure” pendenti al 23 febbraio 2020, non ancora omologate, esiste la possibilità di ottenere un nuovo termine (non superiore a novanta giorni) per elaborare ex novo una proposta di concordato o un accordo di ristrutturazione;
3) è introdotta la possibilità per concordarti preventivi e accordi di ristrutturazione, pendenti al 23 febbraio 2020, di proporre un differimento (fino a sei mesi) dei termini di esecuzione della “procedura”, depositando la documentazione che giustifichi tale richiesta di modifica;
4) il termine assegnato ai concordati con riserva, e quello previsto agli accordi di ristrutturazione in base al comma 7 dell’art. 182 bis L.F, può essere prorogato, su istanza del debitore da depositare prima della scadenza, fino a 90 giorni (anche se è pendente istanza di fallimento). L’istanza necessita di un riferimento agli effetti derivanti dall’emergenza sanitaria in corso e si tratta di una proroga che il Tribunale può concedere, se si basa su concreti e giustificati motivi, dopo aver acquisito il parere del commissario giudiziale.
Il decreto Liquidità ha preso atto che l’imminente entrata in vigore del Codice della crisi e dell’insolvenza non permetterebbe la piena applicazione della riforma, la cui principale finalità consiste nel tentativo del salvataggio del maggior numero di imprese e della loro continuità aziendale, introducendo anche una fase di allerta destinata a permettere interventi che impediscano il fallimento (o, meglio, la liquidazione giudiziale).
Il sistema dell’allerta è stato concepito nell’ottica di un quadro economico stabile, caratterizzato da oscillazioni fisiologiche, all’interno del quale gran parte delle imprese non sia colpita dalla crisi. Questo consente di utilizzare gli strumenti predisposti dal Codice della crisi sulle imprese che presentano criticità. In una situazione come quella attuale, invece, dove gran parte del tessuto economico risulta colpito dalla crisi, gli indicatori già individuati per l’emersione della crisi non sarebbero in grado di svolgere un ruolo selettivo, finendo per mancare quello che è il proprio obiettivo, generando effetti potenzialmente sfavorevoli e dannosi.
La situazione di sofferenza economica nella quale, nei prossimi mesi, si troveranno le imprese e gli operatori del settore, necessità una stabilità a livello normativo che non si combina con l’entrata in vigore di una riforma storica e di rilevanti dimensioni, soprattutto in presenza di una disciplina in molti punti inedita e necessitante di un approccio innovativo.
E’ stato, perciò, ritenuto opportuno che l’attuale momento di incertezza economica venga affrontato con uno strumento già largamente sperimentato come la legge Fallimentare.
La data di entrata in vigore è stata quindi spostata di oltre un anno, al 1° settembre 2021, al termine della sospensione feriale del 2021, quando la fase peggiore della crisi si sarà auspicabilmente esaurita e saranno state attuate tutte le misure che risulteranno necessarie.
L’utilizzo della normativa vigente rappresenta una forma di garanzia di tutela per il sistema giudiziario e per il sistema economico. Ci sarà il tempo per introdurre le novità contenute nel Codice della crisi e dell’insolvenza che, nel corso del prossimo anno, potrà trovare gli aggiustamenti necessari alla sua applicazione, parte dei quali già previsti in un provvedimento correttivo in corso di approvazione.