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Archivio newsCoronavirus fase 2: categorie di lavoratori con tutele specifiche
Sono 6 milioni 145 mila i lavoratori italiani che per svolgere le proprie mansioni necessitano del contatto diretto, in alcuni casi fisico, con il pubblico. Si tratta di una quota importante dell’occupazione italiana (il 26,5%) concentrata maggiormente nel Nord Italia (48,7%) che, man mano che il lockdown inizierà ad alleggerirsi, si troverà a modificare il proprio stile di lavoro. Non solo mascherine e guanti, obbligatori per tutti, ma anche dispositivi specifici di protezione e una riorganizzazione dell’attività per garantire quel distanziamento sociale destinato ad accompagnarci ancora per i prossimi mesi. Queste le indicazioni riportate dalla Fondazione Studi Consulenti del Lavoro sulla base dei risultati dell’indagine “Come cambieranno le professioni di prossimità” contenente una classifica dei lavoratori maggiormente esposti al contagio e più bisognosi di tutele per la Fase 2.
La Fondazione Studi dei La Fondazione Studi Consulenti del Lavoro ha pubblicato, in data 20 aprile 2020, l’indagine “Come cambieranno le professioni di prossimità”, che contiene una classifica dei lavoratori maggiormente esposti al contagio e più bisognosi di tutele per la Fase 2.
Sono oltre 6 milioni i lavoratori nel nostro Paese che per svolgere le proprie mansioni necessitano del contatto diretto, in alcuni casi fisico, con il pubblico: si tratta di camerieri, commessi, operatori sanitari e infermieri, parrucchieri ed estetiste che insieme formano un quarto dell’occupazione italiana. A questi lavoratori, nei prossimi mesi, sarà imposto l’utilizzo di mascherine e guanti, ma anche di dispositivi specifici di protezione: una riorganizzazione dell’attività volte a garantire quel distanziamento sociale destinato ad accompagnarci ancora per diversi mesi. “L’uscita dal lockdown imporrà a molte di queste professioni un cambiamento, non sempre facile, della modalità di lavoro”, spiega il Presidente del Fondazione Studi Consulenti del Lavoro, Rosario De Luca. “Bisognerà fare i conti con una revisione dell’organizzazione dei luoghi di lavoro, assicurare il contingentamento degli accessi, fornire protezioni individuali e garantire una maggiore attenzione all’igiene e alla cura dei locali. Si tratterà di un cambio epocale, di cui peraltro non se ne conosce la durata. E ciò renderà particolarmente difficile l’adattamento ai nuovi modelli organizzativi delle aziende più piccole”, conclude.
Il primo grande gruppo è rappresentato da quasi due milioni di commercianti e addetti alle vendite. Seguono gli esercenti e gli addetti alle attività di ristorazione che dovranno agire con un diverso modello organizzativo, riprogettando gli spazi per garantire adeguata distanza (tra tavoli e persone), fino ai tempi di lavoro. La riapertura in alcuni casi sarà accompagnata da inevitabili esuberi di organico, non solo per effetto del blocco delle attività a partire da marzo, ma anche per la contrazione del giro d’affari che caratterizzerà i prossimi mesi. Anche nell’ambito delle professioni sanitarie, impegnate in prima linea nell’emergenza sanitaria da Covid-19 dovranno essere riviste procedure e tecniche di lavoro per garantire quanto più possibile la sicurezza di operatori, medici e pazienti: dai dispositivi di sicurezza alla formazione su tecniche e procedure di prevenzione da adottare. Tutti coloro che forniscono servizi personali: parrucchieri e barbieri, estetisti, massaggiatori, logopedisti, sono chiamati non soltanto a riorganizzare gli spazi ma anche a contingentare le entrate, fare maggiore attenzione per l’igiene e la cura dei locali e degli strumenti di lavoro. Infine, il quasi mezzo milione di operatori che svolgono servizi di pulizia a domicilio (449 mila, il 7,3%), per lo più sospesi nel corso dell’emergenza, che saranno i primi a riprendere. In questo caso poco cambierà all’interno delle mura domestiche, salvo il rispetto di quelle norme minime di sicurezza che ormai contraddistinguono ogni rapporto sociale, anche in famiglia.