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Decreto Maggio: a quali licenziamenti (non) si applica la nuova sospensione?

Oltre alle procedure collettive di riduzione di personale, che non possono essere avviate fino al prossimo 17 agosto, la bozza di decreto Maggio blocca i licenziamenti individuali per giustificato motivo oggettivo (anche plurimi), a prescindere dal numero dei dipendenti in forza e dal fatto che la motivazione sia diversa dalla crisi per l’emergenza sanitaria da Covid-19. Una importante novità è la possibilità, da parte dell’azienda che ha licenziato un lavoratore per giustificato motivo oggettivo, di applicare il “diritto di ripensamento” anche oltre il termine dei 15 giorni, senza sanzioni e oneri. Quali licenziamenti possono essere comunque comminati?

La bozza del decreto Maggio, tra le altre novità, prevede la prosecuzione della sospensione dei licenziamenti, rispetto alla data inizialmente fissata, ossia il 16 maggio 2020, dall’articolo 46 della legge n. 27/2020, di conversione del decreto Cura Italia Decreto legge 18/2020.

Infatti, con il decreto legge di prossima approvazione da parte del Consiglio dei Ministri, il legislatore amplia il periodo di divieto di una serie di licenziamenti dagli iniziali 60 giorni, da conteggiare dal 17 marzo 2020 (data di vigenza del decreto “Cura Italia”), ai 5 mesi da tale data.

Ma vediamo quali licenziamenti sono bloccati e quali sono le altre novità previste dal decreto Maggio.

Non è possibile avviare, sino al 17 agosto 2020, procedure collettive di riduzione di personale, così come previste dagli articoli 4, 5 e 24, della legge 23 luglio 1991, n. 223. Si tratta, in particolare, della procedura prevista al termine del periodo di integrazione salariale straordinaria, qualora l’azienda non sia in grado di assicurare la ripresa piena dell’attività lavorativa ai propri lavoratori e, al contempo, non sia in grado di ricorrere a misure alternative (articoli 4 e 5). Inoltre, si tratta di quelle procedure avviate dalle aziende che occupano più di 15 dipendenti e che, in conseguenza di una riduzione o di una trasformazione di attività, intendono effettuare almeno 5 licenziamenti nell’arco di 120 giorni, in ciascuna unità produttiva, o in più unità produttive nell’ambito del territorio della stessa provincia (articolo 24).

In definitiva, l’apertura di una procedura di riduzione, ma anche di cessazione dell’attività aziendale, dovrà essere rinviata al 18 agosto 2020, ciò a prescindere dal fatto che la motivazione della procedura collettiva di licenziamento sia legata, o meno, alla crisi economica scaturita dalla pandemia in atto.

La sospensione riguarda anche le procedure avviate dal 24 febbraio 2020 e non concluse al 17 marzo 2020 (data di entrata in vigore del decreto “Cura Italia”). In questo caso, qualora l’azienda abbia intrapreso la procedura dopo il 23 febbraio, dovrà provvedere al suo “congelamento” sino al 17 agosto 2020, avviando contestualmente la richiesta di Cassa integrazione COVID-19, al fine di porre i lavoratori sotto la protezione economica dello Stato. Ricordo che il decreto Maggio ha altresì disciplinato anche il rifinanziamento degli ammortizzatori sociali previsti dal Decreto “Cura Italia”, fino ad un massimo di altre 9 settimane, da consumare entro il 31 ottobre 2020.

La ratio della norma è, appunto, quella di dare continuità ai rapporti di lavoro, anche solo formalmente, al fine di permettere, a questi lavoratori, di fruire degli ammortizzatori sociali COVID-19, per il periodo previsto dal legislatore. L’alternativa sarebbe stata quella di richiedere l’indennità di disoccupazione (NASpI), sempreché il lavoratore avesse i requisiti oggettivi e per il relativo periodo di godimento. Viceversa, ad oggi, i lavoratori potranno accedere alla CIG e procrastinare così l’avvio della NASpI a dopo il licenziamento.

Nessuna sospensione è stata prevista per le procedure collettive avviate prima del 24 febbraio 2020, data di entrata in vigore del primo Decreto del Consiglio dei Ministri (DPCM), con le disposizioni attuative per la gestione dell’emergenza virus. Queste procedure potranno essere completate, arrivando all’emissione dei provvedimenti di licenziamento ivi contenuti. Inoltre, restano fuori anche i lavoratori licenziati per cambio di appalto in virtù dell’applicazione delle cd. «clausole solidali», presenti in alcuni contratti collettivi di lavoro ovvero nello stesso contratto di appalto. Detta specifica è stata fornita, dal legislatore, in fase di conversione del decreto legge n. 18/2020. L’esclusione è dovuta al fatto che i lavoratori licenziati dovranno essere obbligatoriamente riassunti dall’appaltatore subentrante e quindi non subiscono alcuna reale cessazione involontaria del rapporto di lavoro, che è alla base del licenziamento per giustificato motivo oggettivo.

Oltre alle procedure collettive di riduzione di personale, il legislatore blocca anche i licenziamenti individuali per giustificato motivo oggettivo, a prescindere dal numero dei dipendenti in forza e dal fatto che la motivazione sia diversa dalla crisi attuale. Sino al 17 agosto 2020 non sarà possibile procedere al licenziamento per motivi organizzativi e/o economici del datore di lavoro (articolo 3, legge n. 604/1966). Nei licenziamenti per giustificato motivo oggettivo rientrano anche i cd. licenziamenti plurimi e cioè effettuati per più lavoratori.

Un’altra novità contenuta nel decreto Maggio riguarda la sospensione, sempre sino al 17 agosto, della procedura conciliativa prevista in caso di licenziamento per GMO, nelle aziende con organico superiore ai 15 dipendenti. Si tratta di una procedura obbligatoria da effettuarsi prima del licenziamento, presso la Commissione di conciliazione dell’Ispettorato del lavoro e prevista dall’articolo 7 della legge n. 604/1966, così come modificato dalla legge 92/2012 (Riforma Fornero). Ricordo che la procedura è attivabile esclusivamente per i lavoratori tutelati dall’ex articolo 18 della Legge 300/1970 (tutela reale) e non anche dai lavoratori a tutele crescenti, per i quali è prevista, da parte del datore di lavoro, una eventuale “offerta conciliativa” postuma all’emissione del provvedimento espulsivo, secondo i dettami dell’articolo 6 del Decreto Legislativo n. 23/2015.

Restano fuori dalla sospensione i seguenti licenziamenti individuali:

· Licenziamento per motivi disciplinari. Si tratta dei licenziamenti effettuati al termine della procedura prevista dall’articolo 7 della Legge 300/1970, allorquando il lavoratore abbia commesso un inadempimento agli obblighi contrattuali, tale da meritare una sanzione espulsiva. Questi si dividono, a seconda della gravità, tra licenziamenti per giustificato motivo soggettivo e licenziamenti per giusta causa;

· Licenziamento per superamento del periodo di comporto, in quanto escluso, dallo stesso legislatore (articolo 7, comma 7, della legge n. 604/1966), dalle fattispecie del licenziamento per giustificato motivo oggettivo;

· Licenziamento durante o alla fine del periodo di prova;

· Licenziamento per raggiungimento del limite massimo di età per la fruizione della pensione di vecchiaia;

· Licenziamento per inidoneità alle mansioni;

· Licenziamento del lavoratore domestico;

· Licenziamento del dirigente;

· La risoluzione dell’apprendista al termine del periodo di apprendistato;

· Licenziamento dell’ex socio di una cooperativa di produzione e lavoro, qualora vi sia stata una previa risoluzione dal rapporto associativo, secondo le specifiche previste dallo statuto societario e dal regolamento della cooperativa.

Nessuna sospensione è stata prevista, infine, per quanto riguarda le risoluzioni consensuali di lavoro e le dimissioni per giusta causa, e cioè quelle dimissioni che dipendono da un comportamento irregolare del datore di lavoro, come, ad esempio, il reiterato mancato pagamento della retribuzione oppure lo spostamento del lavoratore da una unità produttiva all’altra senza che siano sussistenti le “comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive” addotte dal datore di lavoro.

Ultima novità, prevista dal decreto Maggio, attiene alla possibilità, da parte dell’azienda, di applicare il “diritto di ripensamento” anche oltre il termine previsto (15 giorni), che permette, senza sanzioni e oneri, al datore di lavoro che ha licenziato un lavoratore per GMO, nel periodo dal 23 febbraio al 17 marzo 2020, di ripristinare il rapporto di lavoro senza soluzione di continuità a condizione che il lavoratore venga contestualmente posto in Cassa integrazione guadagni in deroga dalla data in cui ha avuto efficacia il licenziamento.

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Le considerazioni contenute nel presente contributo sono frutto esclusivo del pensiero dell’Autore e non hanno carattere in alcun modo impegnativo per l’Amministrazione di appartenenza

Fonte: https://www.ipsoa.it/documents/lavoro-e-previdenza/amministrazione-del-personale/quotidiano/2020/05/06/decreto-maggio-licenziamenti-non-applica-nuova-sospensione

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