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Archivio newsCOVID Fase 2 e tutele sul lavoro: le linee guida dell’INAIL
Si chiude la prima settimana per la fase 2 della gestione dell’emergenza causata dalla pandemia da Covid-19. L’allentamento delle restrizioni del lockdown cede il passo al buon senso e alla cautela che devono prevalere in ogni situazione, lavorativa ed extra-lavorativa. L’INAIL ha diramato alcune regole a supporto del Governo per operare le scelte migliori e ha inoltre adottato decisioni e misure per assicurare una tutela assicurativa ai lavoratori che contraggano l’infezione da Covid-19 e sospendere i termini per gli adempimenti e i versamenti dei premi. Ora non resta che valutare l’impatto di questo periodo di riapertura. Perché dal successo di questa fase dipenderà molto del prossimo futuro del nostro Paese…
Ha preso avvio, lunedì 4 maggio, la cosiddetta Fase 2 della gestione dell’emergenza causata dalla pandemia da Covid-19. È una fase di grande complessità che vede tornare operativi 4 milioni di lavoratori. Una situazione nella quale il buon senso e la cautela devono prevalere, sia per quel che riguarda la mobilità che per tutte le situazioni - incluse quelle lavorative - che possono causare assembramenti pericolosi, considerato che il distanziamento è la pratica che più ci ha permesso di contrastare il pericolo di contagio.
L’INAIL ha diramato, di recente, alcune regole che sono state portate nel Comitato tecnico-scientifico che fornisce al Governo i supporti per operare le scelte migliori. L’INAIL è presente nel Comitato tecnico-scientifico con un proprio rappresentante. Il Comitato, del quale fanno parte anche l’Istituto Superiore di Sanità e vari ministeri - come quelli della Sanità e del Lavoro -, ha dovuto realizzare una sintesi tra le linee guida presentate dai vari enti per poi fornire suggerimenti al Governo affinché potesse prendere le sue autonome determinazioni.
L’INAIL ha suggerito tre criteri.
Primo, l’esposizione al rischio di contagio. Penso a medici e infermieri e a chi tratta materiali biologici di particolare pericolosità.
Secondo, la prossimità. Ad esempio, la distanza tra un addetto e un altro in un impianto industriale: tipico esempio è la catena di montaggio.
Terzo, l’assembramento: ad esempio, nel caso di uno spettacolo. L’opposto è lavorare in solitudine o quasi.
Con la somma di questi criteri sono stati individuati i settori più o meno esposti attraverso alcune scale di rischio - basso, medio-basso, medio, medio-alto, alto. Per indicare degli esempi, l’agricoltura è considerata, sulla base di questi criteri, un settore a basso rischio: si lavora distanziati e all’aperto, in una condizione di maggiore protezione. Mediamente, lo è la manifattura, con l’ovvia osservanza di norme e dispositivi essenziali. Ad alto rischio sono, ovviamente, medici e infermieri. Così come il dentista il quale, nel suo studio, opera a contatto stretto con i pazienti.
In secondo luogo, credo sia stato molto importante avere definito, attraverso il protocollo interconfederale sottoscritto dalle parti sociali, i criteri che consentono di accedere all’attività di lavoro. Nella Fase 2 avviata questa settimana, quasi 4 milioni di lavoratori tornano nel circuito della produzione con i relativi problemi di movimento e di aggregazione. Questo accordo, dal quale, per filiazione, sono nati alcuni protocolli di settore, indica, in tredici punti, le strategie più idonee per la prevenzione: sanificare gli ambienti di lavoro, proseguire con l’utilizzo dell’attività in modalità agile dove possibile, dotare i lavoratori di idonei Dispositivi di Protezione Individuale, rilevare la temperatura all’ingresso del luogo di lavoro, differenziare gli accessi per l’entrata e l’uscita, procedere alle opportune riorganizzazioni dell'attività lavorativa tenendo conto anche della presenza di lavoratori particolarmente fragili sul posto di lavoro, inserire il distanziamento sociale nella riorganizzazione del lavoro e delle aree comuni - come la mensa, i box fumatori o relax - e in tutte le attività extra-lavorative che si possono svolgere nell’ambiente aziendale.
Veniamo alle decisioni e alle misure adottate dall’INAIL per affrontare la crisi Covid.
In primo luogo, vi è il fronte amministrativo, per il quale sono stati sospesi i termini per gli adempimenti e i versamenti. Parliamo dei premi in scadenza, delle rate mensili, delle domande di riduzione del tasso medio per prevenzione per il 2019-2020 - ossia il “premio”, consistente in uno "sconto" denominato "oscillazione per prevenzione”, riconosciuto dall’Istituto alle aziende che eseguono interventi per il miglioramento delle condizioni di prevenzione e tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. Altrettanto, sono stati sospesi i termini per l’invio della relativa documentazione e delle dichiarazioni relative alle retribuzioni del 2019.
Inoltre, sono state sospese le richieste di saldo delle sanzioni civili per tardato pagamento, per le posizioni assicurative territoriali e per le posizioni assicurative della navigazione.
Per i comuni della Lombardia e del Veneto, individuati dal DPCM del 1° marzo, e per le imprese della filiera del turismo, compresi agenzie di viaggio e tour operator attivi su tutto il territorio nazionale, è proseguita la sospensione dei termini per i versamenti con scadenza nel periodo tra il 21 febbraio e il 30 aprile. Ancora, sono stati sospesi, dal 23 febbraio a tutto il primo giugno, i termini di decadenza e di prescrizione relativi alle richieste da produrre all'INAIL per accedere alle prestazioni erogate dall’Istituto.
In secondo luogo, vediamo il fronte assistenziale. Al riguardo è particolarmente rilevante il fatto che il Legislatore, con il cosiddetto decreto Cura Italia (peraltro di recente convertito in legge), abbia esteso la tutela assicurativa INAIL al lavoratore che contragga l’infezione da Covid-19 in occasione di lavoro o anche in itinere, applicando allo stesso (o ai suoi familiari in caso di decesso) il diritto alle prestazioni previste dal D.P.R. n. 1124/65 per la cosiddetta malattia-infortunio. Tale estensione, che vede l’INAIL in primo piano, riguarda in primis i contagi contratti da medici, infermieri, operatori di strutture sanitarie, dipendenti sia del Servizio Sanitario Nazionale che di strutture private ed altre categorie che lavorano in contatto con l’utenza, come chi opera, ad esempio in front-office, alla cassa o a un banco, gli addetti alle vendite, il personale non sanitario con mansioni tecniche, di supporto o pulizia negli ospedali, e gli operatori delle ambulanze. Per queste categorie, infatti, l’INAIL ha chiarito che il riconoscimento dell’infortunio da Covid-19 sia assicurato da una presunzione semplice di origine professionale del contagio. Peraltro, le prestazioni INAIL in materia possono essere altresì fruite dalle altre categorie di lavoratori, cui però spetterà l’onere di provare l’origine lavorativa del contagio. Inoltre, dette prestazioni possono essere applicate anche durante il periodo di quarantena o di autoisolamento a casa; fatti che comportano l’astensione dal lavoro. In definitiva, si tratta di una giusta scelta di tutela che mira altresì a garantire maggiore certezza delle situazioni giuridiche soggettive, evitando sovrapposizioni con altri interventi di sostegno relativi ai periodi di astensione dal lavoro per i lavoratori posti in sorveglianza sanitaria e per i quali il contagio sul lavoro non sia accertato. Questa circostanza, infatti, esclude la possibilità di intervento della tutela INAIL.
Queste sono state, dunque, le due principali direttrici lungo le quali si sta svolgendo l’azione dell’INAIL di contrasto alle conseguenze sociali, sanitarie e lavoristiche della pandemia, nell'ambito del suo campo di attività. Ora, sarà da valutare l’impatto di questo periodo di riapertura. Dal successo di questa fase - così come dalle moltissime variabili economiche che ci troviamo di fronte - dipende molto del prossimo futuro del nostro Paese dopo questi duri mesi di sofferenza e di chiusura.