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Archivio newsCOVID-19 e decadenza del marchio: quando è giustificabile il mancato uso
Il lockdown imposto dal Governo a causa dell’emergenza sanitaria ed economica da Covid-19 pare, per il momento, essersi allentato con l’avvio della Fase 2. Tuttavia, il fermo di moltissime attività, oltre ad aver creato inevitabili conseguenze sotto il profilo economico, potrebbe determinare, indirettamente, la perdita di valore del marchio aziendale e dubbi sulle possibili conseguenze derivanti dal “non uso”, tra cui la decadenza. Verificare se il mancato utilizzo è indipendente dalla volontà del titolare del marchio potrebbe così salvare il marchio dalla dichiarazione di invalidità. Quando sussiste il “motivo legittimo” del mancato uso del marchio?
La registrazione di un marchio d’impresa garantisce al suo titolare il monopolio su quel segno (e sui segni simili) per prodotti uguali o affini. I marchi, tanto nazionali quanto comunitari, hanno una durata di 10 anni a decorrere dalla data del deposito della domanda di registrazione. Dopo tale periodo essi possono essere rinnovati (potenzialmente all’infinito) per un periodo di pari durata.
Al fine di evitare che il registro marchi sia popolato da segni che in realtà non vengono utilizzati (o non vengono utilizzati abbastanza), impedendo però – per il solo fatto di essere registrati – l’uso da parte di terzi di segni uguali o simili per prodotti o servizi uguali o affini, il legislatore (nazionale e comunitario) ha previsto l’istituto della decadenza per non uso (art. 24 codice proprietà industriale e art. 58, comma 1, regolamento UE 2017/1001): in altri termini un marchio non usato abbastanza entro un certo periodo di tempo non è più valido.
La normativa nazionale e comunitaria, dunque, prevedono che una volta che il marchio sia stato concesso esso debba formare oggetto di “uso effettivo” entro cinque anni dalla sua concessione, pena la decadenza del marchio (ossia la sua eliminazione dai registri). Tale uso non deve essere sospeso per un periodo di cinque anni, pena – anche in questo caso – la decadenza per non uso. Se però il mancato uso o la sua sospensione dipendono da un “motivo legittimo” la decadenza non opera.
Tra le principali questioni interpretative collegate a queste norme vi è quella di stabilire quando l’uso si può dire “effettivo” e quando si può parlare di “motivo legittimo”.
La giurisprudenza ripudia la fissazione di regole minime in relazione ai requisiti (anche quantitativi) di uso del segno sufficienti ad escludere la decadenza, preferendo, invece, di volta in volta, valutare i vari elementi del caso concreto e considerandoli con una valutazione complessiva: fatture di vendita; estensione territoriale dell’uso; mercato di riferimento, tipologia di beni o servizi.
Così è di immediata evidenza che non si potrà dimostrare l’uso effettivo di un marchio registrato per biscotti tramite l’esibizione in giudizio del medesimo numero di fatture che potrebbero essere sufficienti a dimostrare l’uso effettivo di un marchio per auto di lusso o per un farmaco destinato alla cura di una malattia rara.
Anche l’uso pubblicitario del segno può contribuire a dimostrare l’uso effettivo ma, secondo la giurisprudenza maggioritaria, inclusa quella comunitaria (Corte di Giustizia 11 marzo 2003, causa C-40/01, caso «Ansul» e Corte di Giustizia 27 gennaio 2004, C-259/2002, caso «La Mer»), solo quando detto uso pubblicitario sia comunque collegato o quantomeno prodromico alla vendita effettiva del prodotto ed in ogni caso quando sia accompagnato anche da altri elementi che dimostrano che l’uso del segno è volto a distinguere sul mercato un certo prodotto come proveniente da una determinata fonte produttiva.
Tale soluzione porta a ritenere, ad es., che non sarebbe possibile asserire di avere effettuato un uso effettivo del marchio solo per avere pubblicato sui social network, indipendentemente dal numero di followers, l’immagine del marchio stesso, oppure per avere mantenuto on line un sito aziendale senza la funzionalità di e-commerce, oppure per avere inserito la funzione di e-commerce ma in una piattaforma non specificatamente destinata al consumatore nazionale (in questo senso Corte di Giustizia 12 luglio 2011, C-324/09, caso «Oréal», nonché due sentenze emesse, rispettivamente, da Trib. Milano, 11 giugno 2018 e da Trib. Roma, 4 marzo 2019).
Sulla questione di cosa possa ritenersi un “motivo legittimo” (idoneo a giustificare il non uso per evitare la decadenza del marchio) genericamente si può affermare che rientrano tra di essi i motivi che, pur dipendendo dalla volontà del titolare del marchio, possono considerarsi legittimi: ad es. è motivo legittimo l’esistenza di una massiccia contraffazione che impedisce di vendere a condizioni economicamente vantaggiose ma non lo è l’assenza di mezzi finanziari, rischio che rientra nella normale attività di impresa.
A maggior ragione, sono motivi legittimi quelli che non dipendono dalla volontà del titolare del marchio, come ad es. una guerra o il divieto (magari sopravvenuto) di produzione di un certo prodotto oppure il mancato rilascio di un’autorizzazione amministrativa.
Con riferimento al mancato uso di un marchio per farmaci, dipendete dal protrarsi di una sperimentazione clinica e quindi conseguente alla mancata concessione della autorizzazione in commercio, va segnalata Corte di Giustizia, 3 luglio 2019, C-668/17, caso «Viridis Pharmaceutical». In tale caso, la Corte, pur confermando in astratto che la realizzazione di una sperimentazione clinica può, in sé, costituire motivo legittimo del mancato uso di un marchio ne ha, nel caso sottoposto al suo esame, escluso la legittimità proprio in ragione delle particolari circostanze verificatesi: ed infatti, secondo la Corte, il titolare del marchio aveva
i) registrato prematuramente il marchio sebbene vi fosse una forte incertezza sia sulla data che sulla possibilità di commercializzazione del prodotto designato da tale marchio;
ii) vi era stato un investimento insufficiente, alla luce delle specificità del settore di riferimento, per superare le asserite difficoltà durante la sperimentazione clinica;
iii) la domanda di sperimentazione clinica era intervenuta più di tre anni dopo la registrazione del marchio contestato.
Alla luce di quanto sopra, ove il non uso fosse dipendente (anche in parte) dal prolungamento del lockdown, a causa dell’emergenza Covid-19, conseguente a provvedimento governativo e quindi indipendente dalla volontà del titolare del marchio, ciò potrebbe avere un importante rilievo nella valutazione della sussistenza del “motivo legittimo” che ha determinato (o contribuito) al non uso del segno, potendo così – in certe situazioni - salvare il marchio dalla dichiarazione di invalidità.